Jun 29, 2007

Game over

Fine del viaggio: verro' deportato a Roma da Tashkent lunedi' prossimo (2 luglio) in mattinata, giusto dalla tappa prima di raggiungere la sognata Samarcanda. Nel frattempo forse mi verra' permesso di lasciare l'hotel, dove per ora sono confinato. Alti e bassi di un viaggio comunque stupendo.

End of the trip: i'll be deported on monday the 2nd july from Tashkent directly to Rome, just one stop before reaching dreamt Samarkand. In the meanwhile maybe they'll allow me to leave the hotel, where for now i'm forced to stay all day. Up and downs of a trip that has been wonderful anyway.

Jun 28, 2007

Imprevisti ad un passo da Samarcanda

La strada dorata non vedra' le mie orme, almeno non per ora! Per un'irregolarita' del visto saro' deportato dall'uzbekistan, quindi oggi o domani dovro' prendere l'aereo che mi portera' in azerbaijian, a baku, da dove riprendero' il viaggio verso l'iran, sempre che non mi tocchi andare a Istanbul o peggio a Roma. Questo comporta la cancellazione dall'itinerario di viaggio di samarcanda, buhara, khiva e del turmenistan! E tutto grazie all'ambasciata uzbeca a pechino, che accuratamente ha sbagliato a segnare le date di validita' del visto. Alla prossima per aggiornamenti!A tutti, comunque tutto bene, non preoccupatevi!

I'll not leave footprints along the golden road to samarkand, not for now!I'll be deported today or tomorrow from uzbekistan because of irregular visa: the embassy in beijing made a huge mistake with the dates, so in fact the validity period is already expired.... that came to the attention of the OVIR, the bureau of internal security, that gently invited me to buy a plane ticket to baku, azerbaijian, from where i'll be able to follow my trip towards iran, unless i'll be forced to get on a plane to Istanbul or, worse, Rome, missing altogether samarkand, buhara, khiva and turkmenistan! stay tuned for updates!But no worries, everything is fine and under control!

Jun 3, 2007

Lungo le strade del Turkestan

Lunghe distese di deserto si srotolano sotto un cielo azzurro spesso velato da nubi di sabbia, e riempiono lo spazio incorniciato dai giganteschi bastioni montuosi delle piu' alte cime del pianeta. dopo aver percorso il claustrofobico corridoio del Gansu, incastonato tra gli altopiani tibetani e le inospitali distese del gobi e della mongolia, ed aver attraversato quella porta di giada che rappresentava la fine della civilta' cinese e l'inizio delle terre dei nomadi, entrare in Xinjiang lascia spiazzati e disorientati, confonde le direzioni, e concede riferimenti sicuri solo ai propri margini, lungo i pendii del tian shan o dell'himalaya.
Ma ai bordi del temibile Taklamakan, il deserto dei demoni di sabbia, il luogo piu' inospitale al mondo, dove l'acqua che scende dai ghiacchiai settemila metri piu' in alto riesce a trovare una via che non la disperda, nascono oasi di vegetazione rigogliosa che riescono ad ospitare centinaia di migliaia di persone, che rappresentano rifugi, e la cui esistenza rende possibile il passaggio della regione, e quindi la comunicazione via terra dalla Cina all'Europa.
Ecco il cuore della via della seta, a meta' strada tra Pechino e Istanbul.

La prima di queste oasi e' Turpan, che si trova sul fondo della seconda depressione del pianeta, a centocinquanta metri sotto il livello del mare, dal quale e' anche il luogo piu' distante, racchiusa com'e' nel cuore profondo del continente asiatico.
La citta', antico centro di buddhismo convertito poi all'islam, e' anche la piu' vicina alla frontiera storica con la Cina tra quelle popolate da maggioranza uigura, la principale popolazione nella regione, di lingua e cultura turche. I viali della citta' sono addolciti da vigne, che a volte arrivano a creare vere e proprie arcate naturali, ripari contro la calura oppressiva che qui tocca cime record, fino a vertiginose temperature vicine ai 60 gradi in piena estate. L'uva e' anche il prodotto piu' apprezzato dell'oasi, ritiratasi dal ruolo di crocevia fondamentale nella comunicazione tra oriente ed occidente a quello di ingentilito villaggio rurale, dove i ritmi sono scanditi dal ciclo annuale della vigna e della seccatura dll'uva nelle apposite torri sopra le case.
Attono alla citta' il deserto, domato nei secoli con lavoro certosino e difficile: canalizzazioni sotterranee percorrono i lunghi chilometri di roccia che separano l'oasi dai pendii innevati del tian shan, a volte per oltre 40 km, e necessitano continua manutenzione che puo' essere garantita solo con antiche tecniche a lavoro manuale. Gruppi composti da due uomini ed un animale da traino seguono il percorso dei karez, immergendovisi per fissare interi blocchi di detriti e trascinarveli fuori, in modo da evitare l'ostruzione del passaggio dell'acqua. La posta in gioco e' la sporavvivenza stessa della citta', come dimostra bene l'impressionante distesa di rovine dell'antica GaoChang, citta' carovaniera sulla via della seta, ora divorata dal deserto ed abbandonata alla proria rovina.
La natura e' qui estrema, bellissima e brutale, come lungo i pendii rossi delle montagne di fuoco, che si incendiano alla luce del tramonto e rivelano le profonde gole che ne percorrono i fianchi verso il fondovalle, brulli dirupi di ghiaia, o a bezeglik, canyon incastonato tra aride montagne di sabbia rossa, dove un fiume seminascosto dona vita ad una vegetazione lussuregiante e dove, incastonate alle pareti, come santuario alla fragilita' della natura da queste parti, si trovano antiche grotte buddhiste ricoperte da pitture e statue di un tempo passato, sfregiate nei secoli dalle stesse genti che le costruirono, come sacrificio al nuovo unico dio proveniente dall'infuocata Arabia.

Il Taklamakan e' un alternarsi di macabre distese sabbiose, alte dune, vaste pietraie spazzate dal vento e catene montuose solcate da profonde ed aride gole. La strada che collega le oasi, la stessa che i mercanti attraversavano in carovane di cammelli, e' inospitale e minacciosa, ma resta quantomeno praticabile, al contrario della sovrumana vastita' dello spazio interno al deserto. La conquista dell'ovest cinese e' riuscita dal momento in cui si e' riuscito a domare proprio quel deserto che per le popolazioni locali ha sempre rappresentato isolamento e divisione. In effetti, la mentalita' uigura e' talmente legata alla realta' dell'oasi che ancora adesso nessuno si pronuncera' sui meriti o difetti degli abitanti delle altre oasi a meno che abbia avuto la possibilita' di conoscere personalmente il luogo: un modo di pensare cosi' distante dalla nostra necessita' di ricorrere a stereotipi!

E poi si arriva a Kashgar: il mitico crocevia di strade alla fine del mondo, incastonata fra le imponenti catene d'Asia ed il deserto, fiero cuore dell'indipendenza dell'Asia centrale con una storia scritta nel sangue e nelle asperita', vive oggi una feroce resistenza culturale all'occupazione cinese. Da qui e' partita l'islamizzazione dell'intero bacino del Tarim e della Cina occidentale, quindi il nazionalismo non poteva assumere altro aspetto che quello dell'islam tradizionale. I veli delle donne sono a volte teli che coprono completamente il volto, le barbe degli uomini vengono accuratamente curate ma mai rasate, creando i volti fuori dal tempo dei vecchi canuti dalla pelle consumata dalle asperita' del clima. Vecchi mestieri vengono continuati da generazioni in botteghe che tradiscono l'influenza del subcontinente indiano, e l'unica lingua che risuona tra le strette vie della citta' vecchia e' l'idioma locale.
(continua...)

Jun 1, 2007

Ai confini della Cina: diario dal Gansu

A sud il colossale muro dell'altopiano tibetano, a nord le propaggini occidentali del Gobi e le infinite colline della Mongolia; in mezzo un corridoio spazzato dal vento, arido ed inospitale, che rappresenta pero' la frontiera occidentale della Cina degli han, e che la collega al bacino del Taklamakan, la fine del mondo, la regione degli storici nemici nomadi, i barbari dell'Asia centrale, capaci in piu' occasioni di destabilizare l'impero con le loro invasioni.
E' qui che finisce in sordina la grande muraglia, sia quella dell'imperatore ShiHuangDi che ne fu il primo architetto, sia quella piu' nota dei Ming.
Alla fine del corridoio di HeXi, dove il deserto centroasiatico fa la sua prima comparsa con il suo oceano sabbioso, sorge l'ultima porta sotto il cielo, il passaggio di giada, la fine della civilta'.
Lungo questa striscia di terra sono passate le invasioni che hanno rimodellato la psiche cinese, portando all'inevitabile conquista dei territori della frontiera occidentale da parte di imperatori interessati alla sua inportanza strategica in chiave difensiva ed al controllo delle vie carovaniere verso ovest.
Arrivare da occidente alle alte dune sabbiose di DunHuang significava raggiungere la sicurezza e la civilta', dopo un viaggio interminabile ed incredibilmente pericoloso.
Da qui Marco Polo, inevitabile compagno e metro di paragone su queste strade d'Asia, entra nel lontano Kitai, potendo ammirare la splendida oasi della luna, specchio d'acqua e vegetazione sormontato da una pagoda cinese ed incastonato tra vere montagne di sabbia.
Il veneziano, di cui si continua a dubitare la veridicita' dei racconti, l'origine e persino l'esistenza, ma che e' parte integrante della mitologia sia europea sia cinese, si fermera' anche nella attuale capitale regionale, LanZhou, placidamente adagiata lungo il; fiume giallo, torbido trasportatore di loess verso le fertili pianure orientali.
In un anno di soggiorno non avra' nulla da raccontare.
Il Gansu e' la regione piu' povera della Cina:le nuove politiche d'investimenti ne faranno presto un centro minerario, e gia' ora Lanzhou e' la capitale dell'energia nucleare del paese di mezzo, ma ancora buona parte della popolazione vive di piccoli scambi nei mercati, e non puo' sorprendere il modo in cui le principali attrazioni turistiche siano diventate macchine da denaro.
Le stupefacenti grotte buddhiste di Mogao, dove interi pezzi di storia religiosa si trovano l'uno accanto all'altro in un gigantesco alveare di cavenella parete rocciosa, passerelle e scale, demandano 3 volte tanto il prezzo d'entrata rispetto alla grande muraglia a Pechino, e le impressionanti dune attorno all'oasi della luna sono state trasformate in un luna park per i molti turisti cinesi, che con scarponcini arancioni e ombrelli colorati comprati per l'occasione appena fuori il cancello si inoltrano nelle sabbie lasciandosi tentare dalle carovane di cammelli, dalle slitte da sabbia e dalle bevande fresche sei punti di ristoro.
Qui non sono ancora approdate le campagne educative che stanno cambiando il volto di Pechino e dell'est, e si ha la sensazione di viaggiare dieci anni a ritroso nella Cina che aveva appena scoperto il liberomercato e la ricchezza.
Rumorosi sputi, calche al posto di file ordinate, veicoli che usano i marciapiedi come corsie di sorpasso sono vista comune, ma sotto le facciate decorate a mattonelle da bagno dei nuovi edifici si percepisce gia' l'eco lontano della cultura e dei colori tibetani, e del richiamo della selvaggia Asia Centrale
 
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