La scorsa settimana mi è capitato di leggere due articoli, uno sulla BBC ed uno sul Jerusalem Post, che parlavano dell'Iran.
Quello del media inglese riportava un articolo molto critico verso il presidente iraniano Ahmadinejad, apparso su uno dei giornali più conservatori del paese, l'Islamic Republic Daily, voce della guida suprema del paese, l'Ayatollah Ali Khamenei.
Le critiche rivolte riguardavano la presa di posizione di Ahmadinejad contro chiunque criticasse il cammino verso il nucleare dell'Iran: il presidente era arrivato ad accusare di tradimento gli oppositori della sua politica.
Un articolo del genere dimostra come il presidente iraniano stia perdendo il supporto anche della leadership politica del paese, dopo aver ormai da tempo perso quello della popolazione, stanca delle difficoltà economiche e della deriva autoritaria del paese.
Il giorno prima era apparso un articolo sul Jerusalem Post, quotidiano conservatore israeliano, scritto da Michael Freund, intitolato "Five reasons to bomb Iran now": basava la sua tesi sulla necessità di contrastare una corsa al nucleare nella regione, di garantire la sicurezza di Israele, di prevenire il possibile passaggio di materiale nucleare dalle mani iraniane a quelle di gruppi terroristici sciiti in tutto il medio oriente.
Per dirla con le parole di Shirin Ebadi, avvocato iraniano per i diritti delle donne e premio Nobel per la pace, l'unica ragione per cui tuttora in Iran la popolazione sopporta le angherie del regime degli ayatollah è per reazione all'attacco continuo portato al paese dagli USA e da Israele. La linea dura dei falchi in questi due paese è da ritenersi responsabile per la deriva autoritaria che ha portato Ahmadinejad al potere nel paese che ha la popolazione più progressista e moderna dell'intero medio oriente.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7106335.stm
http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1195546681706&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull
Nov 27, 2007
Nov 23, 2007
La settimana di Annapolis
Il 26 ed il 27 novembre si terrà il vertice ad Annapolis, negli Stati Uniti, tra Olmert, Abu Mazen, e i rappresentanti di 32 altri paesi, membri o della lega araba, o del g8.
La posta in gioco è la pace in medio oriente e la creazione di uno stato palestinese.
Analizzando l'evento, si vede che in realtà la conferenza del 26/27 sarà solo l'occasione di presentare al mondo i risultati della mediazione degli USA tra le parti, e l'amministrazione Bush spera di poter contare un grosso successo raggiungendo l'accordo.
Le precedenti conferenze che hanno raggiunto accordi importanti si sono sempre tenute sul suolo americano, perchè le amministrazioni statunitensi vogliono potersi garantire la paternità di eventuali successi.
Ma le posizioni più importanti per l''esito della conferenza saranno quelle assunte dalla Siria e dall'Arabia Saudita.
Se Damasco, che ha rifiutato di presenziare ad Annapolis in quanto la questione delle alture del Golan non è presente in agenda, quantomeno non si opporrà (con una controconferenza alla presenza di Hamas), e se Rabat accetterà di far parte del fronte moderato che si oppone alla nascita di un micro stato di Hamas a Gaza, forse si riuscirà ad arrivare ad un accordo voluto da tutti i moderati della regione, che potrebbe aprire una nuova era di distensione tra gli stati mediorientali.
Staremo a vedere.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/medio-oriente-37/annapolis-conferenza/annapolis-conferenza.html
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7106252.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7105858.stm
La posta in gioco è la pace in medio oriente e la creazione di uno stato palestinese.
Analizzando l'evento, si vede che in realtà la conferenza del 26/27 sarà solo l'occasione di presentare al mondo i risultati della mediazione degli USA tra le parti, e l'amministrazione Bush spera di poter contare un grosso successo raggiungendo l'accordo.
Le precedenti conferenze che hanno raggiunto accordi importanti si sono sempre tenute sul suolo americano, perchè le amministrazioni statunitensi vogliono potersi garantire la paternità di eventuali successi.
Ma le posizioni più importanti per l''esito della conferenza saranno quelle assunte dalla Siria e dall'Arabia Saudita.
Se Damasco, che ha rifiutato di presenziare ad Annapolis in quanto la questione delle alture del Golan non è presente in agenda, quantomeno non si opporrà (con una controconferenza alla presenza di Hamas), e se Rabat accetterà di far parte del fronte moderato che si oppone alla nascita di un micro stato di Hamas a Gaza, forse si riuscirà ad arrivare ad un accordo voluto da tutti i moderati della regione, che potrebbe aprire una nuova era di distensione tra gli stati mediorientali.
Staremo a vedere.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/medio-oriente-37/annapolis-conferenza/annapolis-conferenza.html
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7106252.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7105858.stm
Nov 22, 2007
Pellegrinaggi low cost
Bud Spencer, tra una fagiolata ed una scazzottata, negli anni '80 ha creato la Mistral Air, compagnia aerea che dopo alterne fortune è stata acquistata dalle poste italiane, che hanno continuato a pagarne le azioni fino a 15 volte di più del prezzo di mercato, facendo peraltro concorrenza ad Alitalia in un momento in cui entrambe erano compagnie pubbliche: nessuna spiegazione è mai stata data sul motivo di un comportamento così contrario a normali logiche economiche, nonostante un'interrogazione parlamentare a proposito.
L'opera romana pellegrinaggi, ha di recente siglato un accordo con la Mistral Air: la compagnia diventerà il vettore dell'Opera, che ha lanciato con un volo Roma-Lourdes lo scorso 25 agosto la prima delle rotte di pellegrinaggio low-cost.
Infatti l'opera prevede di riuscire a trasportare 50 mila passeggeri nel 2007, e di portare questo numero a 150 mila nel 2008, in coincidenza con il 150 anniversario dell'apparizione a Fatima in Portogallo.
Il primo volo, per Lourdes appunto, è partito con a bordo il Cardinale Ruini, che presiede l'opera, e con Luciano Moggi a fargli compagnia in qualità di testimonial non ufficiale della iniziativa.
L'opera sarà così in grado di offrire interi pacchetti vacanza ai propri pellegrini, tutto low-cost per adeguarsi alla concorrenza: e questo anche perchè può appoggiarsi all'amministrazione patrimoniale della santa sede, che gestisce le proprietà immobiliari facenti capo al vaticano, alberghi inclusi.
Il ruolo di primo piano del vaticano nel mercato del turismo, che è il terzo settore mondiale per margine di profitti, è evidennte se si pensa che il giro d'affari della santa sede è nel settore 3 volte superiore a quello di Alpitour, la prima agenzia turistica in Italia per fatturato.
Cigliegina sulla torta, l'opera ha fatto sapere che i viaggi saranno offerti al 10% in meno del prezzo di mercato.
Come è possibile?
Semplice: sia l'opera sia l'apsa godono di extraterritorialità in quanto società della città del vaticano, e godono dell'esenzione sull'ici frutto degli accordi con lo stato italiano: cioè, anche se i guadagni sono fatti in Italia, nessun soldo viene pagato in tasse.
Ma d'altronde si tratta di pellegrinaggi, giusto? Se si va a dare un'occhiata al sito dell'opera, i pellegrinaggi offerti comprendono ovviamente Lourdes, Fatima, Medjugorie, Gerusalemme e la Palestina biblica: e poi, la Grecia, Cipro, l'Armenia, l'Egitto, la Giordania, Istanbul, Malta, la Libia, il Messico, la Cina, la Namibia, il Perù, l'Uzbekistan, il Rajahstan indiano, l'Andalucia, Barcellona, Amsterdam (probabilmennte tour di redenzione e autoflagellazione...), i castelli della Loira, i fjordi norvegesi.
Al di là di qualunque credo, questa è senza possibilità d'inganno concorrenza sleale, che poco o nulla ha a che fare con la spiritualità e molto di più con un ricco bottino del quale la chiesa reclama la sua parte, quello del mercato del turismo.

LINK: il sito dell'opera pellegrinaggi, http://www.orpnet.org/Home.asp
qualche informazione sulla mistral air, http://it.wikipedia.org/wiki/Mistral_Air
il link al reportage di repubblica sul giro d'affari dei pellegrinaggi dell'opera, http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/chiesa-commento-mauro/opera-pellegrinaggi/opera-pellegrinaggi.html
L'opera romana pellegrinaggi, ha di recente siglato un accordo con la Mistral Air: la compagnia diventerà il vettore dell'Opera, che ha lanciato con un volo Roma-Lourdes lo scorso 25 agosto la prima delle rotte di pellegrinaggio low-cost.
Infatti l'opera prevede di riuscire a trasportare 50 mila passeggeri nel 2007, e di portare questo numero a 150 mila nel 2008, in coincidenza con il 150 anniversario dell'apparizione a Fatima in Portogallo.
Il primo volo, per Lourdes appunto, è partito con a bordo il Cardinale Ruini, che presiede l'opera, e con Luciano Moggi a fargli compagnia in qualità di testimonial non ufficiale della iniziativa.
L'opera sarà così in grado di offrire interi pacchetti vacanza ai propri pellegrini, tutto low-cost per adeguarsi alla concorrenza: e questo anche perchè può appoggiarsi all'amministrazione patrimoniale della santa sede, che gestisce le proprietà immobiliari facenti capo al vaticano, alberghi inclusi.
Il ruolo di primo piano del vaticano nel mercato del turismo, che è il terzo settore mondiale per margine di profitti, è evidennte se si pensa che il giro d'affari della santa sede è nel settore 3 volte superiore a quello di Alpitour, la prima agenzia turistica in Italia per fatturato.
Cigliegina sulla torta, l'opera ha fatto sapere che i viaggi saranno offerti al 10% in meno del prezzo di mercato.
Come è possibile?
Semplice: sia l'opera sia l'apsa godono di extraterritorialità in quanto società della città del vaticano, e godono dell'esenzione sull'ici frutto degli accordi con lo stato italiano: cioè, anche se i guadagni sono fatti in Italia, nessun soldo viene pagato in tasse.
Ma d'altronde si tratta di pellegrinaggi, giusto? Se si va a dare un'occhiata al sito dell'opera, i pellegrinaggi offerti comprendono ovviamente Lourdes, Fatima, Medjugorie, Gerusalemme e la Palestina biblica: e poi, la Grecia, Cipro, l'Armenia, l'Egitto, la Giordania, Istanbul, Malta, la Libia, il Messico, la Cina, la Namibia, il Perù, l'Uzbekistan, il Rajahstan indiano, l'Andalucia, Barcellona, Amsterdam (probabilmennte tour di redenzione e autoflagellazione...), i castelli della Loira, i fjordi norvegesi.
Al di là di qualunque credo, questa è senza possibilità d'inganno concorrenza sleale, che poco o nulla ha a che fare con la spiritualità e molto di più con un ricco bottino del quale la chiesa reclama la sua parte, quello del mercato del turismo.

LINK: il sito dell'opera pellegrinaggi, http://www.orpnet.org/Home.asp
qualche informazione sulla mistral air, http://it.wikipedia.org/wiki/Mistral_Air
il link al reportage di repubblica sul giro d'affari dei pellegrinaggi dell'opera, http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/chiesa-commento-mauro/opera-pellegrinaggi/opera-pellegrinaggi.html
Nov 19, 2007
Silenziosi venti di guerra sull'Europa
Si sono appena tenute le elezioni in Kosovo: ha vinto Thaci, leader del PDK, fronte indipendentista nella guerra del '99.
Il 10 dicembre la troika, ovvero il gruppo di contatto per il destino della provincia balcanica composto da Russia, UE e Stati Uniti, dovrà presentare un progetto riguardante il futuro della regione, a maggioranza albanese ma culla della cultura serba.
Il fatto è che l'accordo non ci sarà, perchè la Russia continua ad appoggiare la Serbia, considerata però dalle altre parti in causa come la principale responsabile della crisi balcanica.
Nonostante il fatto che nessuna delle due versioni sia di fatto vera, non si supererà l'impasse, e quindi Thaci potrà, con l'assenso della popolazione kosovara, dichiarare unilateralmente l'indipendenza. La Serbia ha da poco approvato la nuova costituzione che sancisce l'indivisibilità del suo territorio, compreso ovviamente il Kosovo.
Le possibilità che questo empasse evolva pacificamente sono assai remote, anche a causa dell'incapacità dell'occidente di risolvere la situazione in bosnia. tuttora divisa tra una entità serba ed una mista croato-musulmana.
Stiamo avvicinandoci ad un prevedibile nuovo collasso della regione balcanica, l'unica d'Europa fuori dall'Europa: le conseguenze non potranno che farsi sentire anche nelle nostre tranquille casette, e tutto sommato è giusto così.
Aspettiamo allora, e ignoriamo, sperando che questo menefreghismo possa salvare i nostri piccoli microcosmi benestanti: quando il vento dell'odio dalle impervie montagne dell'est inizierà a soffiare davvero su coloro che chiedono di non essere più generosi e di non interessarsi più a quello che succede al di là del loro piccolo orizzonte lombardoveneto, forse ci renderemo conto che in fondo la "guerra dei barbari" riguardava anche noi, e anche noi ne potevamo essere causa.
Mio nonno andava a caccia in Yugoslavia: mi raccontava di gente ospitale, educata e raffinata. Mi raccontava di come il vero confine fosse quello con la Bulgaria sovietica, controllato da torrette e posti di guardia.
Ora quel confine è stato spostato dall'odio lungo la Miljacka ed il Danubio, e solo un fragile baluardo protegge ancora il po, l'Arno o l'Adige.
I problemi degli altri sono spesso i nostri, che lo vogliamo o meno.
Impariamo allora a non ignorarli.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/kosovo-elezioni/thaci-vittoria/thaci-vittoria.html
Il 10 dicembre la troika, ovvero il gruppo di contatto per il destino della provincia balcanica composto da Russia, UE e Stati Uniti, dovrà presentare un progetto riguardante il futuro della regione, a maggioranza albanese ma culla della cultura serba.
Il fatto è che l'accordo non ci sarà, perchè la Russia continua ad appoggiare la Serbia, considerata però dalle altre parti in causa come la principale responsabile della crisi balcanica.
Nonostante il fatto che nessuna delle due versioni sia di fatto vera, non si supererà l'impasse, e quindi Thaci potrà, con l'assenso della popolazione kosovara, dichiarare unilateralmente l'indipendenza. La Serbia ha da poco approvato la nuova costituzione che sancisce l'indivisibilità del suo territorio, compreso ovviamente il Kosovo.
Le possibilità che questo empasse evolva pacificamente sono assai remote, anche a causa dell'incapacità dell'occidente di risolvere la situazione in bosnia. tuttora divisa tra una entità serba ed una mista croato-musulmana.
Stiamo avvicinandoci ad un prevedibile nuovo collasso della regione balcanica, l'unica d'Europa fuori dall'Europa: le conseguenze non potranno che farsi sentire anche nelle nostre tranquille casette, e tutto sommato è giusto così.
Aspettiamo allora, e ignoriamo, sperando che questo menefreghismo possa salvare i nostri piccoli microcosmi benestanti: quando il vento dell'odio dalle impervie montagne dell'est inizierà a soffiare davvero su coloro che chiedono di non essere più generosi e di non interessarsi più a quello che succede al di là del loro piccolo orizzonte lombardoveneto, forse ci renderemo conto che in fondo la "guerra dei barbari" riguardava anche noi, e anche noi ne potevamo essere causa.
Mio nonno andava a caccia in Yugoslavia: mi raccontava di gente ospitale, educata e raffinata. Mi raccontava di come il vero confine fosse quello con la Bulgaria sovietica, controllato da torrette e posti di guardia.
Ora quel confine è stato spostato dall'odio lungo la Miljacka ed il Danubio, e solo un fragile baluardo protegge ancora il po, l'Arno o l'Adige.
I problemi degli altri sono spesso i nostri, che lo vogliamo o meno.
Impariamo allora a non ignorarli.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/kosovo-elezioni/thaci-vittoria/thaci-vittoria.html
Nov 17, 2007
Moratoria sulla pena di morte
Scrivo per sottolineare l'importanza e la portata per una buona governance globale della risoluzione approvata dalle Nazioni Unite sulla moratoria per la pena di morte.
Un traguardo di civiltà e modernizzazione con importanti ripercussioni sul rispetto della dignità di qualunque individuo.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/pena-di-morte2/florida-stop/florida-stop.html
http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_15/pena_morte_voto_onu.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_15/risoluzione_onu.shtml
Un traguardo di civiltà e modernizzazione con importanti ripercussioni sul rispetto della dignità di qualunque individuo.
LINK: http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/pena-di-morte2/florida-stop/florida-stop.html
http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_15/pena_morte_voto_onu.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_15/risoluzione_onu.shtml
Nov 16, 2007
Volontariato, frustrazione e buonismo
Il caso dei volontari francesi arrestati mentre cercavano di espatriare illegalmente portando 103 orfani della guerra del Darfur verso l'Europa occidentale e gli Stati Uniti è uno dei punti più bassi raggiunti da iniziative di volontariato, e rappresenta un campanello d'allarme che non si può ne deve ignorare.
Il problema è che per organizzare qualcosa di questa portata, che fosse destinato davvero a "dare una vita migliore" (da espatriati forzati in un paese occidentale? magari per finire vittime di discriminazioni e razzismo? bah.) o che avesse scopi meno nobili di rivendere i bambini sul fiorente mercato delle adozioni, servono tanti soldi, 165 mila euro per la precisione, che arrivano da donors sia pubblici sia privati: servono competenze e programmazione che non potrebbero ne riuscirebbero a passare inosservate se si stesse parlando di una compagnia profit senza ricorrere a corruzione.
Quello che questa vicenda dimostra è l'assoluta inaccettabilità del paradigma per il quale le buone intenzioni possano e debbano garantire piena libertà di azione ad associazioni non profit.
Il settore volontariato e non profit dovrebbe richiedere una professionalizzazione tale e quale se non superiore a quella del settore profit, e a questa necessità va unito il bisogno di migliorare il sistema di valutazione e controllo delle ONG e di coloro che vi partecipano.
L'influenza delle organizzazioni religiose rappresenta probabilmente l'ostacolo più grande al processo di rendere trasparenti le strutture del volontariato e del no profit: queste infatti, a lungo principali attrici se non addirittura monopoliste del settore, hanno decisamente poco interesse a mostrare i propri meccanismi interni.
Il giornale Repubblica spiega in questo reportage alcuni di questi meccanismi.
CLICK SULLA FOTO PER INGRANDIRE LA PAGINA
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LINKS: http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad_bambini_rubati.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad2_levy.shtml
Il problema è che per organizzare qualcosa di questa portata, che fosse destinato davvero a "dare una vita migliore" (da espatriati forzati in un paese occidentale? magari per finire vittime di discriminazioni e razzismo? bah.) o che avesse scopi meno nobili di rivendere i bambini sul fiorente mercato delle adozioni, servono tanti soldi, 165 mila euro per la precisione, che arrivano da donors sia pubblici sia privati: servono competenze e programmazione che non potrebbero ne riuscirebbero a passare inosservate se si stesse parlando di una compagnia profit senza ricorrere a corruzione.
Quello che questa vicenda dimostra è l'assoluta inaccettabilità del paradigma per il quale le buone intenzioni possano e debbano garantire piena libertà di azione ad associazioni non profit.
Il settore volontariato e non profit dovrebbe richiedere una professionalizzazione tale e quale se non superiore a quella del settore profit, e a questa necessità va unito il bisogno di migliorare il sistema di valutazione e controllo delle ONG e di coloro che vi partecipano.
L'influenza delle organizzazioni religiose rappresenta probabilmente l'ostacolo più grande al processo di rendere trasparenti le strutture del volontariato e del no profit: queste infatti, a lungo principali attrici se non addirittura monopoliste del settore, hanno decisamente poco interesse a mostrare i propri meccanismi interni.
Il giornale Repubblica spiega in questo reportage alcuni di questi meccanismi.
CLICK SULLA FOTO PER INGRANDIRE LA PAGINA


LINKS: http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad_bambini_rubati.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad2_levy.shtml
Foto dalla Corea del Nord su De Pers

Ho appena pubblicato un'intera pagina di foto dal mio viaggio in Corea del Nord su un giornale olandese, De Pers (www.depers.nl)
ecco il risultato!
A Dutch newspaper, De Pers (www.depers.nl), has just published a page of my pictures from North Korea. Here the result!

Nov 15, 2007
Witness e Wikileaks: l'informazione che può aiutare a cambiare il mondo
Sfruttiamo la versatilità e la libertà di internet in molti modi, dai blog alle community virtuali, all'accesso gratuito e sempre aggiornato ai circuiti dell'informazione classica, allo scambio di dati tra utenti che sta così radicalmente cambiando il mondo dell'intrattenimento.
Recentementte mi è capitato di scoprire due siti che usano magnificamente la libertà offerta dalla rete per rivoluzionare la diffusione dell'informazione, e per aggirare i meccanismi di censura che dittature ma spesso anche governi di stati democratici creano.
Il primo si chiama witness, e raccoglie video e materiale audiovisivo da aree di crisi: questo materiale può essere stato creato da utenti in luogo con strumenti anche non professionali, come una videocamera di un telefono cellulare, e si concentra principalmete nel portare testimonianze di violazioni di diritti umani agli occhi del mondo. E' il sito gemello di the Hub, rispetto al quale però permette di utilizzare anche tecnologie di filmatura non professionistiche.

L'altro si chiama WikiLeaks, ed è una banca dati accessibile e modificabile da tutti gli utenti, come wikipedia, dove conservare documenti riservati di stati, eserciti, multinazionali, che sono in qualche modo trapelati (leaks, appunto) e che mostrano irregolarità o vere e prorie violazioni nella condotta di questi: fornisce inoltre una banca dati inestimabile per chi compie ricerca politico sociale.

L'informazione è potere, prendiamocela noi.
LINKS: http://www.witness.org/index.php
www.wikileaks.org
Recentementte mi è capitato di scoprire due siti che usano magnificamente la libertà offerta dalla rete per rivoluzionare la diffusione dell'informazione, e per aggirare i meccanismi di censura che dittature ma spesso anche governi di stati democratici creano.
Il primo si chiama witness, e raccoglie video e materiale audiovisivo da aree di crisi: questo materiale può essere stato creato da utenti in luogo con strumenti anche non professionali, come una videocamera di un telefono cellulare, e si concentra principalmete nel portare testimonianze di violazioni di diritti umani agli occhi del mondo. E' il sito gemello di the Hub, rispetto al quale però permette di utilizzare anche tecnologie di filmatura non professionistiche.

L'altro si chiama WikiLeaks, ed è una banca dati accessibile e modificabile da tutti gli utenti, come wikipedia, dove conservare documenti riservati di stati, eserciti, multinazionali, che sono in qualche modo trapelati (leaks, appunto) e che mostrano irregolarità o vere e prorie violazioni nella condotta di questi: fornisce inoltre una banca dati inestimabile per chi compie ricerca politico sociale.

L'informazione è potere, prendiamocela noi.
LINKS: http://www.witness.org/index.php
www.wikileaks.org
Nov 13, 2007
Responsabilità globali e crisi somala
La Somalia è ormai da 16 anni uno stato fallito.
Il territorio è diviso in aree controllate da milizie claniche, le lunghe coste sull'oceano indiano sono infestate da pirati, continui scontri hanno portato la capitale Mogadisho alla distruzione quasi completa, creando un flusso di milioni di rifugiati, ed almeno 1 milione e mezzo di persone che sopravvivono solo degli aiiuti della comunità internazionale, aiuti che spesso non possono essere consegnati per l'instabilità della situazione e l'inesistenza di infrastrutture nel paese.
Questo dramma ha ormai assunto i contorni del circolo vizioso; il paese è scivolato nella guerra civile con la caduta del trentennale regime dittatoriale di Siad Barre, e le violenze hanno convinto gli USA e l'ONU ad intervenire con le celebri missione UNOSOM e UNOSOM2, proseguite fino al 1994 e fallite a causa dell'approccio troppo militaristico della comunità internazionale in una situazione dove i legami clanici e familiari sono numerosi, complessi e decisivi.
Il fallimento della comunità internazionale è diventato evidente ed insostenibile dopo atti scioccanti per l'opinione pubblica come lo scempio dei cadaveri di militari americani dopo l'abbattimento di un elicottero da guerra (reso celebre nel film Black Hawk Down) e l'uccisione di militari italiani in violenti scontri al "checkpoint pasta", uno dei punti critici della capitale del paese, chiamato così per la vicinanza al pastificio aperto al ttempo del colonialismo italiano, e ha portato al disimpegno dal paese.
Negli ultimi 13 anni la Somalia è stata completamente abbandonata, col risultato di diventare campo base per le azioni in Africa di gruppi terroristi islamici, rafforzatisi tanto sul territorio da portare all'emergere delle coorti islamiche, un governo fondamentalista che negli ultimi mesi del 2006 ha riconquistato il paese portando una certa stabilità, ma anche un feroce estremismo nei costumi.
L'insorgenza delle coorti ha portato alla reazione immediata dei paesi interessati nell'area del corno d'Africa: gli Stati Uniti hanno appoggiato fortemente l'Etiopia e approvato l'invasione messa in atto da questa in gennaio 2007, che ha reinstallato il debole governo di transizione disperdendo le coorti.
Ma anche gli stati arabi e soprattutto l'Eritrea, nemico storico dell'Etiopia, sono intervenuti in Somalia, supportando le coorti islamiche ed armandole, col risultato di creare ancora più insicurezza ed instabilità nel paese martoriato.
Mogadisho è diventata una nuova meta del terrore violento che si accompagna al collasso delle istituzioni, come Baghdad, Kandahar, Quetta, Mosul, Grozny, e sempre più luoghi lungo la linea del fronte tra terrorismo islamico e miope intterventismo dell'occidente e dell'intera comunità internazionale.
Non è solo per la martoriata popolazione somala che c'è bisogno di ristabilire stabilità nella regione, ma anche in chiave di prevenzione delle incerdibili ingiustizie e disuguaglianze che sono la causa principale di estremismi e violenze.
Le soluzioni certo non sono semplici, in quantto il paese è ben oltre il collasso, ma il disinteresse degli ultimi 10 anni ha mostrato come non ci sia limite al crollo di una nazione e di un popolo, e di come questo crollo si accompagni a drammatiche conseguenze per tutti.
E' arrivato forse il momento di scegliere soluzioni innovative e coraggiose: la forma statuale ereditata dal colonialismo costringe gruppi clanici concorrenti a condividere il potere sul paese in ragione del nazionalismo comune, ma il caso della Somalia è solo il più evidente di come si sia giunti in alcune situazioni al fallimento dello stato-nazione, e si debbano ripensare i presupposti stessi dell'amministrazione di un territorio.
La Somalia può avere un futuro solo se si portanno accettare i risultati raggiunti dal Somaliland, la provincia autodichiaratasi indipendente a nord del paese, coincidente con l'area amministrata dal colonialismo britannico, che ha raggiunto un certo livello di stabilità e governance a discapito dl mancato riconoscimento da parte dela comunità internazionale, che si ostina a non voler riconoscere nuovi stati in Africa per evitare di fornire precedenti a lotte separatiste. Ma il Somaliland, a cui sono preclusi gli aiuti internazionali a causa della sua posizione giuridica, è riuscito a ricostruirsi ed amministrarsi con le proprie forze, creando un sistema che garantisce democrazia e partecipazione pur mantenendo strutture quali l'assemblea dei capi, eredità della organizzazione clanica.
Accettando come unica strada possibile il supporto militare al governo di transizione, per altro mai realmente scelto dalla popolazione vista l'impossibilità di tenere reali elezioni nel paese, solo per paura dell'alternativa islamica, gli USA, l'Etiopia e la comunità internazionale tutta stanno di fatto condannado volontariamente la popolazione somala a vivere in un limbo violento e instabile, ben lontani da qualsiasi condizione in grado di garantire almeno i diritti mani fondamentali.
E' davvero arrivato il momento di assumersi le responsabilità di governance globale che l'occidente ha finora voluto per sè per garantirsi prosperità economica e stabilità a scapito del resto del mondo.
E la Somalia non può e non deve più essere un buco nero nelle coscienze occidentali.




Per chi fosse interessato a Roma è in mostra l'esibizione fotografica "LA SOMALIA DELLA PACE" dal 7 novembre al 1° dicembre 2007, ore 10.00-18.00, Casa della Memoria e della Storia, via S. Francesco di Sales 5: le foto di questo post sono alcune di quelle esposte.
LINK: http://www.somalilandtimes.net/sl/2007/301/7.shtml
http://www.culturaroma.it/servizio/59/65/948/5798/5852/calendario_evento.asp
htthttp://www.blogger.com/img/gl.link.gifp://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7070750.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7074973.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7087736.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7067053.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7090225.stm
http://www.corriere.it/esteri/07_ottobre_29/somalia_guerra_scontri.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_12/somalia_scontri.shtml
Il territorio è diviso in aree controllate da milizie claniche, le lunghe coste sull'oceano indiano sono infestate da pirati, continui scontri hanno portato la capitale Mogadisho alla distruzione quasi completa, creando un flusso di milioni di rifugiati, ed almeno 1 milione e mezzo di persone che sopravvivono solo degli aiiuti della comunità internazionale, aiuti che spesso non possono essere consegnati per l'instabilità della situazione e l'inesistenza di infrastrutture nel paese.
Questo dramma ha ormai assunto i contorni del circolo vizioso; il paese è scivolato nella guerra civile con la caduta del trentennale regime dittatoriale di Siad Barre, e le violenze hanno convinto gli USA e l'ONU ad intervenire con le celebri missione UNOSOM e UNOSOM2, proseguite fino al 1994 e fallite a causa dell'approccio troppo militaristico della comunità internazionale in una situazione dove i legami clanici e familiari sono numerosi, complessi e decisivi.
Il fallimento della comunità internazionale è diventato evidente ed insostenibile dopo atti scioccanti per l'opinione pubblica come lo scempio dei cadaveri di militari americani dopo l'abbattimento di un elicottero da guerra (reso celebre nel film Black Hawk Down) e l'uccisione di militari italiani in violenti scontri al "checkpoint pasta", uno dei punti critici della capitale del paese, chiamato così per la vicinanza al pastificio aperto al ttempo del colonialismo italiano, e ha portato al disimpegno dal paese.
Negli ultimi 13 anni la Somalia è stata completamente abbandonata, col risultato di diventare campo base per le azioni in Africa di gruppi terroristi islamici, rafforzatisi tanto sul territorio da portare all'emergere delle coorti islamiche, un governo fondamentalista che negli ultimi mesi del 2006 ha riconquistato il paese portando una certa stabilità, ma anche un feroce estremismo nei costumi.
L'insorgenza delle coorti ha portato alla reazione immediata dei paesi interessati nell'area del corno d'Africa: gli Stati Uniti hanno appoggiato fortemente l'Etiopia e approvato l'invasione messa in atto da questa in gennaio 2007, che ha reinstallato il debole governo di transizione disperdendo le coorti.
Ma anche gli stati arabi e soprattutto l'Eritrea, nemico storico dell'Etiopia, sono intervenuti in Somalia, supportando le coorti islamiche ed armandole, col risultato di creare ancora più insicurezza ed instabilità nel paese martoriato.
Mogadisho è diventata una nuova meta del terrore violento che si accompagna al collasso delle istituzioni, come Baghdad, Kandahar, Quetta, Mosul, Grozny, e sempre più luoghi lungo la linea del fronte tra terrorismo islamico e miope intterventismo dell'occidente e dell'intera comunità internazionale.
Non è solo per la martoriata popolazione somala che c'è bisogno di ristabilire stabilità nella regione, ma anche in chiave di prevenzione delle incerdibili ingiustizie e disuguaglianze che sono la causa principale di estremismi e violenze.
Le soluzioni certo non sono semplici, in quantto il paese è ben oltre il collasso, ma il disinteresse degli ultimi 10 anni ha mostrato come non ci sia limite al crollo di una nazione e di un popolo, e di come questo crollo si accompagni a drammatiche conseguenze per tutti.
E' arrivato forse il momento di scegliere soluzioni innovative e coraggiose: la forma statuale ereditata dal colonialismo costringe gruppi clanici concorrenti a condividere il potere sul paese in ragione del nazionalismo comune, ma il caso della Somalia è solo il più evidente di come si sia giunti in alcune situazioni al fallimento dello stato-nazione, e si debbano ripensare i presupposti stessi dell'amministrazione di un territorio.
La Somalia può avere un futuro solo se si portanno accettare i risultati raggiunti dal Somaliland, la provincia autodichiaratasi indipendente a nord del paese, coincidente con l'area amministrata dal colonialismo britannico, che ha raggiunto un certo livello di stabilità e governance a discapito dl mancato riconoscimento da parte dela comunità internazionale, che si ostina a non voler riconoscere nuovi stati in Africa per evitare di fornire precedenti a lotte separatiste. Ma il Somaliland, a cui sono preclusi gli aiuti internazionali a causa della sua posizione giuridica, è riuscito a ricostruirsi ed amministrarsi con le proprie forze, creando un sistema che garantisce democrazia e partecipazione pur mantenendo strutture quali l'assemblea dei capi, eredità della organizzazione clanica.
Accettando come unica strada possibile il supporto militare al governo di transizione, per altro mai realmente scelto dalla popolazione vista l'impossibilità di tenere reali elezioni nel paese, solo per paura dell'alternativa islamica, gli USA, l'Etiopia e la comunità internazionale tutta stanno di fatto condannado volontariamente la popolazione somala a vivere in un limbo violento e instabile, ben lontani da qualsiasi condizione in grado di garantire almeno i diritti mani fondamentali.
E' davvero arrivato il momento di assumersi le responsabilità di governance globale che l'occidente ha finora voluto per sè per garantirsi prosperità economica e stabilità a scapito del resto del mondo.
E la Somalia non può e non deve più essere un buco nero nelle coscienze occidentali.




Per chi fosse interessato a Roma è in mostra l'esibizione fotografica "LA SOMALIA DELLA PACE" dal 7 novembre al 1° dicembre 2007, ore 10.00-18.00, Casa della Memoria e della Storia, via S. Francesco di Sales 5: le foto di questo post sono alcune di quelle esposte.
LINK: http://www.somalilandtimes.net/sl/2007/301/7.shtml
http://www.culturaroma.it/servizio/59/65/948/5798/5852/calendario_evento.asp
htthttp://www.blogger.com/img/gl.link.gifp://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7070750.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7074973.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7087736.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7067053.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7090225.stm
http://www.corriere.it/esteri/07_ottobre_29/somalia_guerra_scontri.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_12/somalia_scontri.shtml
Nov 6, 2007
Fast food nordcoreani
Choi Won-ho è sicuramente coraggioso: questo imprenditore sudcoreano, che gestisce una catena di fast food che sservono pollo fritto nel suo paese, sta per aprire il primo fast food nella confinante repubblica democratica popolare di Corea, ovvero la Corea del Nord.
Eh si, i segni della globalizzazione si fanno sentire anche al di sopra del 38 mo parallelo: l'élite urbana di Pyongyang, con sempre maggiore disponibilità di denaro da spendere, frutto delle pur caute aperture del paese al libero mercato, è un cliente tale da giustificare la complicata azione commerciale.
Durante gli ultimi giorni di ottobre il primo ministro nordcoreano si è recato in visita al Vietnam: ha goduto di eccezionale ospitalità, si è potuto dilungare nell'osservazione ravvicinata di aree portuali, miniere, fabbriche del paese del sud est asiatico, che per chi non lo sapesse sta facendo registrare i più alti tassi di crescita economica al mondo, supportati da grande stabilità politica: l'esempio perfetto di convivenza tra due sistemi, quello politico comunista con quello economico capitalista, strada che la Cina ha percorso per prima.
Questa visita, interessante e fruttuosa per enttrambe le parti, potrebbe addirittura portare alla visita di Kim Jong-Il in persona, se verranno risolti i problemi legati alla paura di volare del leader nordcoreano: da Pyongyang ad Hanoi sono infatti 70 ore di treno, attraversando l'intera Cina.
Forse l'inevitabile apertura al mondo dell'ultimo regime comunista al mondo non verrà procastinata ancora a lungo, e i beneficiari di questo fortunatamente non possono che essere in primo luogo i provati cittadini nordcoreani: questa apertura potrebbe avere il gusto, tra l'altro, di pollo fritto.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7068188.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7074704.stm
Eh si, i segni della globalizzazione si fanno sentire anche al di sopra del 38 mo parallelo: l'élite urbana di Pyongyang, con sempre maggiore disponibilità di denaro da spendere, frutto delle pur caute aperture del paese al libero mercato, è un cliente tale da giustificare la complicata azione commerciale.
Durante gli ultimi giorni di ottobre il primo ministro nordcoreano si è recato in visita al Vietnam: ha goduto di eccezionale ospitalità, si è potuto dilungare nell'osservazione ravvicinata di aree portuali, miniere, fabbriche del paese del sud est asiatico, che per chi non lo sapesse sta facendo registrare i più alti tassi di crescita economica al mondo, supportati da grande stabilità politica: l'esempio perfetto di convivenza tra due sistemi, quello politico comunista con quello economico capitalista, strada che la Cina ha percorso per prima.
Questa visita, interessante e fruttuosa per enttrambe le parti, potrebbe addirittura portare alla visita di Kim Jong-Il in persona, se verranno risolti i problemi legati alla paura di volare del leader nordcoreano: da Pyongyang ad Hanoi sono infatti 70 ore di treno, attraversando l'intera Cina.
Forse l'inevitabile apertura al mondo dell'ultimo regime comunista al mondo non verrà procastinata ancora a lungo, e i beneficiari di questo fortunatamente non possono che essere in primo luogo i provati cittadini nordcoreani: questa apertura potrebbe avere il gusto, tra l'altro, di pollo fritto.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7068188.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7074704.stm
Il sito che finanzia i poveri
MicroPlace (www.microplace.com) è un nuovo sito della compagnia eBay che finanzia i poveri.
L'innovazione è che i donatori sono in effetti investitori, e avranno indietro il proprio denaro con interessi tra l'1,5 ed il 3% in un periodo tra l'anno ed i 4 anni.
Il sito finanzia infatti progetti di microcredito (idea che è valsa al suo dreatore, Muhammad Yunus, il premio nobel), basati sull'assunto che i poveri, insolventi per le banche convenzionali, siano certamente in grado di restituire prestiti se questi vengono legati all'aumento delle capacità produttive del nucleo familiare, e quindi al disaffrancamento da una condizione di povertà.
E micro place ne da un'ulteriore conferma: le percentuali di restituzione dei prestiti sono superiori al 99%, rendendo questi canali di finanziamento addirittura più sicuri di quelli istituzionali (banche inglesi insegnano...).
La lotta alla povertà è possibile, anche con i mezzi del mercato che spesso la causano: i veri ostacoli sono scettiticmo, ignoranza e disinteresse.

LINK: www.microplace.com
http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/7060779.stm
L'innovazione è che i donatori sono in effetti investitori, e avranno indietro il proprio denaro con interessi tra l'1,5 ed il 3% in un periodo tra l'anno ed i 4 anni.
Il sito finanzia infatti progetti di microcredito (idea che è valsa al suo dreatore, Muhammad Yunus, il premio nobel), basati sull'assunto che i poveri, insolventi per le banche convenzionali, siano certamente in grado di restituire prestiti se questi vengono legati all'aumento delle capacità produttive del nucleo familiare, e quindi al disaffrancamento da una condizione di povertà.
E micro place ne da un'ulteriore conferma: le percentuali di restituzione dei prestiti sono superiori al 99%, rendendo questi canali di finanziamento addirittura più sicuri di quelli istituzionali (banche inglesi insegnano...).
La lotta alla povertà è possibile, anche con i mezzi del mercato che spesso la causano: i veri ostacoli sono scettiticmo, ignoranza e disinteresse.

LINK: www.microplace.com
http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/7060779.stm
Dittature ed estremismi: terrorismo in Azerbaijan
I servizi di sicurezza dell'Azerbaijan hanno dichiarato di aver sventato una serie di attentati programmati da un gruppo estremista islamico ed arrestato l'ex ufficiale dell'esercito a capo della cellula estremista.
In Azerbaijian l'estremismo è sempre stato poco presente, e si è limitato al nord est del paese, nella regione abitata da lesghini, vicina geograficamente e culturalmente al Daghestan ed alla Cecenia.
In Azerbaijan non si sono mai verificati attacchi terroristici, e la popolazine, musulmana sciita come il vicino Iran, ha ereditato dagli anni dell'Unione Sovietica una mentalità molto laica, ancora più che in Turchia.
L'islam in Azerbaijan è ben lontano dalla purezza, e viene influenzato da credenze preislamiche zoroastriane,e e sciamaniche, come nel caso del pellegrinaggio alla vetta del Besh Barmaq, la montagna dalle 5 dita, dove si incontrano donne che per pochi manat compiono benedizioni con pietre, archi di roccia o bottiglie di coca cola, e dove asceti vivono di meditazione e carità sulle vette del monte.


Il fondamentalismo fa proseliti tra i rifugiati della guerra del Karabakh, e in generale tra i poveri in una nazione che diverrà a breve una delle prime produttrici di petrolio al mondo, ricca anche di gas naturale, e con una strategica posizione sulle rive occidentali del Caspio.
Il problema quindi è legato alla disparità di condizioni, all'aumento della diseguaglianza in un paese che ha conosciuto il comunismo, ed all'autocrazia che causa tutto questo.
Il governo di Baku è di fatto un feudo familiare della famiglia Alijev, che tollera poco o nessun dissenso, reprimendo proteste dell'opposizione ed uccidendo o incarcerando giornalisti.
Sia l'Europa sia gli USA hanno interesse a mantenere la stabilità in Azerbaijan, quindi appoggiano di fatto il governo autocratico di Ilham Alijev, senza premere a sufficienza per una reale apertura alla democrazia ed al rispetto dei diritti civili nel paese.
Quando il primo kamikaze si sarà fatto esplodere a Baku sarà troppo tardi per bloccare la deriva totalitaria sul Caspio. E come capita spesso, le conseguenze si faranno sentire direttamente anche nella nostra Europa occidentale, ignara del rischio.
Da Baku parte il principale oleodotto che rifornisce di petrolio l'Europa, passando per georgia e Turchia; e l'Azerbaijan diventerebbe lo stato più vicino alle frontiere dell'UE ad avere un problema interno con il terrorismo islamico.
LINK:
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6247776.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/6218368.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7067945.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/1595228.stm
In Azerbaijian l'estremismo è sempre stato poco presente, e si è limitato al nord est del paese, nella regione abitata da lesghini, vicina geograficamente e culturalmente al Daghestan ed alla Cecenia.
In Azerbaijan non si sono mai verificati attacchi terroristici, e la popolazine, musulmana sciita come il vicino Iran, ha ereditato dagli anni dell'Unione Sovietica una mentalità molto laica, ancora più che in Turchia.
L'islam in Azerbaijan è ben lontano dalla purezza, e viene influenzato da credenze preislamiche zoroastriane,e e sciamaniche, come nel caso del pellegrinaggio alla vetta del Besh Barmaq, la montagna dalle 5 dita, dove si incontrano donne che per pochi manat compiono benedizioni con pietre, archi di roccia o bottiglie di coca cola, e dove asceti vivono di meditazione e carità sulle vette del monte.


Il fondamentalismo fa proseliti tra i rifugiati della guerra del Karabakh, e in generale tra i poveri in una nazione che diverrà a breve una delle prime produttrici di petrolio al mondo, ricca anche di gas naturale, e con una strategica posizione sulle rive occidentali del Caspio.
Il problema quindi è legato alla disparità di condizioni, all'aumento della diseguaglianza in un paese che ha conosciuto il comunismo, ed all'autocrazia che causa tutto questo.
Il governo di Baku è di fatto un feudo familiare della famiglia Alijev, che tollera poco o nessun dissenso, reprimendo proteste dell'opposizione ed uccidendo o incarcerando giornalisti.
Sia l'Europa sia gli USA hanno interesse a mantenere la stabilità in Azerbaijan, quindi appoggiano di fatto il governo autocratico di Ilham Alijev, senza premere a sufficienza per una reale apertura alla democrazia ed al rispetto dei diritti civili nel paese.
Quando il primo kamikaze si sarà fatto esplodere a Baku sarà troppo tardi per bloccare la deriva totalitaria sul Caspio. E come capita spesso, le conseguenze si faranno sentire direttamente anche nella nostra Europa occidentale, ignara del rischio.
Da Baku parte il principale oleodotto che rifornisce di petrolio l'Europa, passando per georgia e Turchia; e l'Azerbaijan diventerebbe lo stato più vicino alle frontiere dell'UE ad avere un problema interno con il terrorismo islamico.
LINK:
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6247776.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/6218368.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7067945.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/1595228.stm
Oct 28, 2007
Quanto costa una canna
Quando si parla di Afghanistan, si pensa tra l'altro alle immagini della lotta al narcotraffico, combattuta distruggendo piantagioni di papaveri da oppio in regioni del paese flagellate dalla povertà e dall'instabilità; vengono in mente le statistiche che informano del fatto che dalle pendici dell'Hindu Kush e dalle zone tribali lungo la frontiera pachistana arriva il 90%, nelle annate ricche il 95% dell'oppio mondiale, e di conseguenza dei suoi derivati, eroina e morfina.
Si conoscono le vie che attraverso Iran, Turchia e Balcani, o Tajikistan, Kazakhstan e Russia portano la piaga verso l'occidente.
Le immagini che associamo al consumo di hashish e marijuana sono invece molto meno drammatiche: nell'immaginario collettivo la produzione di queste piante avviene in regioni di stati come il Marocco, la Spagna, l'Europa dell'Est, se non addirittura nei giardini delle case di ragazzi di ogni regione d'Europa, o nei parchi pubblici delle città.
La crescita e la commercializzazione delle piante è vista alla stregua di una distilleria clandestina di grappe: chiaramente illegale, ma tutto sommato ammantata di un'aura quasi goliardica ed equosolidale.
Ed il consumo è ormai un'attività sociale, estremamente diffusa, certamente non innocua ma altrettanto certamente lontana dall'immagine che la "versione ufficiale" propone, demonizzandone le conseguenze. I circoli d'iformazione ufficiale, per poter sostenere la linea dura delle amministrazioni che ne criminalizzano l'uso, non può permettersi concessioni all'oggettività nella divulgazione, pena minare le basi su cui le politiche proibizioniste fondano la propria giustificazione.
Il problema è che in realtà ci sono molti più scheletri nell'armadio.
Le provincie afghane di Nangarhar, Badakhshan e Hilmand, tra le altre, producono ingenti quantità di marijuana ed hashish da tempo immemore, al fianco o anche in sotituzione del papavero da oppio, in confronto al quale richiedono meno acqua e lavoro.
L'uso di cannabinoidi è estremamente radicato in molte regioni dell'Afghanistan, nonostante questo sia in contrasto con l'islam, che proibisce l'uso di droghe. L'hashish viene comunemente e diffusamente usato come medicina per diversi mali dei bambini anche molto piccoli: come calmante, contro la diarrea, come antidolorifico. I problemi sociali legati alla dipendenza sono probabilmente molto più vasti di quello che affiora, sia per l'impossibilità di indagare a fondo il fenomeno date le precarie condizioni di sicurezza del paese, sia per il contemporaneo abuso diffuso di oppio e derivati, anche tra i bambini.
I contadini che scelgono di coltivare hashish e marijuana lo fanno perchè solo così possono riuscire a sfamare le proprie famiglie: 1000 metri quadri coltivati a marijuana rendono circa 120$/anno, contro i 170$ del papavero da oppio che richiede però più lavoro e costi più elevati, e soprattutto contro i 25$ se coltivati a grano, assolutamente insufficienti al mantenimento di una famiglia contadina media.
I narcotrafficanti, tra cui anche estremisti islamici e terroristi (no, i due termini non sono sinonimi come si crede spesso, esiste un'imporante differenza tra estremismo -ad es. i talebani- e terrorismo islamico -ad es. Al Quaeda- nelle modalità di azione, supporto popolare e finalità) concedono prestiti con tassi da usura ai contadini per l'acquisto delle sementi del papavero da oppio o di hashish e marijuana, e riacqustano la merce a prezzi molto bassi considerandone il valore finale, ma decisamente vantaggiosi per i contadini in rapporto a qualsiasi altro tipo di coltivazione.
Si crede che un'incredibile percentuale della marijuana e dell'hashish mondiale provengano dall'Afghanistan, forse addirittura il 70% del totale.
Questo vuol dire che ogni tre spinelli due proverranno probabilmente dall'Afghanistan, marchiati dal loro carico di sofferenza e oppressione, ed il loro costo sarà servito a giustificare e supportare un sistema criminale e pericoloso che priva individui dei propri diritti umani fondamentali.
I nostri comportamenti hanno spesso ricadute che possono non essere prevedibili e di immediata percezione: è dovere di ciascuno informarsi per capire le conseguenze dei propri gesti.
Lo sballo di un'ora vale tutto questo?
LINK: dati provenienti dal UNODC, agenzia delle Nazioni Unite per il controllo di droghe e criminalità
Si conoscono le vie che attraverso Iran, Turchia e Balcani, o Tajikistan, Kazakhstan e Russia portano la piaga verso l'occidente.
Le immagini che associamo al consumo di hashish e marijuana sono invece molto meno drammatiche: nell'immaginario collettivo la produzione di queste piante avviene in regioni di stati come il Marocco, la Spagna, l'Europa dell'Est, se non addirittura nei giardini delle case di ragazzi di ogni regione d'Europa, o nei parchi pubblici delle città.
La crescita e la commercializzazione delle piante è vista alla stregua di una distilleria clandestina di grappe: chiaramente illegale, ma tutto sommato ammantata di un'aura quasi goliardica ed equosolidale.
Ed il consumo è ormai un'attività sociale, estremamente diffusa, certamente non innocua ma altrettanto certamente lontana dall'immagine che la "versione ufficiale" propone, demonizzandone le conseguenze. I circoli d'iformazione ufficiale, per poter sostenere la linea dura delle amministrazioni che ne criminalizzano l'uso, non può permettersi concessioni all'oggettività nella divulgazione, pena minare le basi su cui le politiche proibizioniste fondano la propria giustificazione.
Il problema è che in realtà ci sono molti più scheletri nell'armadio.
Le provincie afghane di Nangarhar, Badakhshan e Hilmand, tra le altre, producono ingenti quantità di marijuana ed hashish da tempo immemore, al fianco o anche in sotituzione del papavero da oppio, in confronto al quale richiedono meno acqua e lavoro.
L'uso di cannabinoidi è estremamente radicato in molte regioni dell'Afghanistan, nonostante questo sia in contrasto con l'islam, che proibisce l'uso di droghe. L'hashish viene comunemente e diffusamente usato come medicina per diversi mali dei bambini anche molto piccoli: come calmante, contro la diarrea, come antidolorifico. I problemi sociali legati alla dipendenza sono probabilmente molto più vasti di quello che affiora, sia per l'impossibilità di indagare a fondo il fenomeno date le precarie condizioni di sicurezza del paese, sia per il contemporaneo abuso diffuso di oppio e derivati, anche tra i bambini.
I contadini che scelgono di coltivare hashish e marijuana lo fanno perchè solo così possono riuscire a sfamare le proprie famiglie: 1000 metri quadri coltivati a marijuana rendono circa 120$/anno, contro i 170$ del papavero da oppio che richiede però più lavoro e costi più elevati, e soprattutto contro i 25$ se coltivati a grano, assolutamente insufficienti al mantenimento di una famiglia contadina media.
I narcotrafficanti, tra cui anche estremisti islamici e terroristi (no, i due termini non sono sinonimi come si crede spesso, esiste un'imporante differenza tra estremismo -ad es. i talebani- e terrorismo islamico -ad es. Al Quaeda- nelle modalità di azione, supporto popolare e finalità) concedono prestiti con tassi da usura ai contadini per l'acquisto delle sementi del papavero da oppio o di hashish e marijuana, e riacqustano la merce a prezzi molto bassi considerandone il valore finale, ma decisamente vantaggiosi per i contadini in rapporto a qualsiasi altro tipo di coltivazione.
Si crede che un'incredibile percentuale della marijuana e dell'hashish mondiale provengano dall'Afghanistan, forse addirittura il 70% del totale.
Questo vuol dire che ogni tre spinelli due proverranno probabilmente dall'Afghanistan, marchiati dal loro carico di sofferenza e oppressione, ed il loro costo sarà servito a giustificare e supportare un sistema criminale e pericoloso che priva individui dei propri diritti umani fondamentali.
I nostri comportamenti hanno spesso ricadute che possono non essere prevedibili e di immediata percezione: è dovere di ciascuno informarsi per capire le conseguenze dei propri gesti.
Lo sballo di un'ora vale tutto questo?
LINK: dati provenienti dal UNODC, agenzia delle Nazioni Unite per il controllo di droghe e criminalità
Oct 26, 2007
Il volto della vergogna
Notizie sensazionali, emozioni di violenze in paesi lontani ed esotici, che combattono romanticamente per ottenere la libertà. Bocca piena di parole e belle frasi filosofiche, di inni alla libertà ed alla pace, dai nostri comodi salotti protetti.
E poi un'altra storia ci porterà in qualche altro remoto angolo della parte "di fuori" del nostro tormentato mondo, farà indignare le nostre liberali coscienze. E ci dimenticheremo dei drammi di prima, magari andremo in vacanza a vedere i paesaggi esotici e i volti stranieri ed accattivanti, infatuandoci con passioni puerili di meditazione e spiritualità consumata come un prodotto al supermercato, per riempire le nostre vuote anime viziate.
E il nostro disinteresse costa le vite dei poveri.
Adesso è stato il turno della Birmania e dei suoi monaci, domani si vedrà.
E poi un'altra storia ci porterà in qualche altro remoto angolo della parte "di fuori" del nostro tormentato mondo, farà indignare le nostre liberali coscienze. E ci dimenticheremo dei drammi di prima, magari andremo in vacanza a vedere i paesaggi esotici e i volti stranieri ed accattivanti, infatuandoci con passioni puerili di meditazione e spiritualità consumata come un prodotto al supermercato, per riempire le nostre vuote anime viziate.
E il nostro disinteresse costa le vite dei poveri.
Adesso è stato il turno della Birmania e dei suoi monaci, domani si vedrà.

Oct 21, 2007
Rivoluzioni di monaci e filtri all'informazione
La scorsa settimana, dopo la visita del Dalai Lama alla Casa Bianca per ricevere un'alta onorificenza dal governo americano, nel monastero di Drepung a Lhasa i monaci hanno iniziato a ridecorare la sala del loro capo spirituale, per onorarlo e manifestare il loro supporto alla causa del loro popolo. L'azione, illegale in Cina dal momento della fuga del sant'uomo in India quasi 50 anni fa, ha ovviamente portato ad una repressione da parte dell'esercito cinese, schierato a migliaia attorno ai centri religiosi tibetani.
L'esercito del popolo, mentre a Pechino si teneva il congresso del partito comunista, ha chiuso l'importante monastero di Drepung, reprimendo quella che indubbiamente era una forte provocazione.
Dopo le vicende birmane la Cina ha paura delle azioni non violente ma provocatorie dei monaci buddhisti: non a caso la scelta di non intervenire contro la repressione in Birmania da parte del governo di Pechino, costata piuttosto caro in termini di immagine, è da interpretare alla luce della paura di una propagazione alla sua irrequieta provincia himalayana delle richieste di democratizzazione, tanto più che i tibetani ed i birmani sono anche etnicamente affini.
La cosa sorprendente e disarmante è il silenzio mediatico sugli eventi: come mai una notizia legata a monaci dimostranti, così simile a quelle che hanno catalizzato l'attenzione su Rangoon, viene così completamente ignorata, quando chiaramente potrebbe stimolare l'attenzione del pubblico occidentale, anche grazie alla simpatia diffusa per la causa tibetana? Forse è questa la risposta: gli Stati Uniti, e con loro i governi occidentali, non possono permettersi di stuzzicare ulteriormente la Cina su questioni che evidentemente possono innervosirne il governo, in un momento in cui l'appoggio di Pechino su fronti ben più importanti come l'imminente risoluzione sul Kosovo, il disarmo nordcoreano e il nucleare iraniano è tanto essenziale quanto difficile da ottenere.
Spaventa vedere come chiare ragioni politiche siano così fortemente alla base del processo di scelta e censura delle informazioni.
LINK: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={6D57D555-85E3-41FF-ACE3-027BE8C6EE47}
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7057073.stm
L'esercito del popolo, mentre a Pechino si teneva il congresso del partito comunista, ha chiuso l'importante monastero di Drepung, reprimendo quella che indubbiamente era una forte provocazione.
Dopo le vicende birmane la Cina ha paura delle azioni non violente ma provocatorie dei monaci buddhisti: non a caso la scelta di non intervenire contro la repressione in Birmania da parte del governo di Pechino, costata piuttosto caro in termini di immagine, è da interpretare alla luce della paura di una propagazione alla sua irrequieta provincia himalayana delle richieste di democratizzazione, tanto più che i tibetani ed i birmani sono anche etnicamente affini.
La cosa sorprendente e disarmante è il silenzio mediatico sugli eventi: come mai una notizia legata a monaci dimostranti, così simile a quelle che hanno catalizzato l'attenzione su Rangoon, viene così completamente ignorata, quando chiaramente potrebbe stimolare l'attenzione del pubblico occidentale, anche grazie alla simpatia diffusa per la causa tibetana? Forse è questa la risposta: gli Stati Uniti, e con loro i governi occidentali, non possono permettersi di stuzzicare ulteriormente la Cina su questioni che evidentemente possono innervosirne il governo, in un momento in cui l'appoggio di Pechino su fronti ben più importanti come l'imminente risoluzione sul Kosovo, il disarmo nordcoreano e il nucleare iraniano è tanto essenziale quanto difficile da ottenere.
Spaventa vedere come chiare ragioni politiche siano così fortemente alla base del processo di scelta e censura delle informazioni.
LINK: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={6D57D555-85E3-41FF-ACE3-027BE8C6EE47}
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7057073.stm
Oct 19, 2007
Maldestro balzello o attacco alla libertà d'opinione? Pochezza del processo decisionale in Italia
Limitazione della libertà, o tentativo di imposizione di un nuovo balzello che dimostra l'incapacità di formulare in modo appropriato una legge da parte di questo governo? In ogni caso la maggioranza non ne esce bene.
La novità è, in sintesi, questa: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti.
Normalmnte non scrivo sulle questioni italiane, ma questa volta sotto attacco va l'unico ambito che può resistere alla imperante mediocrità dei media classici, l'universo dell'informazione dinamica online fatto da blog e siti d'informazione, che forza ad un innalzamento qualitativo le testate in digitale rispetto alla loro edizione cartacea o ancora di più rispetto all'informazione in video.
L'Italia può vantare la quarta lingua nell'universo blog, una conquista di cui essere orgogliosi e che dimostra come esista la volontà di resistere all'appiattimento culturale frutto di una continua tendenza consumistica all'accettazione passiva del pressapochismo. In buona o cattiva fede, questa è indiscutibilmente una dimostrazione di come l'attuale élite politica sia indiscriminatamente indietro rispetto ai tempi ed alle problematiche della società, e ne costituisca soltanto un freno allo sviluppo intelletuale e morale.
Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre "un disegno di legge per la nuova disciplina dell’editoria quotidiana, periodica e libraria, che conferisce al Governo una delega per l’emanazione di un testo unico finalizzato al riordino dell’intera legislazione del settore. In coerenza con i principi costituzionali in materia, la riforma promuove un crescente pluralismo ed un maggiore sostegno all’innovazione, all’occupazione, alla trasparenza delle provvidenze pubbliche; sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata."
"La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati"
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico". (comma 2)
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi (articolo 2, comma 3)
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative" (articolo 5)
LINK: http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial998077.html
La novità è, in sintesi, questa: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti.
Normalmnte non scrivo sulle questioni italiane, ma questa volta sotto attacco va l'unico ambito che può resistere alla imperante mediocrità dei media classici, l'universo dell'informazione dinamica online fatto da blog e siti d'informazione, che forza ad un innalzamento qualitativo le testate in digitale rispetto alla loro edizione cartacea o ancora di più rispetto all'informazione in video.
L'Italia può vantare la quarta lingua nell'universo blog, una conquista di cui essere orgogliosi e che dimostra come esista la volontà di resistere all'appiattimento culturale frutto di una continua tendenza consumistica all'accettazione passiva del pressapochismo. In buona o cattiva fede, questa è indiscutibilmente una dimostrazione di come l'attuale élite politica sia indiscriminatamente indietro rispetto ai tempi ed alle problematiche della società, e ne costituisca soltanto un freno allo sviluppo intelletuale e morale.
Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre "un disegno di legge per la nuova disciplina dell’editoria quotidiana, periodica e libraria, che conferisce al Governo una delega per l’emanazione di un testo unico finalizzato al riordino dell’intera legislazione del settore. In coerenza con i principi costituzionali in materia, la riforma promuove un crescente pluralismo ed un maggiore sostegno all’innovazione, all’occupazione, alla trasparenza delle provvidenze pubbliche; sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata."
"La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati"
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico". (comma 2)
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi (articolo 2, comma 3)
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative" (articolo 5)
LINK: http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial998077.html
Oct 17, 2007
Foto da Malta
Nuova galleria di foto da Malta sul mio sito di foto, all'indirizzo
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/malta.html
Oct 10, 2007
Genocidio armeno, libertà di negare e politica statunitense
Come è possibile scegliere di condurre una politica estera su base idealista, giustificando le proprie scelte con la necessità di un attivismo teso al superamento di ingiustizie sociali e politiche in altre regioni del mondo, e allo stesso tempo, per salvaguardare il buon scorreree deglie veneti in queste realtà arrivare a contraddire questi stessi principi ispiratori?
Ammettendo che la spinta ideologica nell'agire dell amministrazione Bush è sempre stata subordinata ad interessi politici ed economici di lobby, adesso si presenta il caso della risoluzione al congresso che dovrebbe arrivare a giudicare l'uccisione di quasi 2 milioni di armeni tra il 1915 ed il 1917 ad opera della Turchia ottomana come genocidio.
Bush stesso si è fermamente opposto alla risoluzione, per evitare di incorrere nelle ire della Turchia, importante alleato strategico nella guerra in Iraq.
Questo ha molte conseguenze: rallenterà il già difficile processo di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea, per cui il riconoscimento del genocidio è condizione finora considerata prioritaria; fa di Bush un potenziale criminale secondo la legge francese (chiaramente non è plausibile che ne debba soffrire consguenze, si parla solo in via teorica), in quanto a Parigi il negazionismo di un crimine contro l'umanità è, come in Germania, un reato penale, ed il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto dal governo.
Al di là dell'ipocrisia dell'amministrazione repubblicana in America, l'impasse svela diversi approcci alla memoria storica: chi come la Francia o la Germania preferisce punire il revisionismo, e chi come l'Italia e la Svezia si oppone a questo in nome della libertà di espressione.
Ma forse questo diventa relativismo morale.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7038095.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6386625.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6336513.stm
Ammettendo che la spinta ideologica nell'agire dell amministrazione Bush è sempre stata subordinata ad interessi politici ed economici di lobby, adesso si presenta il caso della risoluzione al congresso che dovrebbe arrivare a giudicare l'uccisione di quasi 2 milioni di armeni tra il 1915 ed il 1917 ad opera della Turchia ottomana come genocidio.
Bush stesso si è fermamente opposto alla risoluzione, per evitare di incorrere nelle ire della Turchia, importante alleato strategico nella guerra in Iraq.
Questo ha molte conseguenze: rallenterà il già difficile processo di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea, per cui il riconoscimento del genocidio è condizione finora considerata prioritaria; fa di Bush un potenziale criminale secondo la legge francese (chiaramente non è plausibile che ne debba soffrire consguenze, si parla solo in via teorica), in quanto a Parigi il negazionismo di un crimine contro l'umanità è, come in Germania, un reato penale, ed il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto dal governo.
Al di là dell'ipocrisia dell'amministrazione repubblicana in America, l'impasse svela diversi approcci alla memoria storica: chi come la Francia o la Germania preferisce punire il revisionismo, e chi come l'Italia e la Svezia si oppone a questo in nome della libertà di espressione.
Ma forse questo diventa relativismo morale.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7038095.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6386625.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6336513.stm
Dignità dei popoli e diritti umani
Un momento della manifestazione della minoranza russa a Riga per chiedere il riconoscimento del russo quale seconda lingua ufficiale in Lettonia

Vetrina al museo dell'occupazione russa, Riga

L'eredità sovietica ha lasciato alla Lettonia una composizione etnica divisa quasi egualmente tra lettoni e russi. Questi ultimi, in leggera minoranza, rappresentano però la maggioranza a Riga e nelle 3 maggiori città del paese.
La caduta dell'Unione Sovietica ha portato la Lettonia all'indipendenza, nuovamente dopo il periodo tra le guerre mondiali: con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e con il patto di spartizione dell'Europa orientale ttra Molotov e Ribbentrop, la Lettonia è stata occupata così come i suoi vicini dall'URSS, e susseguentemente annessa, in un atto chiaramente contrario al diritto internazionale.
E' quindi comprensibile come la Lettonia indipendente si sia mossa nella direzione di liberarsi dell'eredità culturale lasciata dall'Unione, scegliendo il lettone come unica lingua ufficiale, e concedendo la cittadinanza automatica solo a coloro che discendevano dai cittadini dello stato d'anteguerra, invaso dall'URSS. Per ggli altri è tuttora richiesto un esame di conoscenza della lingua e della storia locale, cosicchè una larga parte della comunità russa vive di fatto come stranieri residenti, quasi apolide, e privata del diritto alla rappresentanza politica.
Quali diritti devono avere la priorità? i diritti di un popolo, sicuramente vantati contro l'etnia di coloro che li hanno negati a lungo, o i diritti umani fondamentali degli individui, magari nati e cresciuti da generazioni in un territorio che di colpo diviene terra straniera?
Credo che questi ultimi debbano indiscutibilmente risultare preminenti, anche a scapito di particolarismi locali o pretese di autonomia, in qualsiasi realtà: non esiste altro valore principe che quello del diritto dell'individuo, che qui diventa base fondante di una società di pololi basata sulla molteplicità, superamento del modello dello stato nazionale.
LINK: dall'euroblog del giornalista inglese Mark Mardell, BBC; http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/10/stateless.html
Vetrina al museo dell'occupazione russa, Riga
L'eredità sovietica ha lasciato alla Lettonia una composizione etnica divisa quasi egualmente tra lettoni e russi. Questi ultimi, in leggera minoranza, rappresentano però la maggioranza a Riga e nelle 3 maggiori città del paese.
La caduta dell'Unione Sovietica ha portato la Lettonia all'indipendenza, nuovamente dopo il periodo tra le guerre mondiali: con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e con il patto di spartizione dell'Europa orientale ttra Molotov e Ribbentrop, la Lettonia è stata occupata così come i suoi vicini dall'URSS, e susseguentemente annessa, in un atto chiaramente contrario al diritto internazionale.
E' quindi comprensibile come la Lettonia indipendente si sia mossa nella direzione di liberarsi dell'eredità culturale lasciata dall'Unione, scegliendo il lettone come unica lingua ufficiale, e concedendo la cittadinanza automatica solo a coloro che discendevano dai cittadini dello stato d'anteguerra, invaso dall'URSS. Per ggli altri è tuttora richiesto un esame di conoscenza della lingua e della storia locale, cosicchè una larga parte della comunità russa vive di fatto come stranieri residenti, quasi apolide, e privata del diritto alla rappresentanza politica.
Quali diritti devono avere la priorità? i diritti di un popolo, sicuramente vantati contro l'etnia di coloro che li hanno negati a lungo, o i diritti umani fondamentali degli individui, magari nati e cresciuti da generazioni in un territorio che di colpo diviene terra straniera?
Credo che questi ultimi debbano indiscutibilmente risultare preminenti, anche a scapito di particolarismi locali o pretese di autonomia, in qualsiasi realtà: non esiste altro valore principe che quello del diritto dell'individuo, che qui diventa base fondante di una società di pololi basata sulla molteplicità, superamento del modello dello stato nazionale.
LINK: dall'euroblog del giornalista inglese Mark Mardell, BBC; http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/10/stateless.html
Quanto vale una pace
La creazione della zona di pace lungo la costa pacifica della penisola coreana, frutto dell'incontro tra il presidente sudcoreano Roh-Moo Hyun ed il suo omologo del nord Kim Jong-Il, rappresenta un traguardo storico. Supera, per la prima volta in 54 anni, l'armistizio che nel 1953 aveva posto fine alla sanguinosa guerra di Corea.
Tutte le parti in causa nella delicata trattativa diplomatica sono uscite vincenti. Il dittatore della monarchia comunista nordcoreana, Kim Jong Il, è riuscito ad ottenere quegli aiuti in petrolio, cibo e riduzione di sanzioni che forniranno il supporto al regime per sopravvivere, in cambio dello smantellamento delle proprie sovrastimate infrastrutture nucleari. La Corea del sud, con la sua linea pragmatica alle questioni legate al fratello settentrionale, si è assicurata la stabilità e la pacificazione, oltre che un'area di sviluppo speciale dove sfruttare la manovalanza a basso costo del vicino comunista per alimentare la propria crescita produttiva. La Cina, incombente potenza regionale e protettore del regime di Pyongyang, ha premuto perchè si stemperasse la tensione seguita ai test nucleari dello scorso anno, ed in cambio ha ottenuto anch'essa manovalanza a basso costo per la propria produzione ed un vicino alleato sicuramente più gradevole di un eventuale Corea unita democratica nella sfera d'influenza USA.
Anche gli Stati Uniti ne guadagnano: Bush mette a segno una vittoria diplomatica assolutamente necessaria alla scricchiolante causa repubblicana, e potrà vantare di aver portato il regime nordcoreano alla ragione ed allo smantellamennto del suo pericoloso arsenale nucleare, più volte indicato come possibile origine di armi di sterminio di massa in mano a gruppi terroristici.
Quello che però i colloqui e gli accordi hanno tralasciato sono le pressioni per un maggiore rispetto dei diritti umani, prima preoccupazione nella situazione del paese isolazionista. Mentre questi accordi cercano di neutralizzare la minaccia internazionale rappresentata dalla Corea comunista, sull'altare sacrificale alla causa sono stati messi gli incolpevoli cittadini, già provati da anni di carestie e di alienante dittatura. Per la comunità internazionale evidentemente la migliore soluzione contro i gravi crimini perpetrati dal regime contro i propri cittadini, non ultima l'assoluta mistificazione della realtà, è soltanto il temporeggiare.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7030018.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7026759.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7029819.stm
Tutte le parti in causa nella delicata trattativa diplomatica sono uscite vincenti. Il dittatore della monarchia comunista nordcoreana, Kim Jong Il, è riuscito ad ottenere quegli aiuti in petrolio, cibo e riduzione di sanzioni che forniranno il supporto al regime per sopravvivere, in cambio dello smantellamento delle proprie sovrastimate infrastrutture nucleari. La Corea del sud, con la sua linea pragmatica alle questioni legate al fratello settentrionale, si è assicurata la stabilità e la pacificazione, oltre che un'area di sviluppo speciale dove sfruttare la manovalanza a basso costo del vicino comunista per alimentare la propria crescita produttiva. La Cina, incombente potenza regionale e protettore del regime di Pyongyang, ha premuto perchè si stemperasse la tensione seguita ai test nucleari dello scorso anno, ed in cambio ha ottenuto anch'essa manovalanza a basso costo per la propria produzione ed un vicino alleato sicuramente più gradevole di un eventuale Corea unita democratica nella sfera d'influenza USA.
Anche gli Stati Uniti ne guadagnano: Bush mette a segno una vittoria diplomatica assolutamente necessaria alla scricchiolante causa repubblicana, e potrà vantare di aver portato il regime nordcoreano alla ragione ed allo smantellamennto del suo pericoloso arsenale nucleare, più volte indicato come possibile origine di armi di sterminio di massa in mano a gruppi terroristici.
Quello che però i colloqui e gli accordi hanno tralasciato sono le pressioni per un maggiore rispetto dei diritti umani, prima preoccupazione nella situazione del paese isolazionista. Mentre questi accordi cercano di neutralizzare la minaccia internazionale rappresentata dalla Corea comunista, sull'altare sacrificale alla causa sono stati messi gli incolpevoli cittadini, già provati da anni di carestie e di alienante dittatura. Per la comunità internazionale evidentemente la migliore soluzione contro i gravi crimini perpetrati dal regime contro i propri cittadini, non ultima l'assoluta mistificazione della realtà, è soltanto il temporeggiare.
LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7030018.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7026759.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7029819.stm
Oct 9, 2007
Amarcord lusitano
Viaggio semi onirico in una Lisbona d'altri tempi








Per altre foto dal Portogallo questo è il link allla galleria sul mio sito:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallerie3.html
Per altre foto dal Portogallo questo è il link allla galleria sul mio sito:
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Sep 28, 2007
Globalizzazione dell'instabilità: tensione tra Siria e Israele, e il ruolo della Corea del Nord
12 settembre, un caccia israeliano entra in territorio siriano, sorvola l'intero ppaese fino al confine turco a nord, per poi rientrare in Israele.
I media di stato siriani danno l'annuncio-denuncia, e affermano di aver risposto con la contraerea.
Questo è tutto quello che è trapelato sull'incidente.
Ma un fatto del genere sarebbe più che sufficiente quanto meno per rivendicazioni e denunce al consiglio dell'ONU, probabilmente potrebbe creare almeno imbarazzo nel governo israeliano, se non addirittura giustificare una rappresaglia militare.
Come mai quindi nell'infuocato clima di tensione in medio oriente il tutto è stato tenuto sotto silenzio?
Israele ha il vantaggio sui vicini di essere uno stato democratico, con una pluralità di correnti interne tutte capaci di far sentire la propria opinione e con le proprie fonti di notizie riservate: molto raramente si è assistito ad un'operazione militare non seguita da fuga di notizie e particolari sulle cause e sulle conseguenze del gesto. Ma in questo caso nulla è trapelato.
Vi è un terzo attore nella vicenda: il regime comunist della Corea del Nord ha in Siria tecnici militari che stanno aiutando il paese arabo a sviluppare una tecnologia missilistica all'avanguardia.
Il tempismo dell'evento può far supporre alcune interpretazioni: sta per aprirsi il secondo round di colloqui tra il gruppo di contatto ed il regime di Pyongyang sullo smantellamento dell'arsenale nucleare del paese.
Ora, la Corea è un paese impoverito, alla disperata ricerca di sorgenti di valuta forte per pagare i propri conti, tanto da bluffare al rialzo sul proprio potenziale nucleare, in modo da creare una tensione tale da permettergli di guadagnare un potere maggiore nelle trattative di scambio: più aiuti in cambio dello smantellamento di un parco nucleare dall'efficacia quanomeno dubbia.
Costruire un'infrastruttura nucleare non è certo economico, soprattutto per uno stato ridotto alla soglia della bancarotta. Il valore del materiale nucleare e della tecnologia ad esso collegata è ancora alto, e Pyongyang deve trovare il modo di massimizzare i guadagni, rivendendo quanto più possibile del materiale acquistato a suo tempo dal Pakistan.
E qui potrebbe entrare la Siria, interessata a sviluppare in segreto, coperta dal rumore proveniente dal vicino Iran, una tecnologia militare nucleare.
Se così fosse, come credono diversi analisti, si tratterebbe del primo caso accertato di rilocazione su scala globale di materiale bellico nucleare in segreto, cioè quello che gli USA hanno sempre dichiarato essere il maggior rischio della globalizzazione delle reti terroristiche.
Ed il silenzio che sia il Mossad sia la CIA sono riusciti a imporre alla questione sembra avvalorare ulteriormente la tesi: il rischio è troppo alto e reale (al contrario del caso iraniano), per cui bisogna agire per neutralizzare la minaccia per vie informali, bypassando le sabbie mobili del consiglio di sicurezza dell'ONU. Forse il silenzio da entrambe le parti, unito alla mancata comunicazione da parte siriana dell'abbattimento del caccia israeliano, potrebbe far credere ad un esito almeno parzialmente positivo dell'operazione.
O forse, considerando la poca oculatezza nella scelta della locazione che dimostrerebbe la Siria piazzando un impianto nucleare al confine turco, l'obiettivo colpito porebbe essere stato qualcosa di meno evidente e più mobile, come un deposito dove veniva stivata parte di un potenziale ordigno, pronto a passare rapidamente la frontiera.
LINK (dalla BBC in inglese):
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7000717.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6982331.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6981674.stm
I media di stato siriani danno l'annuncio-denuncia, e affermano di aver risposto con la contraerea.
Questo è tutto quello che è trapelato sull'incidente.
Ma un fatto del genere sarebbe più che sufficiente quanto meno per rivendicazioni e denunce al consiglio dell'ONU, probabilmente potrebbe creare almeno imbarazzo nel governo israeliano, se non addirittura giustificare una rappresaglia militare.
Come mai quindi nell'infuocato clima di tensione in medio oriente il tutto è stato tenuto sotto silenzio?
Israele ha il vantaggio sui vicini di essere uno stato democratico, con una pluralità di correnti interne tutte capaci di far sentire la propria opinione e con le proprie fonti di notizie riservate: molto raramente si è assistito ad un'operazione militare non seguita da fuga di notizie e particolari sulle cause e sulle conseguenze del gesto. Ma in questo caso nulla è trapelato.
Vi è un terzo attore nella vicenda: il regime comunist della Corea del Nord ha in Siria tecnici militari che stanno aiutando il paese arabo a sviluppare una tecnologia missilistica all'avanguardia.
Il tempismo dell'evento può far supporre alcune interpretazioni: sta per aprirsi il secondo round di colloqui tra il gruppo di contatto ed il regime di Pyongyang sullo smantellamento dell'arsenale nucleare del paese.
Ora, la Corea è un paese impoverito, alla disperata ricerca di sorgenti di valuta forte per pagare i propri conti, tanto da bluffare al rialzo sul proprio potenziale nucleare, in modo da creare una tensione tale da permettergli di guadagnare un potere maggiore nelle trattative di scambio: più aiuti in cambio dello smantellamento di un parco nucleare dall'efficacia quanomeno dubbia.
Costruire un'infrastruttura nucleare non è certo economico, soprattutto per uno stato ridotto alla soglia della bancarotta. Il valore del materiale nucleare e della tecnologia ad esso collegata è ancora alto, e Pyongyang deve trovare il modo di massimizzare i guadagni, rivendendo quanto più possibile del materiale acquistato a suo tempo dal Pakistan.
E qui potrebbe entrare la Siria, interessata a sviluppare in segreto, coperta dal rumore proveniente dal vicino Iran, una tecnologia militare nucleare.
Se così fosse, come credono diversi analisti, si tratterebbe del primo caso accertato di rilocazione su scala globale di materiale bellico nucleare in segreto, cioè quello che gli USA hanno sempre dichiarato essere il maggior rischio della globalizzazione delle reti terroristiche.
Ed il silenzio che sia il Mossad sia la CIA sono riusciti a imporre alla questione sembra avvalorare ulteriormente la tesi: il rischio è troppo alto e reale (al contrario del caso iraniano), per cui bisogna agire per neutralizzare la minaccia per vie informali, bypassando le sabbie mobili del consiglio di sicurezza dell'ONU. Forse il silenzio da entrambe le parti, unito alla mancata comunicazione da parte siriana dell'abbattimento del caccia israeliano, potrebbe far credere ad un esito almeno parzialmente positivo dell'operazione.
O forse, considerando la poca oculatezza nella scelta della locazione che dimostrerebbe la Siria piazzando un impianto nucleare al confine turco, l'obiettivo colpito porebbe essere stato qualcosa di meno evidente e più mobile, come un deposito dove veniva stivata parte di un potenziale ordigno, pronto a passare rapidamente la frontiera.
LINK (dalla BBC in inglese):
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7000717.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6982331.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6981674.stm
Lacrime amare
E' arrivata l'attesa repressione.
Disarmati monaci e comuni cittadini di uno degli stati più poveri dell'Asia sono stati picchiati e arrestati mentre chiedevano al tiranno di dargli la possibilità di continuare a vivere seppur negli stenti e nelle difficolta.
Quella in Birmania non è una protesta ideologica: non sono i Khmer rouge o i maoisti nepalesi che stanno cercando di opporsi ad un governo aguzzino nel nome di astratti ideali, ma comuni cittadini, impegnati con tutte le proprie forze nella lotta per la quotidiana sopravvivenza.
Quello che chiedono è che il prezzo della benzina possa tornare nella norma, così che la maggior parte della popolazione possa tornare a permettersi una corsa in autobus.
Il sangue sparso sull'asfalto delle strade di Rangoon è la vittoria della crudeltà umana, senza maschere ideologiche che possano ipnotizzare l'osservatore distratto.
Disarmati monaci e comuni cittadini di uno degli stati più poveri dell'Asia sono stati picchiati e arrestati mentre chiedevano al tiranno di dargli la possibilità di continuare a vivere seppur negli stenti e nelle difficolta.
Quella in Birmania non è una protesta ideologica: non sono i Khmer rouge o i maoisti nepalesi che stanno cercando di opporsi ad un governo aguzzino nel nome di astratti ideali, ma comuni cittadini, impegnati con tutte le proprie forze nella lotta per la quotidiana sopravvivenza.
Quello che chiedono è che il prezzo della benzina possa tornare nella norma, così che la maggior parte della popolazione possa tornare a permettersi una corsa in autobus.
Il sangue sparso sull'asfalto delle strade di Rangoon è la vittoria della crudeltà umana, senza maschere ideologiche che possano ipnotizzare l'osservatore distratto.

Sep 27, 2007
Sep 26, 2007
Calendario 2008

E' disponibile il mio nuovo calendario per il 2008, "Frammenti d'Asia": potete ordinarlo qui: http://stores.lulu.com/giuseppecipriani
It's now available my new 2008 calendar, "Frammenti d'Asia" (fragments of Asia): you can order it here: http://stores.lulu.com/giuseppecipriani
Sep 25, 2007
Birmania: la voce dei poveri contro l'oppressione



Quello che sta succedendo di questi giorni in Birmania è una rivoluzione in fieri, ed ha la massima importanza poichè riguarda uno dei regimi più repressivi e crudeli al mondo. I monaci buddhisti, somma autorità morale del paese, hanno deciso di reagire allo schiacciante totalitarismo e privazione dei diritti umani da parte della giunta militare golpista al governo da 45 anni.
Come ha magnificamente descritto Ryszard Kapuscinski nel suo Shah-in-Shah (sulla rivoluzione del 79 in Iran), la popolazione si abitua alle sofferenze ed alla repressione, e regagisce con proteste più o meno convinte ad ogni inasprimento delle condizioni di vita. La violenza del regime ne limita la capacità di reazione, attraverso la paura. Arriva però il momento in cui le condizioni richiedono una reazione, e si inizia a protestare, prima in piccoli gruppi, poi sempre in numero crescente, fino a quando il regime, impaurito e feroce, reprime nel sangue la protesta, sua potenziale nemesi. Ma la repressione violenta del dissenso pubblico può divenire la genesi della rivoluzione: il manifestante continua a protestare, con più forza e disperazione dopo ogni nuovo bagno di sangue, fino a quando non è in piedi di fronte al soldato che deve sparare sulla folla, lo guarda negli occhi, lo confronta da pari, mostra e capisce di aver vinto la paura. Il rapporto di forza cambia, non dipende solo dalle armi e dagli strumenti di offesa.
In Birmania, terra di religione e scaramanzia, dove gli oracoli vengono consultati per prendere le decisioni più importanti di governo, una profezia vuole che l'unione dei tre figli porterà il paese alla libertà: questi tre figli sono i monaci, i giovani ed i soldati. E due dei tre si stanno già unendo.
L'importanza dello sforzo del popolo birmano per la propria libertà è assoluta: dimostra l'universale tensione alla libertà e reazione all'oppressione dei popoli, contraddicendo le pretese particolaristiche avanzate da quei governi, tra cui la Cina, che vogliono bollare questi come valori occidentali, in parte alieni o non percepiti come importanti dalle poloazioni d'Asia.
Dimostra anche che non è necessaria una guerra "al terrorismo" per liberare popoli da regimi crudeli ed oppressivi, ma che servono l'informazione sulle condizioni di vita nel paese e il rifiuto della comunità internazionale di supportare in qualunque forma gli aguzzini al governo (non solo attraverso sanzioni, ma anche attraverso la cessazione di ogni cooperazione economica con i regimi fuorilegge: basti pensare che la maggior parte dei lungometraggi d'animazione visti in Europa e Nord America sono animati in Corea del Nord per sfruttare il bassissimo costo della manodopera nel paese).
Solidarietà alla lotta Birmana per la propria libertà dall'oppressione.
LINK: Corriere della Sera http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/09_Settembre/25/birmania_monaci.shtml
Repubblica http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/myanmar-aung/monaci-in-piazza/monaci-in-piazza.html
BBC (in inglese) http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7011655.stm
Sep 14, 2007
La visione dello stato nei regimi comunisti
Le società a regime comunista, con forse la sola eccezione della Jugoslavia dagli anni ‘60 all’inizio degli anni ‘90, non ricadono nella definizione di John Rawls di “società a democrazia costituzionale ragionevolmente giusta”, in quanto non ne presentano alcune delle condizioni necessarie.
La concezione politica della giustizia è viziata dalla priorità assegnata alle pretese del bene generale sulle libertà fondamentali dell’individuo; la sfera politica viene determinata da una dottrina comprensiva e quindi da idee morali non disponibili al singolo cittadino; la concezione politica esclude a priori la tolleranza, attraverso l’uso di una struttura monopartitica. Le condizioni che invece possono essere generalmente ritrovate nella struttura delle società comuniste sono la praticabilità ed applicabilità dei principi giuridici agli ordinamenti politici e sociali, il processo di acquisizione del senso di giustizia attraverso la vita sociale (in questo caso dobbiamo però notare come il pluralismo nelle istituzioni sia da intendersi sempre all’interno di un’unica e centralizzata sttruttura di potere, ovvero il partito), e l’esistenza di una condivisa concezione politica della giustizia.
Una delle caratteristiche comuni agli stati comunisti è la presenza di una propaganda a tema politico e sociale con il compito di fornire un’immagine ideale dello sttato sia verso l’interno sia all esterno di esso. Questo compito comprende una funzione di educazione alla politica, in regimi retti da una struttura creata secondo una dottrina a priori, che quindi abbisogna di essere conosciuta, accettata e seguita dall’intera popolazione. Gli strumenti della propaganda includono certamente la manipolazione della realtà, ottenuta sia attraverso uno stretto controllo dell’informazione sia attraverso l’uso di slogan ed immagini capaci di modellare la visione politica e sociale degli individui.
In questo post voglio analizzare la struttura e la morale delle società create dalle macchine propagandistiche in tre dei paesi dove questo fenomeno ha avuto maggior ripercussione, l’Unione Sovietica, la Cina maoista e la Corea del Nord, ovvero quali criteri di giustizia sociale e politica vengono seguiti nella creazione di una società ideale.
L’UNIONE SOVIETICA
L’ufficio in carica della propaganda in URSS era l’Agitprop, istituito immediatamente dopo la rivoluzione d’ottobre. Già durante la guerra civile seguita alla rivoluzione l’agitprop organizzava treni che percorrevano il paese portando in scena spettacoli teatrali a soggetto politico che illustravano alle masse illetterate la dottrina rivoluzionaria, il comunismo che Zinoviev battezzerà leninista dopo la morte del leader, e ne promettevano i vantaggi.
Il marxismo-leninismo basa la propria visione politica sul concetto di centralismo democratico, concetto che rimarrà caposaldo della politica sovietica fino alla disgregazione. Anche nella sua visione ideale questo intende un governo limitato al partito in carica, entro il quale i membri possono discutere democraticamente la via da seguire ma le cui decisioni sono incontrovertibili e debbono ricever supporto unanime. Partendo da questo punto, che la macchina propagandistica ha sempre sostenuto con estremo vigore, possiamo notare come la sfera politica rimanga la stessa nella società reale ed in quella idealizzata, fallendo quindi di soddisfare il criterio di indipendenza e pluralità ma rimanendo guidata da una dottrina comprensiva.
Per quel che riguarda l’amministrazione della giustizia, la propaganda di fatto rafforzava la priorità del bene comune rispetto ai diritti dell’individuo, anche se si sottolineavano con costanza i maggiori benefici di cui i cittadini avrebbero goduto in quanto partecipanti alla creazione di quel supremo bene comune rappresentato dal socialismo reale. Pur non soddisfando appieno il criterio secondo la teorizzazione di Rawls quindi, si potrebbe ciononostante accettare l’esperienza sovietica in questo ambito in quanto almeno nella sua versione ideale i diritti fondamentali degli individui sarebbero stati garantiti anche se in quanto parte del bene superiore da raggiungere come collettività.
Quello della tolleranza è però forse il crietrio che più diverge nella realtà e nella finzione propagandistica. Mentre il partito unico rimarrà una struttura gerarchica, poco dinamica, difficilmente permeabile dall’esterno, avvalendosi di sistemi coercitivi quali la famigerata polizia politica (KGB) e la repressione (gulag e pogrom) per mettere a tacere il dissenso e tutelare il proprio controllo assoluto sullo stato, l’immagine creata dalla macchina propagandistica cercherà di rafforzare la struttura gerarchica dal basso teorizzata da Lenin (Vladimir Lenin, Stato e Rivoluzione) e basata sul concetto di democrazia diretta del proletariato organizzato su base locale in consigli (Soviet). E’ chiaro come la differenza sia centrale nella gestione effettiva del potere e nella possibilità di partecipazione ad esso da parte dei cittadini.
LA CINA MAOISTA
La Repubblica Popolare Cinese ha mantenuto la dottrina marxista-leninista maoista come principio guida dell’agire del partito comunista cinese dal 1949 fino alla fine della rivoluzione culturale e la morte di Mao, dopodichè questa è rimasta base teorica fondante del partito, ma è stata gradualmente sostituita nella pratica da una forma guidata di capitalismo.
La teoria si discosta dallo stalinismo sovietico in quanto assume che la rivoluzione debba cercare supporto nelle masse contadine precedentemente vittime di retaggi feudali, e che quindi necessiti per poter avere successo della guida del partito comunista, quale motore di quella che Mao chiama rivoluzione continua (Mao Zedong, Mao Zedong sixiang).
L’organo del partito destinato alla propaganda, il dipartimento centrale di partito per la comunicazione, aveva l’incarico di controllare e manipolare qualsiasi forma di comunicazione così che fosse in linea con le direttive del comitato centrale del partito, e quindi dello stesso Mao.
In questo quadro quindi l’esperienza cinese risulta ancora più estrema rispetto a quella sovietica anche sul piano ideale, in quanto la predominanza del bene comune sui diritti dell’individuo è tale che non si ritiene necessario creare delle strutture di rappresentanza diretta, benchè fittizie come nell’URSS. La RPC non utilizza elezioni come fonte di consenso, per quanto plebiscitario, nè tantomeno sostiene anche in teoria la possibilità di esistenza di dissenso o discussione all’interno della struttura di potere del partito, considerato guida infallibile ed imprescindibile del governo dello stato. Per questo neanche la propaganda fornisce una immagine del paese tale da poter soddisfare alcuno dei tre criteri comunemente diistattesi dalle società comuniste.
LA COREA DEL NORD
“Gli irredimibili erano tutti ergastolani, sapevano che non avrebbero più lasciato il campo. Non importa quanto i loro cuori avrebbero continuato a battere, o i loro polmoni a respirare, non avrebbero mai più vissuto come cittadini. I loro figli avrebbero sofferto lo stesso destino. Come la propaganda ufficiale non si stancava di ricordarci, era necessario dessiccare i semi della controrivoluzione, sradicarli, sterminarli fino all’ultimo. (Kang Chol-Hwan e Pierre Rigoulot, Les aquariums de Pyongyang)”
La Corea del Nord rappresenta un caso particolarmente interessante di uso della propaganda nnei paesi comunisti, in quanto l’azione idealizzante si dirige principalmente e con forza verso l’interno della società, per mantenerne il più assoluto controllo attraverso un filtro assoluto delle informazioni, indottrinamento politico e mortificazione dell’individuo in favore del gruppo.
Al contempo è però il paese comunista dove la propaganda differisce più radicalmente in ambito ideologico dalla realtà.
L’idea cardine del comunismo nordcoreano è la filosofia Juche (Kim Jong-il, On the Juche Idea, Definitive statement on Juche), elaborata dal leader del partito dei lavoratori Kim-Il-Sung, presidente dello stato fino alla morte nel 1994, e nata dalla necessità di mantenere una posizione di equidistanza e di indipendenza verso l’URSS e la Cina al momento dello strappo delle relazioni tra i due paesi. Le basi filosofiche dello Juche sono: l’indipendenza politica, economica e di pensiero del popolo; la necessità della politica di rispecchiare l’aspirazione ed i desideri delle masse e di coinvolgerle nella creazione della società; ma allo stesso tempo la creazione attraverso lo sforzo rivoluzionario di una società omogenea, dove la figura del leader sia assoluta e indiscussa.
E’ chiaro come ci si trovi di fronte ad una forte contraddizione, per risolvere la quale è necessario l’intervento sostanziale e pervasivo della propaganda di stato.
In questa realtà ideale, entro la quale i cittadini vengono cresciuti ed educati, Lo stato offre occasione di esprimere democraticamente la pluralità attraverso elezioni ed un parlamento multipartitico, un sistema giudiziario che si basa sui diritti dell’individuo (in quanto degno di possedere la propria indipendenza), sempre che questi non collidano con il bene superiore della società nella sua interezza, mentre i parametri che non vengono soddisfatti sono quello riguardane la tolleranza del sistema politico (ibidem), e contrariamente ad altri stati a regime comunista, l’inapplicabilità dei principi giuridici all’ordinamento politico, in quanto la struttura gerarchica del governo è per assunto indiscutibile.
In conclusione, possiamo vedere come lo sforzo di controllo dell’immagine e dell’informazione negli stati a regime comunista non sia teso ad allinearsi con un serie di valori condivisi da una società dei popoli, dei quali contraverrebbe comunque i principi, ma piuttosto a giustificare al proprio interno una condotta morale distinta da quella che Rawls definisce ragionevolmente giusta.
LINK: chi è John Rawls http://en.wikipedia.org/wiki/John_Rawls
La concezione politica della giustizia è viziata dalla priorità assegnata alle pretese del bene generale sulle libertà fondamentali dell’individuo; la sfera politica viene determinata da una dottrina comprensiva e quindi da idee morali non disponibili al singolo cittadino; la concezione politica esclude a priori la tolleranza, attraverso l’uso di una struttura monopartitica. Le condizioni che invece possono essere generalmente ritrovate nella struttura delle società comuniste sono la praticabilità ed applicabilità dei principi giuridici agli ordinamenti politici e sociali, il processo di acquisizione del senso di giustizia attraverso la vita sociale (in questo caso dobbiamo però notare come il pluralismo nelle istituzioni sia da intendersi sempre all’interno di un’unica e centralizzata sttruttura di potere, ovvero il partito), e l’esistenza di una condivisa concezione politica della giustizia.
Una delle caratteristiche comuni agli stati comunisti è la presenza di una propaganda a tema politico e sociale con il compito di fornire un’immagine ideale dello sttato sia verso l’interno sia all esterno di esso. Questo compito comprende una funzione di educazione alla politica, in regimi retti da una struttura creata secondo una dottrina a priori, che quindi abbisogna di essere conosciuta, accettata e seguita dall’intera popolazione. Gli strumenti della propaganda includono certamente la manipolazione della realtà, ottenuta sia attraverso uno stretto controllo dell’informazione sia attraverso l’uso di slogan ed immagini capaci di modellare la visione politica e sociale degli individui.
In questo post voglio analizzare la struttura e la morale delle società create dalle macchine propagandistiche in tre dei paesi dove questo fenomeno ha avuto maggior ripercussione, l’Unione Sovietica, la Cina maoista e la Corea del Nord, ovvero quali criteri di giustizia sociale e politica vengono seguiti nella creazione di una società ideale.
L’UNIONE SOVIETICA
L’ufficio in carica della propaganda in URSS era l’Agitprop, istituito immediatamente dopo la rivoluzione d’ottobre. Già durante la guerra civile seguita alla rivoluzione l’agitprop organizzava treni che percorrevano il paese portando in scena spettacoli teatrali a soggetto politico che illustravano alle masse illetterate la dottrina rivoluzionaria, il comunismo che Zinoviev battezzerà leninista dopo la morte del leader, e ne promettevano i vantaggi.
Il marxismo-leninismo basa la propria visione politica sul concetto di centralismo democratico, concetto che rimarrà caposaldo della politica sovietica fino alla disgregazione. Anche nella sua visione ideale questo intende un governo limitato al partito in carica, entro il quale i membri possono discutere democraticamente la via da seguire ma le cui decisioni sono incontrovertibili e debbono ricever supporto unanime. Partendo da questo punto, che la macchina propagandistica ha sempre sostenuto con estremo vigore, possiamo notare come la sfera politica rimanga la stessa nella società reale ed in quella idealizzata, fallendo quindi di soddisfare il criterio di indipendenza e pluralità ma rimanendo guidata da una dottrina comprensiva.
Per quel che riguarda l’amministrazione della giustizia, la propaganda di fatto rafforzava la priorità del bene comune rispetto ai diritti dell’individuo, anche se si sottolineavano con costanza i maggiori benefici di cui i cittadini avrebbero goduto in quanto partecipanti alla creazione di quel supremo bene comune rappresentato dal socialismo reale. Pur non soddisfando appieno il criterio secondo la teorizzazione di Rawls quindi, si potrebbe ciononostante accettare l’esperienza sovietica in questo ambito in quanto almeno nella sua versione ideale i diritti fondamentali degli individui sarebbero stati garantiti anche se in quanto parte del bene superiore da raggiungere come collettività.
Quello della tolleranza è però forse il crietrio che più diverge nella realtà e nella finzione propagandistica. Mentre il partito unico rimarrà una struttura gerarchica, poco dinamica, difficilmente permeabile dall’esterno, avvalendosi di sistemi coercitivi quali la famigerata polizia politica (KGB) e la repressione (gulag e pogrom) per mettere a tacere il dissenso e tutelare il proprio controllo assoluto sullo stato, l’immagine creata dalla macchina propagandistica cercherà di rafforzare la struttura gerarchica dal basso teorizzata da Lenin (Vladimir Lenin, Stato e Rivoluzione) e basata sul concetto di democrazia diretta del proletariato organizzato su base locale in consigli (Soviet). E’ chiaro come la differenza sia centrale nella gestione effettiva del potere e nella possibilità di partecipazione ad esso da parte dei cittadini.
LA CINA MAOISTA
La Repubblica Popolare Cinese ha mantenuto la dottrina marxista-leninista maoista come principio guida dell’agire del partito comunista cinese dal 1949 fino alla fine della rivoluzione culturale e la morte di Mao, dopodichè questa è rimasta base teorica fondante del partito, ma è stata gradualmente sostituita nella pratica da una forma guidata di capitalismo.
La teoria si discosta dallo stalinismo sovietico in quanto assume che la rivoluzione debba cercare supporto nelle masse contadine precedentemente vittime di retaggi feudali, e che quindi necessiti per poter avere successo della guida del partito comunista, quale motore di quella che Mao chiama rivoluzione continua (Mao Zedong, Mao Zedong sixiang).
L’organo del partito destinato alla propaganda, il dipartimento centrale di partito per la comunicazione, aveva l’incarico di controllare e manipolare qualsiasi forma di comunicazione così che fosse in linea con le direttive del comitato centrale del partito, e quindi dello stesso Mao.
In questo quadro quindi l’esperienza cinese risulta ancora più estrema rispetto a quella sovietica anche sul piano ideale, in quanto la predominanza del bene comune sui diritti dell’individuo è tale che non si ritiene necessario creare delle strutture di rappresentanza diretta, benchè fittizie come nell’URSS. La RPC non utilizza elezioni come fonte di consenso, per quanto plebiscitario, nè tantomeno sostiene anche in teoria la possibilità di esistenza di dissenso o discussione all’interno della struttura di potere del partito, considerato guida infallibile ed imprescindibile del governo dello stato. Per questo neanche la propaganda fornisce una immagine del paese tale da poter soddisfare alcuno dei tre criteri comunemente diistattesi dalle società comuniste.
LA COREA DEL NORD
“Gli irredimibili erano tutti ergastolani, sapevano che non avrebbero più lasciato il campo. Non importa quanto i loro cuori avrebbero continuato a battere, o i loro polmoni a respirare, non avrebbero mai più vissuto come cittadini. I loro figli avrebbero sofferto lo stesso destino. Come la propaganda ufficiale non si stancava di ricordarci, era necessario dessiccare i semi della controrivoluzione, sradicarli, sterminarli fino all’ultimo. (Kang Chol-Hwan e Pierre Rigoulot, Les aquariums de Pyongyang)”
La Corea del Nord rappresenta un caso particolarmente interessante di uso della propaganda nnei paesi comunisti, in quanto l’azione idealizzante si dirige principalmente e con forza verso l’interno della società, per mantenerne il più assoluto controllo attraverso un filtro assoluto delle informazioni, indottrinamento politico e mortificazione dell’individuo in favore del gruppo.
Al contempo è però il paese comunista dove la propaganda differisce più radicalmente in ambito ideologico dalla realtà.
L’idea cardine del comunismo nordcoreano è la filosofia Juche (Kim Jong-il, On the Juche Idea, Definitive statement on Juche), elaborata dal leader del partito dei lavoratori Kim-Il-Sung, presidente dello stato fino alla morte nel 1994, e nata dalla necessità di mantenere una posizione di equidistanza e di indipendenza verso l’URSS e la Cina al momento dello strappo delle relazioni tra i due paesi. Le basi filosofiche dello Juche sono: l’indipendenza politica, economica e di pensiero del popolo; la necessità della politica di rispecchiare l’aspirazione ed i desideri delle masse e di coinvolgerle nella creazione della società; ma allo stesso tempo la creazione attraverso lo sforzo rivoluzionario di una società omogenea, dove la figura del leader sia assoluta e indiscussa.
E’ chiaro come ci si trovi di fronte ad una forte contraddizione, per risolvere la quale è necessario l’intervento sostanziale e pervasivo della propaganda di stato.
In questa realtà ideale, entro la quale i cittadini vengono cresciuti ed educati, Lo stato offre occasione di esprimere democraticamente la pluralità attraverso elezioni ed un parlamento multipartitico, un sistema giudiziario che si basa sui diritti dell’individuo (in quanto degno di possedere la propria indipendenza), sempre che questi non collidano con il bene superiore della società nella sua interezza, mentre i parametri che non vengono soddisfatti sono quello riguardane la tolleranza del sistema politico (ibidem), e contrariamente ad altri stati a regime comunista, l’inapplicabilità dei principi giuridici all’ordinamento politico, in quanto la struttura gerarchica del governo è per assunto indiscutibile.
In conclusione, possiamo vedere come lo sforzo di controllo dell’immagine e dell’informazione negli stati a regime comunista non sia teso ad allinearsi con un serie di valori condivisi da una società dei popoli, dei quali contraverrebbe comunque i principi, ma piuttosto a giustificare al proprio interno una condotta morale distinta da quella che Rawls definisce ragionevolmente giusta.
LINK: chi è John Rawls http://en.wikipedia.org/wiki/John_Rawls
Aug 18, 2007
Ma dove sono le altre foto??? Where are the images???
Ho trasferito tutte le foto degli ultimi viaggi, ovvero: Macao, Hong Kong, Pechino, Xinjiang, Asia centrale, Corea del Nord, Spagna e Portogallo in gallerie sul mio sito, www.giuseppecipriani.it
I've moved all the pictures from previous travels to my website, www.giuseppecipriani.it There you find all the pictures that used to be here, from Macao, Hong Kong, Beijing, Xinjiang, North Korea, Central Asia, Spain and Portugal
I've moved all the pictures from previous travels to my website, www.giuseppecipriani.it There you find all the pictures that used to be here, from Macao, Hong Kong, Beijing, Xinjiang, North Korea, Central Asia, Spain and Portugal
Jun 29, 2007
Game over
Fine del viaggio: verro' deportato a Roma da Tashkent lunedi' prossimo (2 luglio) in mattinata, giusto dalla tappa prima di raggiungere la sognata Samarcanda. Nel frattempo forse mi verra' permesso di lasciare l'hotel, dove per ora sono confinato. Alti e bassi di un viaggio comunque stupendo.
End of the trip: i'll be deported on monday the 2nd july from Tashkent directly to Rome, just one stop before reaching dreamt Samarkand. In the meanwhile maybe they'll allow me to leave the hotel, where for now i'm forced to stay all day. Up and downs of a trip that has been wonderful anyway.
End of the trip: i'll be deported on monday the 2nd july from Tashkent directly to Rome, just one stop before reaching dreamt Samarkand. In the meanwhile maybe they'll allow me to leave the hotel, where for now i'm forced to stay all day. Up and downs of a trip that has been wonderful anyway.
Jun 28, 2007
Imprevisti ad un passo da Samarcanda
La strada dorata non vedra' le mie orme, almeno non per ora! Per un'irregolarita' del visto saro' deportato dall'uzbekistan, quindi oggi o domani dovro' prendere l'aereo che mi portera' in azerbaijian, a baku, da dove riprendero' il viaggio verso l'iran, sempre che non mi tocchi andare a Istanbul o peggio a Roma. Questo comporta la cancellazione dall'itinerario di viaggio di samarcanda, buhara, khiva e del turmenistan! E tutto grazie all'ambasciata uzbeca a pechino, che accuratamente ha sbagliato a segnare le date di validita' del visto. Alla prossima per aggiornamenti!A tutti, comunque tutto bene, non preoccupatevi!
I'll not leave footprints along the golden road to samarkand, not for now!I'll be deported today or tomorrow from uzbekistan because of irregular visa: the embassy in beijing made a huge mistake with the dates, so in fact the validity period is already expired.... that came to the attention of the OVIR, the bureau of internal security, that gently invited me to buy a plane ticket to baku, azerbaijian, from where i'll be able to follow my trip towards iran, unless i'll be forced to get on a plane to Istanbul or, worse, Rome, missing altogether samarkand, buhara, khiva and turkmenistan! stay tuned for updates!But no worries, everything is fine and under control!
I'll not leave footprints along the golden road to samarkand, not for now!I'll be deported today or tomorrow from uzbekistan because of irregular visa: the embassy in beijing made a huge mistake with the dates, so in fact the validity period is already expired.... that came to the attention of the OVIR, the bureau of internal security, that gently invited me to buy a plane ticket to baku, azerbaijian, from where i'll be able to follow my trip towards iran, unless i'll be forced to get on a plane to Istanbul or, worse, Rome, missing altogether samarkand, buhara, khiva and turkmenistan! stay tuned for updates!But no worries, everything is fine and under control!
Jun 3, 2007
Lungo le strade del Turkestan
Lunghe distese di deserto si srotolano sotto un cielo azzurro spesso velato da nubi di sabbia, e riempiono lo spazio incorniciato dai giganteschi bastioni montuosi delle piu' alte cime del pianeta. dopo aver percorso il claustrofobico corridoio del Gansu, incastonato tra gli altopiani tibetani e le inospitali distese del gobi e della mongolia, ed aver attraversato quella porta di giada che rappresentava la fine della civilta' cinese e l'inizio delle terre dei nomadi, entrare in Xinjiang lascia spiazzati e disorientati, confonde le direzioni, e concede riferimenti sicuri solo ai propri margini, lungo i pendii del tian shan o dell'himalaya.
Ma ai bordi del temibile Taklamakan, il deserto dei demoni di sabbia, il luogo piu' inospitale al mondo, dove l'acqua che scende dai ghiacchiai settemila metri piu' in alto riesce a trovare una via che non la disperda, nascono oasi di vegetazione rigogliosa che riescono ad ospitare centinaia di migliaia di persone, che rappresentano rifugi, e la cui esistenza rende possibile il passaggio della regione, e quindi la comunicazione via terra dalla Cina all'Europa.
Ecco il cuore della via della seta, a meta' strada tra Pechino e Istanbul.
La prima di queste oasi e' Turpan, che si trova sul fondo della seconda depressione del pianeta, a centocinquanta metri sotto il livello del mare, dal quale e' anche il luogo piu' distante, racchiusa com'e' nel cuore profondo del continente asiatico.
La citta', antico centro di buddhismo convertito poi all'islam, e' anche la piu' vicina alla frontiera storica con la Cina tra quelle popolate da maggioranza uigura, la principale popolazione nella regione, di lingua e cultura turche. I viali della citta' sono addolciti da vigne, che a volte arrivano a creare vere e proprie arcate naturali, ripari contro la calura oppressiva che qui tocca cime record, fino a vertiginose temperature vicine ai 60 gradi in piena estate. L'uva e' anche il prodotto piu' apprezzato dell'oasi, ritiratasi dal ruolo di crocevia fondamentale nella comunicazione tra oriente ed occidente a quello di ingentilito villaggio rurale, dove i ritmi sono scanditi dal ciclo annuale della vigna e della seccatura dll'uva nelle apposite torri sopra le case.
Attono alla citta' il deserto, domato nei secoli con lavoro certosino e difficile: canalizzazioni sotterranee percorrono i lunghi chilometri di roccia che separano l'oasi dai pendii innevati del tian shan, a volte per oltre 40 km, e necessitano continua manutenzione che puo' essere garantita solo con antiche tecniche a lavoro manuale. Gruppi composti da due uomini ed un animale da traino seguono il percorso dei karez, immergendovisi per fissare interi blocchi di detriti e trascinarveli fuori, in modo da evitare l'ostruzione del passaggio dell'acqua. La posta in gioco e' la sporavvivenza stessa della citta', come dimostra bene l'impressionante distesa di rovine dell'antica GaoChang, citta' carovaniera sulla via della seta, ora divorata dal deserto ed abbandonata alla proria rovina.
La natura e' qui estrema, bellissima e brutale, come lungo i pendii rossi delle montagne di fuoco, che si incendiano alla luce del tramonto e rivelano le profonde gole che ne percorrono i fianchi verso il fondovalle, brulli dirupi di ghiaia, o a bezeglik, canyon incastonato tra aride montagne di sabbia rossa, dove un fiume seminascosto dona vita ad una vegetazione lussuregiante e dove, incastonate alle pareti, come santuario alla fragilita' della natura da queste parti, si trovano antiche grotte buddhiste ricoperte da pitture e statue di un tempo passato, sfregiate nei secoli dalle stesse genti che le costruirono, come sacrificio al nuovo unico dio proveniente dall'infuocata Arabia.
Il Taklamakan e' un alternarsi di macabre distese sabbiose, alte dune, vaste pietraie spazzate dal vento e catene montuose solcate da profonde ed aride gole. La strada che collega le oasi, la stessa che i mercanti attraversavano in carovane di cammelli, e' inospitale e minacciosa, ma resta quantomeno praticabile, al contrario della sovrumana vastita' dello spazio interno al deserto. La conquista dell'ovest cinese e' riuscita dal momento in cui si e' riuscito a domare proprio quel deserto che per le popolazioni locali ha sempre rappresentato isolamento e divisione. In effetti, la mentalita' uigura e' talmente legata alla realta' dell'oasi che ancora adesso nessuno si pronuncera' sui meriti o difetti degli abitanti delle altre oasi a meno che abbia avuto la possibilita' di conoscere personalmente il luogo: un modo di pensare cosi' distante dalla nostra necessita' di ricorrere a stereotipi!
E poi si arriva a Kashgar: il mitico crocevia di strade alla fine del mondo, incastonata fra le imponenti catene d'Asia ed il deserto, fiero cuore dell'indipendenza dell'Asia centrale con una storia scritta nel sangue e nelle asperita', vive oggi una feroce resistenza culturale all'occupazione cinese. Da qui e' partita l'islamizzazione dell'intero bacino del Tarim e della Cina occidentale, quindi il nazionalismo non poteva assumere altro aspetto che quello dell'islam tradizionale. I veli delle donne sono a volte teli che coprono completamente il volto, le barbe degli uomini vengono accuratamente curate ma mai rasate, creando i volti fuori dal tempo dei vecchi canuti dalla pelle consumata dalle asperita' del clima. Vecchi mestieri vengono continuati da generazioni in botteghe che tradiscono l'influenza del subcontinente indiano, e l'unica lingua che risuona tra le strette vie della citta' vecchia e' l'idioma locale.
(continua...)
Ma ai bordi del temibile Taklamakan, il deserto dei demoni di sabbia, il luogo piu' inospitale al mondo, dove l'acqua che scende dai ghiacchiai settemila metri piu' in alto riesce a trovare una via che non la disperda, nascono oasi di vegetazione rigogliosa che riescono ad ospitare centinaia di migliaia di persone, che rappresentano rifugi, e la cui esistenza rende possibile il passaggio della regione, e quindi la comunicazione via terra dalla Cina all'Europa.
Ecco il cuore della via della seta, a meta' strada tra Pechino e Istanbul.
La prima di queste oasi e' Turpan, che si trova sul fondo della seconda depressione del pianeta, a centocinquanta metri sotto il livello del mare, dal quale e' anche il luogo piu' distante, racchiusa com'e' nel cuore profondo del continente asiatico.
La citta', antico centro di buddhismo convertito poi all'islam, e' anche la piu' vicina alla frontiera storica con la Cina tra quelle popolate da maggioranza uigura, la principale popolazione nella regione, di lingua e cultura turche. I viali della citta' sono addolciti da vigne, che a volte arrivano a creare vere e proprie arcate naturali, ripari contro la calura oppressiva che qui tocca cime record, fino a vertiginose temperature vicine ai 60 gradi in piena estate. L'uva e' anche il prodotto piu' apprezzato dell'oasi, ritiratasi dal ruolo di crocevia fondamentale nella comunicazione tra oriente ed occidente a quello di ingentilito villaggio rurale, dove i ritmi sono scanditi dal ciclo annuale della vigna e della seccatura dll'uva nelle apposite torri sopra le case.
Attono alla citta' il deserto, domato nei secoli con lavoro certosino e difficile: canalizzazioni sotterranee percorrono i lunghi chilometri di roccia che separano l'oasi dai pendii innevati del tian shan, a volte per oltre 40 km, e necessitano continua manutenzione che puo' essere garantita solo con antiche tecniche a lavoro manuale. Gruppi composti da due uomini ed un animale da traino seguono il percorso dei karez, immergendovisi per fissare interi blocchi di detriti e trascinarveli fuori, in modo da evitare l'ostruzione del passaggio dell'acqua. La posta in gioco e' la sporavvivenza stessa della citta', come dimostra bene l'impressionante distesa di rovine dell'antica GaoChang, citta' carovaniera sulla via della seta, ora divorata dal deserto ed abbandonata alla proria rovina.
La natura e' qui estrema, bellissima e brutale, come lungo i pendii rossi delle montagne di fuoco, che si incendiano alla luce del tramonto e rivelano le profonde gole che ne percorrono i fianchi verso il fondovalle, brulli dirupi di ghiaia, o a bezeglik, canyon incastonato tra aride montagne di sabbia rossa, dove un fiume seminascosto dona vita ad una vegetazione lussuregiante e dove, incastonate alle pareti, come santuario alla fragilita' della natura da queste parti, si trovano antiche grotte buddhiste ricoperte da pitture e statue di un tempo passato, sfregiate nei secoli dalle stesse genti che le costruirono, come sacrificio al nuovo unico dio proveniente dall'infuocata Arabia.
Il Taklamakan e' un alternarsi di macabre distese sabbiose, alte dune, vaste pietraie spazzate dal vento e catene montuose solcate da profonde ed aride gole. La strada che collega le oasi, la stessa che i mercanti attraversavano in carovane di cammelli, e' inospitale e minacciosa, ma resta quantomeno praticabile, al contrario della sovrumana vastita' dello spazio interno al deserto. La conquista dell'ovest cinese e' riuscita dal momento in cui si e' riuscito a domare proprio quel deserto che per le popolazioni locali ha sempre rappresentato isolamento e divisione. In effetti, la mentalita' uigura e' talmente legata alla realta' dell'oasi che ancora adesso nessuno si pronuncera' sui meriti o difetti degli abitanti delle altre oasi a meno che abbia avuto la possibilita' di conoscere personalmente il luogo: un modo di pensare cosi' distante dalla nostra necessita' di ricorrere a stereotipi!
E poi si arriva a Kashgar: il mitico crocevia di strade alla fine del mondo, incastonata fra le imponenti catene d'Asia ed il deserto, fiero cuore dell'indipendenza dell'Asia centrale con una storia scritta nel sangue e nelle asperita', vive oggi una feroce resistenza culturale all'occupazione cinese. Da qui e' partita l'islamizzazione dell'intero bacino del Tarim e della Cina occidentale, quindi il nazionalismo non poteva assumere altro aspetto che quello dell'islam tradizionale. I veli delle donne sono a volte teli che coprono completamente il volto, le barbe degli uomini vengono accuratamente curate ma mai rasate, creando i volti fuori dal tempo dei vecchi canuti dalla pelle consumata dalle asperita' del clima. Vecchi mestieri vengono continuati da generazioni in botteghe che tradiscono l'influenza del subcontinente indiano, e l'unica lingua che risuona tra le strette vie della citta' vecchia e' l'idioma locale.
(continua...)
Jun 1, 2007
Ai confini della Cina: diario dal Gansu
A sud il colossale muro dell'altopiano tibetano, a nord le propaggini occidentali del Gobi e le infinite colline della Mongolia; in mezzo un corridoio spazzato dal vento, arido ed inospitale, che rappresenta pero' la frontiera occidentale della Cina degli han, e che la collega al bacino del Taklamakan, la fine del mondo, la regione degli storici nemici nomadi, i barbari dell'Asia centrale, capaci in piu' occasioni di destabilizare l'impero con le loro invasioni.
E' qui che finisce in sordina la grande muraglia, sia quella dell'imperatore ShiHuangDi che ne fu il primo architetto, sia quella piu' nota dei Ming.
Alla fine del corridoio di HeXi, dove il deserto centroasiatico fa la sua prima comparsa con il suo oceano sabbioso, sorge l'ultima porta sotto il cielo, il passaggio di giada, la fine della civilta'.
Lungo questa striscia di terra sono passate le invasioni che hanno rimodellato la psiche cinese, portando all'inevitabile conquista dei territori della frontiera occidentale da parte di imperatori interessati alla sua inportanza strategica in chiave difensiva ed al controllo delle vie carovaniere verso ovest.
Arrivare da occidente alle alte dune sabbiose di DunHuang significava raggiungere la sicurezza e la civilta', dopo un viaggio interminabile ed incredibilmente pericoloso.
Da qui Marco Polo, inevitabile compagno e metro di paragone su queste strade d'Asia, entra nel lontano Kitai, potendo ammirare la splendida oasi della luna, specchio d'acqua e vegetazione sormontato da una pagoda cinese ed incastonato tra vere montagne di sabbia.
Il veneziano, di cui si continua a dubitare la veridicita' dei racconti, l'origine e persino l'esistenza, ma che e' parte integrante della mitologia sia europea sia cinese, si fermera' anche nella attuale capitale regionale, LanZhou, placidamente adagiata lungo il; fiume giallo, torbido trasportatore di loess verso le fertili pianure orientali.
In un anno di soggiorno non avra' nulla da raccontare.
Il Gansu e' la regione piu' povera della Cina:le nuove politiche d'investimenti ne faranno presto un centro minerario, e gia' ora Lanzhou e' la capitale dell'energia nucleare del paese di mezzo, ma ancora buona parte della popolazione vive di piccoli scambi nei mercati, e non puo' sorprendere il modo in cui le principali attrazioni turistiche siano diventate macchine da denaro.
Le stupefacenti grotte buddhiste di Mogao, dove interi pezzi di storia religiosa si trovano l'uno accanto all'altro in un gigantesco alveare di cavenella parete rocciosa, passerelle e scale, demandano 3 volte tanto il prezzo d'entrata rispetto alla grande muraglia a Pechino, e le impressionanti dune attorno all'oasi della luna sono state trasformate in un luna park per i molti turisti cinesi, che con scarponcini arancioni e ombrelli colorati comprati per l'occasione appena fuori il cancello si inoltrano nelle sabbie lasciandosi tentare dalle carovane di cammelli, dalle slitte da sabbia e dalle bevande fresche sei punti di ristoro.
Qui non sono ancora approdate le campagne educative che stanno cambiando il volto di Pechino e dell'est, e si ha la sensazione di viaggiare dieci anni a ritroso nella Cina che aveva appena scoperto il liberomercato e la ricchezza.
Rumorosi sputi, calche al posto di file ordinate, veicoli che usano i marciapiedi come corsie di sorpasso sono vista comune, ma sotto le facciate decorate a mattonelle da bagno dei nuovi edifici si percepisce gia' l'eco lontano della cultura e dei colori tibetani, e del richiamo della selvaggia Asia Centrale
E' qui che finisce in sordina la grande muraglia, sia quella dell'imperatore ShiHuangDi che ne fu il primo architetto, sia quella piu' nota dei Ming.
Alla fine del corridoio di HeXi, dove il deserto centroasiatico fa la sua prima comparsa con il suo oceano sabbioso, sorge l'ultima porta sotto il cielo, il passaggio di giada, la fine della civilta'.
Lungo questa striscia di terra sono passate le invasioni che hanno rimodellato la psiche cinese, portando all'inevitabile conquista dei territori della frontiera occidentale da parte di imperatori interessati alla sua inportanza strategica in chiave difensiva ed al controllo delle vie carovaniere verso ovest.
Arrivare da occidente alle alte dune sabbiose di DunHuang significava raggiungere la sicurezza e la civilta', dopo un viaggio interminabile ed incredibilmente pericoloso.
Da qui Marco Polo, inevitabile compagno e metro di paragone su queste strade d'Asia, entra nel lontano Kitai, potendo ammirare la splendida oasi della luna, specchio d'acqua e vegetazione sormontato da una pagoda cinese ed incastonato tra vere montagne di sabbia.
Il veneziano, di cui si continua a dubitare la veridicita' dei racconti, l'origine e persino l'esistenza, ma che e' parte integrante della mitologia sia europea sia cinese, si fermera' anche nella attuale capitale regionale, LanZhou, placidamente adagiata lungo il; fiume giallo, torbido trasportatore di loess verso le fertili pianure orientali.
In un anno di soggiorno non avra' nulla da raccontare.
Il Gansu e' la regione piu' povera della Cina:le nuove politiche d'investimenti ne faranno presto un centro minerario, e gia' ora Lanzhou e' la capitale dell'energia nucleare del paese di mezzo, ma ancora buona parte della popolazione vive di piccoli scambi nei mercati, e non puo' sorprendere il modo in cui le principali attrazioni turistiche siano diventate macchine da denaro.
Le stupefacenti grotte buddhiste di Mogao, dove interi pezzi di storia religiosa si trovano l'uno accanto all'altro in un gigantesco alveare di cavenella parete rocciosa, passerelle e scale, demandano 3 volte tanto il prezzo d'entrata rispetto alla grande muraglia a Pechino, e le impressionanti dune attorno all'oasi della luna sono state trasformate in un luna park per i molti turisti cinesi, che con scarponcini arancioni e ombrelli colorati comprati per l'occasione appena fuori il cancello si inoltrano nelle sabbie lasciandosi tentare dalle carovane di cammelli, dalle slitte da sabbia e dalle bevande fresche sei punti di ristoro.
Qui non sono ancora approdate le campagne educative che stanno cambiando il volto di Pechino e dell'est, e si ha la sensazione di viaggiare dieci anni a ritroso nella Cina che aveva appena scoperto il liberomercato e la ricchezza.
Rumorosi sputi, calche al posto di file ordinate, veicoli che usano i marciapiedi come corsie di sorpasso sono vista comune, ma sotto le facciate decorate a mattonelle da bagno dei nuovi edifici si percepisce gia' l'eco lontano della cultura e dei colori tibetani, e del richiamo della selvaggia Asia Centrale
May 24, 2007
Mostra alla libreria De Amicis, Genova
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