Quando si parla di Afghanistan, si pensa tra l'altro alle immagini della lotta al narcotraffico, combattuta distruggendo piantagioni di papaveri da oppio in regioni del paese flagellate dalla povertà e dall'instabilità; vengono in mente le statistiche che informano del fatto che dalle pendici dell'Hindu Kush e dalle zone tribali lungo la frontiera pachistana arriva il 90%, nelle annate ricche il 95% dell'oppio mondiale, e di conseguenza dei suoi derivati, eroina e morfina.
Si conoscono le vie che attraverso Iran, Turchia e Balcani, o Tajikistan, Kazakhstan e Russia portano la piaga verso l'occidente.
Le immagini che associamo al consumo di hashish e marijuana sono invece molto meno drammatiche: nell'immaginario collettivo la produzione di queste piante avviene in regioni di stati come il Marocco, la Spagna, l'Europa dell'Est, se non addirittura nei giardini delle case di ragazzi di ogni regione d'Europa, o nei parchi pubblici delle città.
La crescita e la commercializzazione delle piante è vista alla stregua di una distilleria clandestina di grappe: chiaramente illegale, ma tutto sommato ammantata di un'aura quasi goliardica ed equosolidale.
Ed il consumo è ormai un'attività sociale, estremamente diffusa, certamente non innocua ma altrettanto certamente lontana dall'immagine che la "versione ufficiale" propone, demonizzandone le conseguenze. I circoli d'iformazione ufficiale, per poter sostenere la linea dura delle amministrazioni che ne criminalizzano l'uso, non può permettersi concessioni all'oggettività nella divulgazione, pena minare le basi su cui le politiche proibizioniste fondano la propria giustificazione.
Il problema è che in realtà ci sono molti più scheletri nell'armadio.
Le provincie afghane di Nangarhar, Badakhshan e Hilmand, tra le altre, producono ingenti quantità di marijuana ed hashish da tempo immemore, al fianco o anche in sotituzione del papavero da oppio, in confronto al quale richiedono meno acqua e lavoro.
L'uso di cannabinoidi è estremamente radicato in molte regioni dell'Afghanistan, nonostante questo sia in contrasto con l'islam, che proibisce l'uso di droghe. L'hashish viene comunemente e diffusamente usato come medicina per diversi mali dei bambini anche molto piccoli: come calmante, contro la diarrea, come antidolorifico. I problemi sociali legati alla dipendenza sono probabilmente molto più vasti di quello che affiora, sia per l'impossibilità di indagare a fondo il fenomeno date le precarie condizioni di sicurezza del paese, sia per il contemporaneo abuso diffuso di oppio e derivati, anche tra i bambini.
I contadini che scelgono di coltivare hashish e marijuana lo fanno perchè solo così possono riuscire a sfamare le proprie famiglie: 1000 metri quadri coltivati a marijuana rendono circa 120$/anno, contro i 170$ del papavero da oppio che richiede però più lavoro e costi più elevati, e soprattutto contro i 25$ se coltivati a grano, assolutamente insufficienti al mantenimento di una famiglia contadina media.
I narcotrafficanti, tra cui anche estremisti islamici e terroristi (no, i due termini non sono sinonimi come si crede spesso, esiste un'imporante differenza tra estremismo -ad es. i talebani- e terrorismo islamico -ad es. Al Quaeda- nelle modalità di azione, supporto popolare e finalità) concedono prestiti con tassi da usura ai contadini per l'acquisto delle sementi del papavero da oppio o di hashish e marijuana, e riacqustano la merce a prezzi molto bassi considerandone il valore finale, ma decisamente vantaggiosi per i contadini in rapporto a qualsiasi altro tipo di coltivazione.
Si crede che un'incredibile percentuale della marijuana e dell'hashish mondiale provengano dall'Afghanistan, forse addirittura il 70% del totale.
Questo vuol dire che ogni tre spinelli due proverranno probabilmente dall'Afghanistan, marchiati dal loro carico di sofferenza e oppressione, ed il loro costo sarà servito a giustificare e supportare un sistema criminale e pericoloso che priva individui dei propri diritti umani fondamentali.
I nostri comportamenti hanno spesso ricadute che possono non essere prevedibili e di immediata percezione: è dovere di ciascuno informarsi per capire le conseguenze dei propri gesti.
Lo sballo di un'ora vale tutto questo?
LINK: dati provenienti dal UNODC, agenzia delle Nazioni Unite per il controllo di droghe e criminalità
Oct 28, 2007
Oct 26, 2007
Il volto della vergogna
Notizie sensazionali, emozioni di violenze in paesi lontani ed esotici, che combattono romanticamente per ottenere la libertà. Bocca piena di parole e belle frasi filosofiche, di inni alla libertà ed alla pace, dai nostri comodi salotti protetti.
E poi un'altra storia ci porterà in qualche altro remoto angolo della parte "di fuori" del nostro tormentato mondo, farà indignare le nostre liberali coscienze. E ci dimenticheremo dei drammi di prima, magari andremo in vacanza a vedere i paesaggi esotici e i volti stranieri ed accattivanti, infatuandoci con passioni puerili di meditazione e spiritualità consumata come un prodotto al supermercato, per riempire le nostre vuote anime viziate.
E il nostro disinteresse costa le vite dei poveri.
Adesso è stato il turno della Birmania e dei suoi monaci, domani si vedrà.
E poi un'altra storia ci porterà in qualche altro remoto angolo della parte "di fuori" del nostro tormentato mondo, farà indignare le nostre liberali coscienze. E ci dimenticheremo dei drammi di prima, magari andremo in vacanza a vedere i paesaggi esotici e i volti stranieri ed accattivanti, infatuandoci con passioni puerili di meditazione e spiritualità consumata come un prodotto al supermercato, per riempire le nostre vuote anime viziate.
E il nostro disinteresse costa le vite dei poveri.
Adesso è stato il turno della Birmania e dei suoi monaci, domani si vedrà.
Oct 21, 2007
Rivoluzioni di monaci e filtri all'informazione
La scorsa settimana, dopo la visita del Dalai Lama alla Casa Bianca per ricevere un'alta onorificenza dal governo americano, nel monastero di Drepung a Lhasa i monaci hanno iniziato a ridecorare la sala del loro capo spirituale, per onorarlo e manifestare il loro supporto alla causa del loro popolo. L'azione, illegale in Cina dal momento della fuga del sant'uomo in India quasi 50 anni fa, ha ovviamente portato ad una repressione da parte dell'esercito cinese, schierato a migliaia attorno ai centri religiosi tibetani.
L'esercito del popolo, mentre a Pechino si teneva il congresso del partito comunista, ha chiuso l'importante monastero di Drepung, reprimendo quella che indubbiamente era una forte provocazione.
Dopo le vicende birmane la Cina ha paura delle azioni non violente ma provocatorie dei monaci buddhisti: non a caso la scelta di non intervenire contro la repressione in Birmania da parte del governo di Pechino, costata piuttosto caro in termini di immagine, è da interpretare alla luce della paura di una propagazione alla sua irrequieta provincia himalayana delle richieste di democratizzazione, tanto più che i tibetani ed i birmani sono anche etnicamente affini.
La cosa sorprendente e disarmante è il silenzio mediatico sugli eventi: come mai una notizia legata a monaci dimostranti, così simile a quelle che hanno catalizzato l'attenzione su Rangoon, viene così completamente ignorata, quando chiaramente potrebbe stimolare l'attenzione del pubblico occidentale, anche grazie alla simpatia diffusa per la causa tibetana? Forse è questa la risposta: gli Stati Uniti, e con loro i governi occidentali, non possono permettersi di stuzzicare ulteriormente la Cina su questioni che evidentemente possono innervosirne il governo, in un momento in cui l'appoggio di Pechino su fronti ben più importanti come l'imminente risoluzione sul Kosovo, il disarmo nordcoreano e il nucleare iraniano è tanto essenziale quanto difficile da ottenere.
Spaventa vedere come chiare ragioni politiche siano così fortemente alla base del processo di scelta e censura delle informazioni.
LINK: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={6D57D555-85E3-41FF-ACE3-027BE8C6EE47}
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7057073.stm
L'esercito del popolo, mentre a Pechino si teneva il congresso del partito comunista, ha chiuso l'importante monastero di Drepung, reprimendo quella che indubbiamente era una forte provocazione.
Dopo le vicende birmane la Cina ha paura delle azioni non violente ma provocatorie dei monaci buddhisti: non a caso la scelta di non intervenire contro la repressione in Birmania da parte del governo di Pechino, costata piuttosto caro in termini di immagine, è da interpretare alla luce della paura di una propagazione alla sua irrequieta provincia himalayana delle richieste di democratizzazione, tanto più che i tibetani ed i birmani sono anche etnicamente affini.
La cosa sorprendente e disarmante è il silenzio mediatico sugli eventi: come mai una notizia legata a monaci dimostranti, così simile a quelle che hanno catalizzato l'attenzione su Rangoon, viene così completamente ignorata, quando chiaramente potrebbe stimolare l'attenzione del pubblico occidentale, anche grazie alla simpatia diffusa per la causa tibetana? Forse è questa la risposta: gli Stati Uniti, e con loro i governi occidentali, non possono permettersi di stuzzicare ulteriormente la Cina su questioni che evidentemente possono innervosirne il governo, in un momento in cui l'appoggio di Pechino su fronti ben più importanti come l'imminente risoluzione sul Kosovo, il disarmo nordcoreano e il nucleare iraniano è tanto essenziale quanto difficile da ottenere.
Spaventa vedere come chiare ragioni politiche siano così fortemente alla base del processo di scelta e censura delle informazioni.
LINK: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={6D57D555-85E3-41FF-ACE3-027BE8C6EE47}
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7057073.stm
Oct 19, 2007
Maldestro balzello o attacco alla libertà d'opinione? Pochezza del processo decisionale in Italia
Limitazione della libertà, o tentativo di imposizione di un nuovo balzello che dimostra l'incapacità di formulare in modo appropriato una legge da parte di questo governo? In ogni caso la maggioranza non ne esce bene.
La novità è, in sintesi, questa: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti.
Normalmnte non scrivo sulle questioni italiane, ma questa volta sotto attacco va l'unico ambito che può resistere alla imperante mediocrità dei media classici, l'universo dell'informazione dinamica online fatto da blog e siti d'informazione, che forza ad un innalzamento qualitativo le testate in digitale rispetto alla loro edizione cartacea o ancora di più rispetto all'informazione in video.
L'Italia può vantare la quarta lingua nell'universo blog, una conquista di cui essere orgogliosi e che dimostra come esista la volontà di resistere all'appiattimento culturale frutto di una continua tendenza consumistica all'accettazione passiva del pressapochismo. In buona o cattiva fede, questa è indiscutibilmente una dimostrazione di come l'attuale élite politica sia indiscriminatamente indietro rispetto ai tempi ed alle problematiche della società, e ne costituisca soltanto un freno allo sviluppo intelletuale e morale.
Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre "un disegno di legge per la nuova disciplina dell’editoria quotidiana, periodica e libraria, che conferisce al Governo una delega per l’emanazione di un testo unico finalizzato al riordino dell’intera legislazione del settore. In coerenza con i principi costituzionali in materia, la riforma promuove un crescente pluralismo ed un maggiore sostegno all’innovazione, all’occupazione, alla trasparenza delle provvidenze pubbliche; sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata."
"La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati"
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico". (comma 2)
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi (articolo 2, comma 3)
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative" (articolo 5)
LINK: http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial998077.html
La novità è, in sintesi, questa: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti.
Normalmnte non scrivo sulle questioni italiane, ma questa volta sotto attacco va l'unico ambito che può resistere alla imperante mediocrità dei media classici, l'universo dell'informazione dinamica online fatto da blog e siti d'informazione, che forza ad un innalzamento qualitativo le testate in digitale rispetto alla loro edizione cartacea o ancora di più rispetto all'informazione in video.
L'Italia può vantare la quarta lingua nell'universo blog, una conquista di cui essere orgogliosi e che dimostra come esista la volontà di resistere all'appiattimento culturale frutto di una continua tendenza consumistica all'accettazione passiva del pressapochismo. In buona o cattiva fede, questa è indiscutibilmente una dimostrazione di come l'attuale élite politica sia indiscriminatamente indietro rispetto ai tempi ed alle problematiche della società, e ne costituisca soltanto un freno allo sviluppo intelletuale e morale.
Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre "un disegno di legge per la nuova disciplina dell’editoria quotidiana, periodica e libraria, che conferisce al Governo una delega per l’emanazione di un testo unico finalizzato al riordino dell’intera legislazione del settore. In coerenza con i principi costituzionali in materia, la riforma promuove un crescente pluralismo ed un maggiore sostegno all’innovazione, all’occupazione, alla trasparenza delle provvidenze pubbliche; sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata."
"La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati"
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico". (comma 2)
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi (articolo 2, comma 3)
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative" (articolo 5)
LINK: http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial998077.html
Oct 17, 2007
Foto da Malta
Nuova galleria di foto da Malta sul mio sito di foto, all'indirizzo
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/malta.html
Oct 10, 2007
Genocidio armeno, libertà di negare e politica statunitense
Come è possibile scegliere di condurre una politica estera su base idealista, giustificando le proprie scelte con la necessità di un attivismo teso al superamento di ingiustizie sociali e politiche in altre regioni del mondo, e allo stesso tempo, per salvaguardare il buon scorreree deglie veneti in queste realtà arrivare a contraddire questi stessi principi ispiratori?
Ammettendo che la spinta ideologica nell'agire dell amministrazione Bush è sempre stata subordinata ad interessi politici ed economici di lobby, adesso si presenta il caso della risoluzione al congresso che dovrebbe arrivare a giudicare l'uccisione di quasi 2 milioni di armeni tra il 1915 ed il 1917 ad opera della Turchia ottomana come genocidio.
Bush stesso si è fermamente opposto alla risoluzione, per evitare di incorrere nelle ire della Turchia, importante alleato strategico nella guerra in Iraq.
Questo ha molte conseguenze: rallenterà il già difficile processo di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea, per cui il riconoscimento del genocidio è condizione finora considerata prioritaria; fa di Bush un potenziale criminale secondo la legge francese (chiaramente non è plausibile che ne debba soffrire consguenze, si parla solo in via teorica), in quanto a Parigi il negazionismo di un crimine contro l'umanità è, come in Germania, un reato penale, ed il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto dal governo.
Al di là dell'ipocrisia dell'amministrazione repubblicana in America, l'impasse svela diversi approcci alla memoria storica: chi come la Francia o la Germania preferisce punire il revisionismo, e chi come l'Italia e la Svezia si oppone a questo in nome della libertà di espressione.
Ma forse questo diventa relativismo morale.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7038095.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6386625.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6336513.stm
Ammettendo che la spinta ideologica nell'agire dell amministrazione Bush è sempre stata subordinata ad interessi politici ed economici di lobby, adesso si presenta il caso della risoluzione al congresso che dovrebbe arrivare a giudicare l'uccisione di quasi 2 milioni di armeni tra il 1915 ed il 1917 ad opera della Turchia ottomana come genocidio.
Bush stesso si è fermamente opposto alla risoluzione, per evitare di incorrere nelle ire della Turchia, importante alleato strategico nella guerra in Iraq.
Questo ha molte conseguenze: rallenterà il già difficile processo di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea, per cui il riconoscimento del genocidio è condizione finora considerata prioritaria; fa di Bush un potenziale criminale secondo la legge francese (chiaramente non è plausibile che ne debba soffrire consguenze, si parla solo in via teorica), in quanto a Parigi il negazionismo di un crimine contro l'umanità è, come in Germania, un reato penale, ed il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto dal governo.
Al di là dell'ipocrisia dell'amministrazione repubblicana in America, l'impasse svela diversi approcci alla memoria storica: chi come la Francia o la Germania preferisce punire il revisionismo, e chi come l'Italia e la Svezia si oppone a questo in nome della libertà di espressione.
Ma forse questo diventa relativismo morale.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7038095.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6386625.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6336513.stm
Dignità dei popoli e diritti umani
Un momento della manifestazione della minoranza russa a Riga per chiedere il riconoscimento del russo quale seconda lingua ufficiale in Lettonia
Vetrina al museo dell'occupazione russa, Riga
L'eredità sovietica ha lasciato alla Lettonia una composizione etnica divisa quasi egualmente tra lettoni e russi. Questi ultimi, in leggera minoranza, rappresentano però la maggioranza a Riga e nelle 3 maggiori città del paese.
La caduta dell'Unione Sovietica ha portato la Lettonia all'indipendenza, nuovamente dopo il periodo tra le guerre mondiali: con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e con il patto di spartizione dell'Europa orientale ttra Molotov e Ribbentrop, la Lettonia è stata occupata così come i suoi vicini dall'URSS, e susseguentemente annessa, in un atto chiaramente contrario al diritto internazionale.
E' quindi comprensibile come la Lettonia indipendente si sia mossa nella direzione di liberarsi dell'eredità culturale lasciata dall'Unione, scegliendo il lettone come unica lingua ufficiale, e concedendo la cittadinanza automatica solo a coloro che discendevano dai cittadini dello stato d'anteguerra, invaso dall'URSS. Per ggli altri è tuttora richiesto un esame di conoscenza della lingua e della storia locale, cosicchè una larga parte della comunità russa vive di fatto come stranieri residenti, quasi apolide, e privata del diritto alla rappresentanza politica.
Quali diritti devono avere la priorità? i diritti di un popolo, sicuramente vantati contro l'etnia di coloro che li hanno negati a lungo, o i diritti umani fondamentali degli individui, magari nati e cresciuti da generazioni in un territorio che di colpo diviene terra straniera?
Credo che questi ultimi debbano indiscutibilmente risultare preminenti, anche a scapito di particolarismi locali o pretese di autonomia, in qualsiasi realtà: non esiste altro valore principe che quello del diritto dell'individuo, che qui diventa base fondante di una società di pololi basata sulla molteplicità, superamento del modello dello stato nazionale.
LINK: dall'euroblog del giornalista inglese Mark Mardell, BBC; http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/10/stateless.html
Vetrina al museo dell'occupazione russa, Riga
L'eredità sovietica ha lasciato alla Lettonia una composizione etnica divisa quasi egualmente tra lettoni e russi. Questi ultimi, in leggera minoranza, rappresentano però la maggioranza a Riga e nelle 3 maggiori città del paese.
La caduta dell'Unione Sovietica ha portato la Lettonia all'indipendenza, nuovamente dopo il periodo tra le guerre mondiali: con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e con il patto di spartizione dell'Europa orientale ttra Molotov e Ribbentrop, la Lettonia è stata occupata così come i suoi vicini dall'URSS, e susseguentemente annessa, in un atto chiaramente contrario al diritto internazionale.
E' quindi comprensibile come la Lettonia indipendente si sia mossa nella direzione di liberarsi dell'eredità culturale lasciata dall'Unione, scegliendo il lettone come unica lingua ufficiale, e concedendo la cittadinanza automatica solo a coloro che discendevano dai cittadini dello stato d'anteguerra, invaso dall'URSS. Per ggli altri è tuttora richiesto un esame di conoscenza della lingua e della storia locale, cosicchè una larga parte della comunità russa vive di fatto come stranieri residenti, quasi apolide, e privata del diritto alla rappresentanza politica.
Quali diritti devono avere la priorità? i diritti di un popolo, sicuramente vantati contro l'etnia di coloro che li hanno negati a lungo, o i diritti umani fondamentali degli individui, magari nati e cresciuti da generazioni in un territorio che di colpo diviene terra straniera?
Credo che questi ultimi debbano indiscutibilmente risultare preminenti, anche a scapito di particolarismi locali o pretese di autonomia, in qualsiasi realtà: non esiste altro valore principe che quello del diritto dell'individuo, che qui diventa base fondante di una società di pololi basata sulla molteplicità, superamento del modello dello stato nazionale.
LINK: dall'euroblog del giornalista inglese Mark Mardell, BBC; http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/10/stateless.html
Quanto vale una pace
La creazione della zona di pace lungo la costa pacifica della penisola coreana, frutto dell'incontro tra il presidente sudcoreano Roh-Moo Hyun ed il suo omologo del nord Kim Jong-Il, rappresenta un traguardo storico. Supera, per la prima volta in 54 anni, l'armistizio che nel 1953 aveva posto fine alla sanguinosa guerra di Corea.
Tutte le parti in causa nella delicata trattativa diplomatica sono uscite vincenti. Il dittatore della monarchia comunista nordcoreana, Kim Jong Il, è riuscito ad ottenere quegli aiuti in petrolio, cibo e riduzione di sanzioni che forniranno il supporto al regime per sopravvivere, in cambio dello smantellamento delle proprie sovrastimate infrastrutture nucleari. La Corea del sud, con la sua linea pragmatica alle questioni legate al fratello settentrionale, si è assicurata la stabilità e la pacificazione, oltre che un'area di sviluppo speciale dove sfruttare la manovalanza a basso costo del vicino comunista per alimentare la propria crescita produttiva. La Cina, incombente potenza regionale e protettore del regime di Pyongyang, ha premuto perchè si stemperasse la tensione seguita ai test nucleari dello scorso anno, ed in cambio ha ottenuto anch'essa manovalanza a basso costo per la propria produzione ed un vicino alleato sicuramente più gradevole di un eventuale Corea unita democratica nella sfera d'influenza USA.
Anche gli Stati Uniti ne guadagnano: Bush mette a segno una vittoria diplomatica assolutamente necessaria alla scricchiolante causa repubblicana, e potrà vantare di aver portato il regime nordcoreano alla ragione ed allo smantellamennto del suo pericoloso arsenale nucleare, più volte indicato come possibile origine di armi di sterminio di massa in mano a gruppi terroristici.
Quello che però i colloqui e gli accordi hanno tralasciato sono le pressioni per un maggiore rispetto dei diritti umani, prima preoccupazione nella situazione del paese isolazionista. Mentre questi accordi cercano di neutralizzare la minaccia internazionale rappresentata dalla Corea comunista, sull'altare sacrificale alla causa sono stati messi gli incolpevoli cittadini, già provati da anni di carestie e di alienante dittatura. Per la comunità internazionale evidentemente la migliore soluzione contro i gravi crimini perpetrati dal regime contro i propri cittadini, non ultima l'assoluta mistificazione della realtà, è soltanto il temporeggiare.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7030018.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7026759.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7029819.stm
Tutte le parti in causa nella delicata trattativa diplomatica sono uscite vincenti. Il dittatore della monarchia comunista nordcoreana, Kim Jong Il, è riuscito ad ottenere quegli aiuti in petrolio, cibo e riduzione di sanzioni che forniranno il supporto al regime per sopravvivere, in cambio dello smantellamento delle proprie sovrastimate infrastrutture nucleari. La Corea del sud, con la sua linea pragmatica alle questioni legate al fratello settentrionale, si è assicurata la stabilità e la pacificazione, oltre che un'area di sviluppo speciale dove sfruttare la manovalanza a basso costo del vicino comunista per alimentare la propria crescita produttiva. La Cina, incombente potenza regionale e protettore del regime di Pyongyang, ha premuto perchè si stemperasse la tensione seguita ai test nucleari dello scorso anno, ed in cambio ha ottenuto anch'essa manovalanza a basso costo per la propria produzione ed un vicino alleato sicuramente più gradevole di un eventuale Corea unita democratica nella sfera d'influenza USA.
Anche gli Stati Uniti ne guadagnano: Bush mette a segno una vittoria diplomatica assolutamente necessaria alla scricchiolante causa repubblicana, e potrà vantare di aver portato il regime nordcoreano alla ragione ed allo smantellamennto del suo pericoloso arsenale nucleare, più volte indicato come possibile origine di armi di sterminio di massa in mano a gruppi terroristici.
Quello che però i colloqui e gli accordi hanno tralasciato sono le pressioni per un maggiore rispetto dei diritti umani, prima preoccupazione nella situazione del paese isolazionista. Mentre questi accordi cercano di neutralizzare la minaccia internazionale rappresentata dalla Corea comunista, sull'altare sacrificale alla causa sono stati messi gli incolpevoli cittadini, già provati da anni di carestie e di alienante dittatura. Per la comunità internazionale evidentemente la migliore soluzione contro i gravi crimini perpetrati dal regime contro i propri cittadini, non ultima l'assoluta mistificazione della realtà, è soltanto il temporeggiare.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7030018.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7026759.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7029819.stm
Oct 9, 2007
Amarcord lusitano
Viaggio semi onirico in una Lisbona d'altri tempi
Per altre foto dal Portogallo questo è il link allla galleria sul mio sito:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallerie3.html
Per altre foto dal Portogallo questo è il link allla galleria sul mio sito:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallerie3.html
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