Feb 25, 2007

NEWS: Nubi di guerra sull'Iran

L'Iran, per voce del presidente Ahmadinejad, dichiara di voler proseguire "come un treno senza freni nè retromarcia" lungo la strada della costruzione di impianti nuclleari per uso civile.
Che convenienza può trarne il governo di Teheran nello sfidare apertamente gli stati uniti? A differenza dei governi afghano e iracheno, oltranzisti sulle loro posizioni per assurdo fanatismo, Teheran è un giocatore di primo piano nella politica internazionale, a lungo abituato a muoversi nello scacchiere mondiale, e sopratutto il governo può contare sul supporto della maggiranza della popolazione, che lo ha eletto in elezioni libere. L'Iran non è, contrariamente all'idea che si può averne da fuori, un paese fondamentalista, nè socialmente arretrato: l'eredità dell'occidentalizzazione pre rivoluzionaria, unita alla maggiore libertà personale seguita alla rivoluzione, ne fanno uno degli stati dalla mentalità più progredita nell'intera area mediorientale per quel che riguarda la popolazione. Sembra paradossale, ma è così: mentre il controllo della Savak, la polizia segreta, era totale e spietato, l'attuale regime si limita principalmente ad un controllo sulla forma e sulle apparenze, e pur non potendo essere definito aperto e democratico, concede sicuramente maggiori libertà individuali.
L'America nonè mai stata vista con particolare favore in Iran, soprattutto a seguito del supporto incondizionato offerto al regime della dinastia Pahlavi: è quindi un evidente errore strategico e d'immagine quello, da parte dell'amministrazione americana, di condurre una politica di scontro diretto: questo porta solo ad aumentare la coesione interna degli iraniani, tanto più infastiditi dalle goffe manovre della CIA per finanziare i gruppi di minoranze anti governative e le loro azioni brutali di terrorismo (paradossale, eh?). Scatenare una campagna di Persia potrebbe essere purtroppo una delle ambizioni dell'ottusa "dottrina Bush", miope colpo di coda di uno tra i peggiori governi che gli USA abbiano mai avuto. Ed oltre a destabilizzare irrimediabilmente l'intero medio oriente, a rendere ancora più difficili i rapporti tra oriente ed occidente, ed ad andare incontro ad un disastro militare di proporzioni mai viste dalla superpotenza d'oltreoceano (l'Iran ha il doppo degli abitanti ed il triplo del territorio dell'Iraq, e confina con questo oltre che con l'Afghanistan), l'eventuale guerra probabilmente finirebbe per creare una insanabile frattura tra gli Stati Uniti e le altre due superpotenze mondiali, Russia e Cina.
La difesa dell'epoca di pace e prosperità che l'Europa sta vivendo dalla fine della seconda guerra mondiale potrebbe passare, 2500 anni dopo le guerre tra grecia e Persia, per gli altipiani tra il Caspio ed il Golfo Persico.

Analisi sulla situazione, in italiano ed inglese, dal Corriere della sera, dalla BBC, dal Tehran Times, e da Al Jazeera
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/02_Febbraio/25/iran.shtml
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=019
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=7
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=13
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=14
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=15
http://www.tehrantimes.com/Description.asp?Da=2/25/2007&Cat=2&Num=17
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/country_profiles/790877.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6394387.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6392287.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6378765.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6122412.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/4617398.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/3362443.stm
http://newsforums.bbc.co.uk/nol/thread.jspa?threadID=5603&&edition=2&ttl=20070225135036
http://english.aljazeera.net/NR/exeres/C4C3D080-F67E-4495-9218-F5825690E4EF.htm

Feb 16, 2007

NEWS: la fine del regno per John Howard, il signore del Pacifico

Barack Obama è la nuova faccia della politica americana: nero ma rassicurante per i bianchi, colto, comunicativo, carismatico; è anche il primo serio candidato democratico ad assumere posizioni più vicine all'opinione pubblica mondiale, contro la guerra in Iraq. E proprio queste posizioni gli sono valse un attacco da parte di uno degli alleati più fedeli dell'amministrazione neoliberal repubblicana, cioè John Howard, primo ministro dell'Australia, che lo ha accusato di favorire così il terrorismo. La mossa dell'uomo forte di Camberra, 67enne al potere da 10 anni, potrebbe però diventare un clamoroso autogol. La posizione dell'Australia è sempre stata quella di superpotenza regionale, arbitro delle questioni politiche della miriade di piccoli stati arcielago componenti l'oceania, ma lo sforzo economico necessario a questa politica, unito a quello per la gestione dell'immigrazione e dei rifugiati, per i quali l'isola ha sempre rappresentato un forte polo d'attrazione per la propria capacità d'assorbire lavoratori, stanno diventando argomento principale di dibattito nella terra dei canguri.
Papua ha da pochi anni risolto il duro conflitto contro la separatista e ricca provincia di Bougainville, che ha causato centinaia di migliaia di morti e innumerevoli rifugiati, e continua a vivere in condizione di estrema precarietà economica, con oltre l'80 percento della popolazione che vive in condizioni semiprimitive, senza istruzione e senza nemmeno utilizzare il denaro; Fiji ha appena vissuto un colpo di stato su linee etniche, che ha portato al potere l'esercito a difesa della componente etnica polinesiana; Tonga vive dal 2005 una situazione di alta tensione a seguito delle pressanti richieste di democratizzazione alla monarchia; e le isole Salomone continuano ad essere insanguinate dagli scntri tra milizie etniche che dal 1998 rendono la crisi una questione che investe l'intera regione, e che le truppe di peacekeepers di Camberra non riescono a fermare nonostante lo sforzo economico profuso.
In questo scacchiere, l'Australia ha bisogno di occuparsi della stabilità e dello sviluppo economico di questi stati, per evitare di dover affrontare afflussi massicci di rifugiati come già al tempo dei boat-people dall'indocina, e per poter avere un mercato vicino capace di assorbire parte dell'export australiano.
Ma l'intransigenza politica dell'amministrazione Howard sta portando il paese incontro a critiche sempre più feroci sia da parte dei piccoli vicini sia da parte dell'altra potenza regionale, la Nuova Zelanda. Proprio in questi giorni Howard è stato accolto a Wellington da massicce manifestazioni di protesta contro la posizione australiana in Iraq, e viene costantemente bersagliato sia in partia sia all'estero da quella pressione che vediamo George Bush dover affrontare ad ogni occasione ufficiale.
In più si stanno levando sempre più forti le critiche da parte degli stessi leader degli stati del pacifico, che accusanodi violazione della sovranità la politica australiana di controllo e polizia nelle crisi: Michael Somare, il padre della patria a Papua ritornato dal 2002 alla presidenza nazionale, ha recentemente attaccato la politica estera australiana in quanto incapace di tener conto delle realtà locali in cui agisce, e quindi non efficiente nella gestione delle crisi: posizione comune anche al governo delle Salomone, e accuse che ricordano molto quelle dirette all'amministrazione repubblicana in USA.
Inoltre, molte violazioni di diritti umani negli stati isolani sono passate inpunite, come la chiusura del giornale Kele'a a Tonga a seguito delle manifestazioni violente per la democrazia nell'isola, o le torture dei pescatori di Papua da parte dell'esercito indonesiano a causa dei diritti di pesca del bacino circostante l'isola, intaccando gravemente la validità della pretesa australiana di giustificare la propria politica estera con la necessità di sostenere la democrazia e la good governance.
Chiaro quindi come in questa situazione, in particolare quando il tempo dei falchi sembra finito a Washington, in un paese con una ampia percentuale di popolazione giovane che viaggia moltissimo, e in un contesto economico mondiale dove per ragioni geografiche sono proprio l'Australia ed il Giappone a subire maggiormente la concorrenza della nascente superpotenza cinese, la presa di posizione di Howard potrebbe segnare, con le elezioni alle porte, il tramonto della linea dura anche nella Land Down Under.

qui i profili delle principali nazioni in oceania, in inglese dalla BBC:
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/country_profiles/1250188.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/country_profiles/1136253.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/country_profiles/1249307.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/country_profiles/1300477.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/country_profiles/1246074.stm
qui, sempre dalla BBC, un profilo del permier australiano
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/1883547.stm
e qui notizie varie d'attualità sull'area pacifica, da BBC, ABC Australia, Scoop NZ e postcourier Papua NG.
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6361361.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6353009.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6079494.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6076062.stm
http://www.abc.net.au/news/newsitems/200702/s1849017.htm
http://www.abc.net.au/news/newsitems/200702/s1849875.htm
http://www.abc.net.au/news/newsitems/200702/s1849079.htm
http://www.scoop.co.nz/stories/WO0702/S00271.htm
http://www.scoop.co.nz/stories/WO0702/S00213.htm
http://www.postcourier.com.pg/20070216/news02.htm

Feb 11, 2007

NEWS: Elezioni in Turkmenistan

Oggi i turkmeni scelgono il successore del "Turkmenbashi", padre della patria, Saparmurat Niyazov. Colui che è stato padre padrone della nazione, unico depositario del potere dal 1985 fino al 21 dicembre del 2006, è morto lasciando dietro di sè una struttura che non prevedeva alternative al suo culto della personalità, e quindi non prevedeva l'esistenza di figure che potessero offuscare l'autorità centrale o dividerne anche solo in parte il potere. Così i candidati alle seconde elezioni che il Turkmenistan vedrà nella sua storia sono figure poco note alla popolazione, governnatori locali, sindaci, o membri della burocrazia. Il risultato è che il vincitore sarà, in maniera del tutto prevedibile, Gurbanguly Berdimuhammedow, attuale acting president e candidato favorito dalla ristertta cerchia al potere. Come nel '92 ci si aspetta un plebiscito di proporzioni sovietiche, e certamente la decisione di non accettare commissioni indipendenti per verificare la correttezza di svolgimento delle consultazioni è indicativa dello stato delle libertà sociali e politiche nel paese, penultimo nella graduatoria di freedom in the world.

PROSPETTIVE: il Turkmenistan, 2mil. abitanti in un territorio ricco di gas e petrolio ma totalmente occupato dal deserto del Kara kul, è strategicamente la pedina più importante nel nuovo Grande Gioco per l'Asia centrale: sia la Russia sia gli USA hanno interesse nelle fonti energetiche della regione e nel crearsi alleanze in un'area geograficamente cruciale per il management dell'intero medio oriente, e il Turkmenistan ha in più lunghi confini comuni con l'Iran e l'Afghanistan. Di qui inoltre potrebbero passare gli oleodotti ed i gasdotti in grado di trasportare idrocarburi dal centro dell'Asia al mar Nero e alla Turchia evitando Iran, Siria e Russia. Si spiega quindi l'indulgenza della comunità internazionale verso il dispotismo di Ashkabad, verso quello che, salvo inattese virate riformiste e democratiche, rimane il più compiuto esempio di totalitarismo che la storia ricordi, paragonabile soltanto al regime coreano di Pyongyang. E dovrebbe essere sufficiente a spiegare perchè questo pezzo d'Asia rimasto sempre fuori dalla storia, governato da bizzarri dittatori dal nome inpronunciabile sia di assoluta importanza nelle attuali questioni geopolitiche. Soprattutto è un buon esempio di notizia ignorata dai circuiti mediatici ufficiali nonostante la rilevanza effettiva, dimostrazione della vitale necessità di sviluppare una curiosità in grado di superare la superficialità imposta dai media contemporanei.

qui analisi delle elezioni turkmene in inglese dall'agenzia ferghana.ru:
http://enews.ferghana.ru/article.php?id=1823
http://enews.ferghana.ru/article.php?id=1827
qui due analisi da radio free europe sulle prospettive del paese, in inglese:
http://www.rferl.org/featuresarticle/2007/02/78707CDF-3E78-4DBB-B453-F367A7A4969A.html
http://www.rferl.org/featuresarticle/2007/02/782B1294-8B66-476A-9FD2-23FCC48D78A7.html
e qui un profilo di niyazov da wikipedia
http://en.wikipedia.org/wiki/Saparmurat_Niyazov

Feb 9, 2007

NEWS: Colloqui sul nucleare nordcoreano

A pechino si sta svolgendo il vertice a sei sul nucleare nordcoreano che, iniziato giovedì 8 febbraio, vede sedere al tavolo i rappresentanti di Cina, Stati Uniti, Corea del sud, Russia, Giappone e naturalmente Corea del Nord.
Questo nuovo round di colloqui è accompagnato dall'ottimismo dei delegati, in particolare nelle parole di Condoleeza Rice e della delegazione americana. L'obiettivo del vertice è di disarmare il regime nordcoreano, che si stima possieda già armamenti atomici ma che non ne abbia piccoli a sufficienza per essere innescati sulle testate missilistiche. Si cercherà di sfruttare la carestia che ha colpito la Corea del nord, e che probabilmente sta provocando decine di migliaia di morti per fame, offrendo aiuti umanitari sempre più ingenti in cambio dell'accordo alla rinuncia nucleare.

L'ONU raramente ha preso una posizione così univoca nella gestione di un'emergenza, grazie alla convergenza di massima degli interessi degli stati più coinvolti nella questione: nonostante questo i vertici a sei precedenti non sono mai riusciti a raggiungere un accordo tale da costringere realmente il regime coreano a procedere nel disarmo, senza ripensamenti e voltafaccia. Il fallimento dei verici precedenti è sempre giunto nel momento in cui, per ragioni strategiche, Pyongyang ha interrotto le trattative o rifiutato i termini di accordo raggiunti in precedenza, ritornando alle minacce. Il punto è che la Corea del nord vive nell'isolamento, rotto il quale il regime sarebbe destinato ad una tragica e probabilmente immediata caduta: Seoul mira ad una riunione della penisola ma, spaventata ddal precedente tedesco, ha paura che se questo avvenisse a seguito del collasso del nord l'intera economia nazionale ne verrebbe colpita; Giappone, USA e Russia hanno principalmente interesse il risvolto militare del problema, e Pechino vede la Corea del Nord come parte naturale della propria sfera di influenza, dove per esempio delocalizzare le proprie fabbriche, per ridurre i costi della manodopera. In questo scacchiere si arriva al paradosso che smaschera la poca lungimiranza delle politiche basate sul buonismo: gli aiuti umanitari per la popolazione diventano arma di ricatto da parte di Pyongyang, fonte anelata di risorse per uno stato economicamente collassato, che cerca solo di mantenere il proprio autocratico sistema. In realtà chiunque voglia esportare una società civile fatta di democrazia, ong ed aiuti alla popolazione dimostra poca conoscenza della intricata realtà della regione, e di fatto favorisce unicamente il drammatico status quo, dove la minaccia armata nucleare è merce di scambio e autogiustificazione del governo nordcoreano. Forse invece, per l'occidente, accettare il sacrificio geopolitico dell'influenza sulla Corea del nord del futuro, e favorirne lo sviluppo economico senza imporre in parallelo quella democratizzazione che è la nemesi della sua leadeship, porterebbe a ridimensionare la minaccia proveniente dallo "stato eremita".

Qui i link ad alcuni articoli sull'argomento, in inglese della BBC e del People's Daily (quotidiano cinese ufficiale del partito)
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6052178.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6340157.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/6344819.stm
http://english.people.com.cn/200702/09/eng20070209_348800.html
e qui il link al podcast di "alle 8 della sera, Chung-Kuo" di Federico Rampini: la puntata 19 parla di Corea del Nord
http://www.radio.rai.it/radio2/podcast/lista.cfm?id=1030
 
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