Apr 25, 2008

Diario dall'Iran: Mashhad, partendo dalla fine

E' il momento di iniziare a fermare le fresche memorie del viaggio che mi ha portato nei luoghi simbolo dell'Iran. La mia passione per la produzione di immagini capaci di raccontare storie non ha potuto varcare l'arcata perimetrale del luogo piu' sacro del paese, il santuario dell'Imam Reza a Mashhad, ma l'esperienza vissuta all'interno era forse impossibile comunque da raccogliere in una semplice inquadratura. E cosi' comincio il mio diario di viaggio dalla fine, dalla citta' che fra poco lascero' per entrare in Turkmenistan.
L'ottavo imam shiita, Ali al-Reza, mori' a Mashhad nel settembre 818 dc, dopo aver mangiato dell'uva avvelenata, probabilmente inviatagli dal califfo al-Mamun di Merv, che ne aveva chiesto l'aiuto per sopraffare suo fratello nella lotta dinastica per il califfato di Baghdad.
L'islam shiita vive il martirio come la piu' alta santita', e lo celebra con manifestazioni di cordoglio e lutto collettive. L'Iran piange sempre e a lungo i propri morti, cosi' come accade ancora durante Moharram per Hossein, ucciso in battaglia a Kerbala e di fatto fondatore dello shiismo, o per il milione di giovani morti sui campi di battaglia della guerra contro l'Iraq, che ha quasi annientato la generazione degli attuali quarantenni.
Il santuario dell'Imam Reza e' il secondo luogo di pellegrinaggio per numero di visitatori al mondo, dopo la Mecca, e copre uno spazio enorme organizzato in cortili inframezzati da moschee.
Solo i musulmani possono entrare nellle parti principali del complesso.
L'alba ha illuminato le torrette dei minareti ricoperte d'oro, e la prima ondata di pellegrini, in particolare donne coperte per intero dallo chador nero, sono affluiti all'interno della cinta perimetrale del complesso, dirigendosi lungo i lucidi pavimenti di marmo dei cortili verso l'interno del santuario.
Carrelli risoperti di tappeti vengono trainati nelle varie sezioni, pronti a coprire l'intero pavimento permettendo cosi' ad una folla ininterrotta di fedeli di prostrarsi di fronte ad Allah mentre gli altoparlanti diffondono il richiamo alla preghiera rotto dal singhiozzo del muezzin, che narra la storia della fine dell'Imam.
Vago tra i cortili, attraverso le arcate decorate da mattonelle turchesi e pesanti decorazioni in oro cesellato, che rendono le costruzioni piu' antiche al contempo solenni e mozzafiato nella loro eleganza geometrica e nella lucentezza delle superfici.
Attraverso il cortile AL-Quds (Gerusalemme, in arabo), al centro del quale sorge una meravigliosa fontana in marmo e oro sul disegno della moschea di Omar.
Disorientato, continuo a camminare attraverso le varie sale del labirintico complesso, passando di fianco a guardie che continuano a non notarmi. Mentre immagino di venire fermato da un momento all'altro per aver raggiunto il limite dell'area proibita, passo all'interno di un edificio, dove un gruppo di mullah tra cui anche alcuni con indosso il turbane nero dei discendenti diretti del profeta siede lungo la parete ripetendo passi del corano. Svolto un angolo, e di colpo mi ritrovo di fronte al luogo piu' sacro dell'intero Iran.
La tomba dell'Imam Reza e' di fronte a me, separata solo da una massa di pellegrini in lacrime che si accalcano per toccarne la struttura per poi portarsi al volto le mani benedette.
Molti visi sono rossi e solcati da lacrime sincere di dolore, e odi all'Imam si levano nella sala, alle quali tutti i presenti rispondono in un rituale a loro conosciuto.
Tocco il freddo metallo della tomba, sovrastata da un soffitto in oro e specchi che ingrandisce notevolmente la percezione delle reali dimensioni della stanza, e sembra voler rappresentare la porta verso il paradiso per il fedele devoto.
Poi continuo verso l'uscita del complesso, stordito ed incapace di rendermi pienamente conto di quello che mi e' appena successo, incantato dalla visione emozionante e potente dei pellegrini che stanno pregando ovunque attorno a me, ingiocchiati verso la Qibla che indica la Mecca, e ipnotizzato dal lamento dolce e triste della preghiera proveniente dagli altoparlanti.

E quindi, come gia' successo a qualche fortunato viaggiatore occidentale arrivato qui qualche secolo fa, e a ben pochi altri non musulmani, potro' d'ora in poi fregiarmi del titolo di Mashti, riservato ai pellegrini che arrivano a toccare il sacro sepolcro dell'Imam, anche se per errore d'altri sono infedeli che non sono stati fermati in tempo.

2 comments:

Anonymous said...

hiiiii dear Giuseppe
how are you?
do u remember me ;)?
i'm Freshte !!

hope you enjoy your trip

fra said...

c'è chi investe le sue energie per viaggiare e conoscere il mondo e poi raccontare quello che vede... c'è chi ascolta le parole del viaggiatore.. e viaggia insieme a lui, o almeno questa l'illusione che mi piace provare leggendo i tuoi racconti..
a presto,
amico

 
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