Il mio viaggio inizia da dove l'europa si e' affacciata al celeste impero, scuotendone l'ormai anacronistica convinzione di essere la potenza di riferimento mondiale.
Il fiume delle perle si inoltra in territorio cinese come una ferita di coltello dai fertili mari del sud, dai quali entrano nel continente mercanti dalle isole del sudest asiatico. E con le merci su questi mari navigavano i pirati, sulle leggere giunche care alla letteratura di Salgari. E' questa la maniera trovata per salvare la faccia dell'impero, e accettare la concessione di un territorio ai portoghesi, potenza commerciale marittima nel seicento. D'altronde non aveva poi cosi' grande importanza strategica questa regione per l'impero, accentrato sulle province centrali dei bacini dello yantze e del fiume giallo, e interessato ad espandersi verso la direttrice della via della seta e delle steppe mongole piu' che ad impegnarsi in una guerra di conquista navale degli arcipelaghi filippino ed indonesiano e delle terre tropicali dell'indocina.
E cosi' un'isola di pescatori diventa Macao, il primo avamposto coloniale europeo in Cina, e la piccola penisola circondata da un arcipelago che si trova sull'altra sponda della foce del fiume delle perle nel XIX secolo diventera' Hong Kong, la terra strappata con l'arroganza della superiorita' militare ed economica dall'Inghilterra al cadente impero.
Hong Kong e' un gigantesco centro commerciale: le sue strade sono illuminate a giorno dai neon dei negozi che riversano le loro merci sulle vetrine e sulla strada. Ma e' una citta' pulita, benestante, attiva, che ha imparato l'importanza dell'igiene e della rispettabilita', ha capito di poter cercare la propria ricchezza rendendosi irresistibile, offrendo qualita' e prezzo eccezionali, profumati di sapore orientale. E' una meta semplice, amichevole, piacevolmente controllata nella sua bizzarria e nel manifestare le proprie origini e la propria cultura.
E' una citta' all'avanguardia anche rispetto ai canoni occidentali: il fumo e' regolamentato anche negli spazi aperti; il traffico e' rispettoso, mai caotico, poco rumoroso; le strade sono tapezzate da manifesti invitanti a ridurre l'overpackaging, ovvero l'eccessiva quantita' di plastica e carta usati per fasciare le merci: alcune parti del centro hanno letteralmente un secondo livello di strade, fatte da viali sopraelevati che permettono ai pedoni di non dover convivere con il traffico veicolare e di potersi spostare con rapidita' ed efficienza.
Non c'e' da stupirsi dei timori di questa libera e dinamica societa' al momento del ritorno alla madrepatria, quella cina che aveva rappresentato la principale minaccia ed al contempo la ragione del boom economico della citta' stato, sviluppatasi nel settore bancario e finanziario a seguito della crescente difficolta' del proprio settore produttivo, bloccato dall'ostilita' dell'opprimente vicino.
Sceso dall'autobus dall'aeroporto, mi si avvicina un giovane indiano, con un sorriso un po' ebete in volto, che mi propone una camera nella sua guesthouse: ha un aspetto assolutamente inaffidabile, e mi presenta un biglietto da visita spiegazzato che pubblicizza un'improbabile "Paris Guesthouse", con tanto di Tour Eiffel in oro. Ovviamente non posso esimermi dall'accettare la proposta: "150dollari" mi chiede, 70 gliene offro (6,5 euro, un prezzo davvero ridicolo per HK), lui accetta sul colpo...
e finisco a dormire in un ostello per commercianti indiani, bengalesi e pachistani, un sottomondo di affaristi che profumano di curry, entrano ed escono continuamente con nuove valigie stracolme di merci, quelle merci che servono ad alimentare il gigantesco luna park degli acquisti che sta fuori in strada.
Macao si adagia tra le colline che fanno dell'isola una naturale
roccaforte per la difesa ed il controllo della foce del fiume delle
perle. Ha un fascino sonnolento, sembra spesso sul punto di venir
riconquistata dalla lussuregiante natura tropicale, o forse ha
costruito con questa un equilibrio simbiotico basato sulla reciproca
acettazione. Gli edifici raccontano di un passato recente di relativa
noncuranza, quasi di abbandono a se' stessi, da parte di un'autorità
coloniale distratta ed interessata principalmente al prestigio
derivante dall'impero più che ad ottenerne un ritorno economico.
D'altro canto Macao ha potuto sfruttare solo raramente la propria
posizione in chiave strategica: nel XVII secolo come scalo dall'India
al Giappone, e in quei pochi anni dell'ottocento travl'apertura della
cina al commercio con l'estero e la guerra dell'oppio, che ha portato
la vicina Hong Kong in mano britannica e ne ha fatto il nodo
principale per gli scambi della regione.
Nella Macao odierna questo porta aduna maggiore indipendenza culturale
dalla ex madrepatria, di cui in sostanza restano solo alcuni splendidi
ecifici che ricordano l'architettura delle città coloniali in america
latina, i segnali stradali, i nomi dei negozi e le comunic azioni
ufficiali del governo locale in portoghese, lingua che quasi nessuno
parla e che è stata rapidamente sostituita dall'inglese. Al contrario
di Hong Kong qui il mandarino é largamente conosciuto e parlato,
accanto al locale cantonese, ed il ritorno indolore alla Cina nel 1999
ha dimostrato la volontà dell'isola di preferire un ruolo privilegiato
nella regione piuttosto che quello di ripiego in un'Europa della quale
non è mai stata culturalmente parte.
I cannoni delle fortezze rimangono puntati sul mare, un tempo
infestato dai pirati, ma adesso alcuni grattacieli appartenenti a
grandi alberghi e casinò dalle forme ardite e piuttosto kitch ne
sbarrano la vista. Al di sotto si dipanano stradine brulicanti di
piccoli negozi, parchi eleganti con laghetti e pagode, costruiti
secondo i dettami del feng-shui, abbelliti da rigogliosi giardini di
fiori dai vivi colori e da alberi le cui liane inglobano parzialmente
le facciate degli occasionali edifici portoghesi dai fregi elaboratie
dalle tinte vivaci.
Come tutto il sud della Cina, anche Macao è un paradiso gastronomico:
carni alla brace, zuppe di verdure, pesci cucinati vivi dopo essere
stati scelti in acquario, spiedini di pollo o di seppie, raviolini
ripieni al vapore, frullati di frutta fresca con zenzero e tamarindo,
banchetti che servono deliziosi tè aromatizzati con fiori, e poi dei
lenzuoli di carne seccata e marinata in salse agrodolci e peperoncino,
ed i piccoli biscotti locali, dall'intenso profumo di cocco ma dal gusto di ghiaia che ti
cementificano la bocca. Come spesso in Asia, Macao si scopre anche col
naso, nel bene e nel male....
Giuse
Mar 17, 2007
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