Jan 28, 2007

Diari cinesi - Viaggio in Cina settembre 2006

Eccomi arrivato nella capitale del celeste impero, o terra di mezzo, come si amano chiamare loro.
La discesa con l'aereo nella nebbia che ricopriva la citta' mi ha immediatamente ricordato la pianura nostrana che mi sono lasciato alle spalle, e la via verso il centro, puntellata di grattacieli in costruzione e tagliata per lungo dalla nuovissima autostrada che ti porta direttamente nel centro pulsante della metropoli, ricorda una qualunque delle grandi citta' occidentali, da New York a Milano.
Poi, vagare per gli ampi viali per imarare ad orientarsi nella titanica giungla urbana, camminando chilometri.
Lungo la strada, si va da titanici edifici appena costruiti a piccoli mercati, dove le passioni dei cinesi trovano il loro habitat: grilli da combattimento, pesci tropicali, pennelli da calligrafia, erbe e spezie secche per cucinare, pozioni della medicina tradizionale, riflessologia plantare: e ancora, mille facce diverse, chiaramente originarie di luoghi lontani tra loro, ti offrono il loro personale assaggio di cultura tradizionale.
Un uighuro dalle lentiggini rosse e la faccia centroasiatica mi offre un dolce colante miele e ricoperto di frutta secca e noci, vere specialita' della sua terra lontana 5 fusi orari da qui: quando gli chiedo se viene dallo xingjiang, regione sferzata dallo spirito indipententista nell'estremo occidente cinese, esplode in un sorriso, si ammorbidisce sulla contrattazione in corso per il prezzo della sua merce, e mi chiede di fotografarlo.
L'apertura cinese verso l'esterno sembra aver sopratutto favorito il grande vicino a nord, quella russia che ha molto da offrire a Pechino, che vi riversa le proprie merci, e che in cambio non sembra aver intenzione di imporre i propri valori.
In effetti il concetto di liberta' potrebbe venir rivisto alla luce della "via cinese alla democrazia", dove tutti sembrano avere quello che desiderano, e dove tutto sommato le liberta' politiche forse non hanno la stessa importanza che da noi.
I cinesi stanno crescendo, l'educazione e' sempre piu' diffusa e non sono poi cosi' pochi quelli che stanno iniziando a parlare la lingua del "paese meraviglioso", ovvero come per un'assonanza di caratteri puo' essere interpretato il nome cinese dell'america.
E con questa, cresce anche la curiosita' per "l'uomo esterno", lo straniero, che sempre piu' viene a scoprire questo paese dove tutto sembra sul punto di accadere.
E cosi', capita facilmente che ci si fermi ore ed ore a parlare, travalicando subito i limiti imposti dal mio ancora scarso cinese, con la comprensione reciproca frutto sopratutto della reciproca curiosita' di scoprire due mondi fino a poco fa' ignoti, ma mai tanto alla portata di entrambi.
Pechino e' una citta' tranquilla, con strade pulite e traffico ordinato, un incredibile fervore culturale ed una carica che penso possano aver provato solo coloro che hanno vissuto la New York degli anni migliori, quando gli occhi del mondo erano tutti puntati verso la sponda ocidentale dell'atlantico. Ora e' facile intuire che quegli stessi occhi stiano guardando qui.
Ho ricevuto il nome cinese, da una ragazza con cui in un eccellente inglese abbiamo chiacchierato un'intera sera: mi chiamero' yang guang, splendore del sole: anche questo fa parte del fascino di questo oriente cosi' accattivante.

Gli occidentali hanno sempre cercato di fare buoni affari in cina, senza peraltro mai riuscirci da tempo immemorabile.
Forse pero' qualcosa sta cambiando in questo paese, dove sembra davvero che tutto sia sul punto di accadere. La via cinese alla modernizzazione parla un linguaggio radicalmente diverso da quello americano, un linguaggio nato sull'eredita' di lacrime e sangue degli anni della rivoluzione, ma anche sul senso di uguaglianza e coesione sociale gia' radicato nella mentalita' tradizionale cinese in particolare ed asiatica in generale. Cosi', la cina e' riuscita a preservare la sottostruttura sociale di support famigliari e di comunita' che fa' da rete di sicurezza contro la poverta' e l'isolamento degli individui, portando un'intera popolazione a giovare dell'impressionante crescita economica che questo enorme paese sta godendo, anche se con evidenti diseguaglianze, e mantenendo la poverta' in una dimensione "asiatica", meno estrema e drammatica anche se piu' diffusa di quella occidentale.
E, insieme alla cultura tradizionale ed alla religiosita', la Cina si sta riappropriando anche della naturale propensione della propria gente alla curiosita' verso lo straniero, che diventa eccezionale ospitalita'.

La citta' proibita, il templio del cielo, la muraglia cinese, le pagode a torre con la loro classica forma svettante: le attrazioni che a pechino sono in grado di stimolare l'immaginazione certo non mancano, ma la vera sorpresa, che accompagna l'immancabile meraviglia, e' l'atteggiamento dei cinesi verso i resti della propria cultura tradizionale. Dal rischio di perdere opere di valore incomparabile come queste per ragioni ideologiche, i cinesi si sono riappropriati dei simboli della loro storia avidamente, ed ora sciamano in massa verso questi luoghi con una carica emotiva che fa pensare di piu' al pellegrinaggio che al semplice turismo culturale. E' enorme l'emozione nel vederli toccare con deferenza i simboli della loro cultura, e vederli inginocchiare di fronte a questi con un fervore pari a quello che riservano per i loro templi religiosi.
Il turismo interno e' qui superiore a qualunque altro luogo che mi sia capitato di vedere, e nonostante i loro modi siano piuttosto infantili e lascino chiaramente trasparire la loro ineducazione nell approccio al patrimonio artistico, la voglia di riappropriarsene anche come simbolo di identita' culturale e incredibilmente evidente e coinvolgente.

dicono che i cinesi colti siano senza dubbio tra le persone piu' squisite e raffinate al mondo, ed inizio fortemente ad essere daccordo.
La cerimonia del te', l'opera di pechino: due tradizioni risalenti al lontano passato cinese che si mantengono nella loro spettacolarita', ricercatezza e perfezione tutt'oggi.
 
Le case da te' che praticano ancora il rito tradizionale sono in realta' case private di persone colte ed educate, che si dilettano in altre arti quali l'inebriante musica tradizionale e la delicata pittura calligrafica: entrando, si e' accolti dal padrone di casa con un sorriso, ed invitati ad accomodarsi. La cerimonia si basa sulla tranquillita' e calma, elementi essenziali per assaporare il piacere di una buona conversazione e di un'atmosfera coinvolgente e rilassante, vero obiettivo del rito.
Il te' viene servito in bicchieri di vetro, lavati da acqua calda e di dimensioni diverse a seconda del sesso del commensale, per adattarsi al meglio alla dimensione della mano. poi, il te' fragrante di eccellente qualita' viene messo nel bicchiere, sommerso a pelo da un po' di acqua calda, e fatto ossigenare come con un buon vino; a questo punto e' pronto per ricevere il resto dell'acqua, fatta bollire ma lasciata raffreddare un momento prima dell'uso per evitare che dalle foglie di te' si sprigioni il tannino, che lo renderebbe aspro.
Il te' si gusta a piccoli sorsi, e nel mentre l'ospite intrattiene i commensali spiegando ogni passo del processo (anche con un po' di pazienza, come nel nostro caso ha richiesto la limitata conoscenza del cinese...), parlando sempre a voce moderata per non turbare la quiete, e poi suonando musica tradizionale accompagnandosi spesso con il canto, o mostrando esempi della pratica calligrafica, argomento tra i piu' appropriati per questo genere di conversazione.
 
Salti acrobatici; gong, tamburi, cembali e strumenti a corda che suonano a ritmo dell'azione come una colonna sonora; costumi e trucco ricercati fino al minimo particolare, e pieni di una simbologia di ispirazione buddhista, in grado cioe' di far riconoscere i personoaggi, il loro grado e carattere; discorsi (in cinese classico) ridotti all'osso, parlati ad alta voce e con toni definiti invece che naturali, in modo da spiegare con efficienza in poche parole quel poco della trama che l'azione non puo' da sola; espressioni facciali fisse: questo interessante miscuglio tra arti marziali e teatro greco classico della tragedia o commedia e' l'opera di Pechino, una delle piu' belle forme di teatro cinese, e certamente la piu' spettacolare agli occhi dei barbari stranieri, e per questo cosi' popolare.
Le storie, ambientate nella mitologia tradizionale e spesso con trame piene dei combattimenti che vengono efficacemente rappresentati dagli incredibili numeri d'acrobazia degli attori, sono un sussieguo di frenetici momenti d'azione dinamica inframezzati a pause accompagnate dalla musica, e raggiungono da subito un climax che riescono a mantenere quasi in continuazione per tutto lo spettacolo, che non puo' non affascinare.

Le sfaccettature di un paese come la cina sono molteplici e a volte
difficilmente comprensibili, e questo puo' modificare le impressioni e
l'esperienza personale dello straniero di passaggio in maniera radicale.
I cinesi passano da essere incredibilmente curiosi, affascinanti e raffinati ad
ignoranti ineducati, incapaci di vivere in modo civile, ed incredibilmente
irritanti: sono probabilmente entrambi, e non ci dovrebbe essere da stupirne,
considerandone il numero.
Fermo restando la totale attrazione che questa terra e la sua cultura esercitano
su di me, non mi lasciano certo indifferente, anzi mi fanno inbufalire alcuni
comportamenti locali.
Se un cinese e' ottuso, lo sara' in maniera a malapena immaginabile anche dai
peggiori burocrati nostrani, rifiutandosi a priori di cercare di stabilire un
dialogo e sfruttando al massimo la propria (spesso risibile) autorita'; non e'
raro ritrovarsi in situazioni del tutto surreali, in cui mi capita di parlare
in cinese con qualcuno che, dopo il primo momento di panico, spocchiosamente mi
tratta come un cane parlante, e nel frattempo si avvale della traduzione (dal
cinese al cinese...) di chiunque gli si sia fermato attorno incuriosito dalla
scena.

E spesso in effetti questi personaggi si trovano in quelloe posizioni, tanto
care alla letteratura cinese, in grado di imporre la propria autorita' su
chiunque ne sia in balia, e al contempo essere untuosi ed accomodanti su chi ha
l'autorita' o la forza per non esserne influenzato.
Al lato pratico, vieni continuamente rimproverato dagli ausiliari del traffico
se scendi un piede dal marciapiede quando passano le macchine, ma nessuno di
questi figuri si immaginerebbe mai di fermare le macchine che passano agli
incroci col rosso a tutta velocita' e clacson spianati, senza curarsi che ci
siano o meno in mezzo biciclette, pedoni, e qualunque altro mezzo che
perderebbe un contrasto fisico.
Altra bieca figura sono i gestori di servizi non essenziali, dai receptionist
degli alberghi ai gestori di internet cafe', a chiunque altro abbia l'autorita'
per importi una procedura rigorosa quanto insulsa.
Isola felice in questo sono le categorie che da noi racchiudono spesso la creme
dell'ottusita': e' impressionante l'efficienza, la buona volonta' e la cortesia
di sportellisti alle biglietterie di treni e autobus, degli impiegati delle
poste, dei camerieri nei ristoranti, anche se costretti a confrontarsi con
diavoli stranieri che biascicano sconnessamente i suoni della bella lingua
della terra di mezzo (per chi non lo sapesse: zhong=mezzo guo=terra, ovvero
cina).

Xi'an, ShangHai, l'armata di terracotta, il Bund; nomi e posti che stuzicano
certamente l'immaginazione, e che ad un occhio attento non sfuggira' come si
trovino ad una distanza enorme l'uno dall'altro.
Ecco un altro deg;i incredibili paradossi della Cina: le distanze, amplificate
fino all'inverosimile all'inteno di una nazione sconfinata, si distorcono e
riducono, fino a rendere possibile una gita fuori porta di una settimana e
circa cinquemila chilometri senza per questo perdere energia e voglia di
scoprire l'incredibile nuovo volto che questo paese ti mostra.
La grandeur cinese si riflette in ogni momento della propria storia, in ogni
mastodontica espressione culturale e sociale in grado di nullificare il singolo
essere umano di fronte alla societa', all'autorita' vigente, alla totalizzante
presenza di una cultura che abbraccia enormita' di uomini e territori.
L'armata di terracotta, uguale, ripetitiva e sterminata; piazza del popolo e la
nuova ShangHai, con gli sfolgoranti grattacieli sempre illuminati, mastodontici
ed eleganti nel contempo; piazza TianAnMen e l'enormita' dei boulevard
pechinesi: la Cina ti avvolge, ti circonda, ti coinvolge che tu lo voglia o
meno. Ma senza schiacciarti con proporzioni inumane come nelle rappresentazioni
monumentali della cultura indoeuropea, bensi' legandoti indissolubilmente
attraverso la continua riproposizione di simboli che non ti permettono di
staccarti dalle tue radici, ne' di discuterle: chi sei tu, d'atronde, per
farlo?

E' tempo di lasciare la cina. domani mattina, di buon'ora, un treno mi portera' verso le sconfinate steppe ed il misterioso deserto dei gobi, in Mongolia.
E' difficile spiegarmi che cosa sto provando nel lasciare un posto cosi' fertile per le mie impressioni, emozioni ed esperienze, e credo che il senso di distacco sia viziato dall'affascinante via di ritorno che mi attende, e dalla certezza, ora piu' che mai, che saro' di nuovo qui al piu' presto a godere delle stranezze del paese che tanto affascino' marco polo: a provare la claustrofobia da folla nella metropolitana; la genuina accoglienza degli avventori delle bettole; la frenesia dei venditori, inversamente proporzionale alla qualita' della loro merce; a mangiare ravioli al vapore, dolci uighuri traboccanti miele e noci, teste d'anatra, stelle marine fritte, stufato di cane...

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