Dec 28, 2007

Che cosa muore con Benazir Bhutto



Benazir Bhutto è stata uccisa a Rawalpindi, durante un comizio pre elettorale, da un attentatore suicida che si è fatto esplodere tra la folla. Sembra che un cecchino abbia colpito la leader alla testa uccidendola un attimo prima della deflagrazione.
Il processo di ritorno alla democrazia nel paese più importante nello scacchiere mediorientale viene messo drammaticamente in discussione.
Il Pakistan si trova a contatto delle aree di crisi principali del medio oriente: confina con l'Afghanistan e con l'Iran, si affaccia sull'oceano indiano a poca distanza dal golfo persico e dalla penisola araba, e naturalmente fa da ponte tra il mondo musulmano ed il subcontinente indiano. Inoltre è l'unico stato a maggioranza musulmana a possedere la bomba atomica, e scienziati pachistani hanno già aiutato sia la Corea del Nord sia altri paesi mediorientali a dotarsi di armamenti atomici.
Potrebbe essere stata al-Qaeda, potrebbe essere stato un killer con mandante l'entourage del presidente-dittatore Musharraf: la chiarezza sugli eventi non si ha ancora, e potrebbe non aversi mai: la salma della leader del partito popolare pachistano è stata infatti inumata senza autopsia, e le ricostruzioni della dinamica dell'attentato sono già diverse a seconda della voce che ne parla.
Il partito popolare adesso potrebbe in effetti guadagnare ulteriori consensi alle elezioni di gennaio: al momento è già in vantaggio nei sondaggi, e la vittoria potrebbe diventare indiscutibile. Ma Benazir Bhutto, seppur non immacolata dal punto di vista del passato curriculum politico, era anche la figura carismatica che era riuscita a catalizzare su di sé le attese e le speranze della componente (maggioritaria) laica e moderata del paese.
La sua morte potrebbe costringere il Pakistan al bivio tra il fondamentalismo islamico e la dittatura militare.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/south_asia/2228796.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/south_asia/7161590.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/south_asia/7162194.stm
http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_29/bhutto_taleban_23ab5f30-b5e0-11dc-ac5d-0003ba99c667.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_27/Esplosione_raduno_Buttho_pakistan_0ea21cb4-b478-11dc-82b4-0003ba99c667.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_27/reazioni_morte_bhutto_670e69c8-b484-11dc-82b4-0003ba99c667.shtml
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/pakistan-1/attentato-27dic/attentato-27dic.html
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/pakistan-1/reazioni-bhutto/reazioni-bhutto.html

Dec 18, 2007

Overdose di auto

Da quando negli anni '60 l'Italia del boom economico ha scelto, sotto pressione della FIAT di Valletta e poi Gianni Agnelli, il trasporto su strada rispetto a quello su rotaia o via nave, il paese è diventato schiavo dei veicoli a benzina.
Ora l'eurobarometro, che fornisce statistiche per l'UE, evidenzia come il nostro paese sia l'unico nell'unione dove il numero delle autovetture è in continua crescita, dove il trasporto pubblico è insufficiente e poco usato, e dove le infrastrutture per il trasporto alternativo all'auto, dalle piste ciclabili ai metro alle ferrovie, sono ben sotto gli standard degli altri paesi europei.
Le conseguenze di questo fenomeno sono gravi dal punto di vista della salute pubblica e del costo sull'economia, in un paese con l'orografia e la forma dell'Italia, e privo com'è di idrocarburi.
Le cause sono da cercare nella incapacità delle amministrazioni di assumersi le responsabilità necessarie a ridurre gli organici delle compagnie di trasporto pubblico, un tempo pubbliche, e tuttora rese poco competitive da logiche sindacali che proteggono il lavoro anche quando questo è inutile.
L'altra grande responsabilità è degli gli italiani, che troppo spesso abusano dell'auto, vista come un diritto inalienabile.
Senza una reale presa di coscienza sulle tematiche ambientali non potremo trovare soluzioni al problema del trasporto: le risposte devono essere drastiche sia da parte dei singoli cittadini, per esempio riducendo l'uso dei veicoli privati e riducendo l'acquisto di nuovi veicoli nel tempo, sia da parte delle amministrazioni, che devono avere il coraggio di chiudere i centri urbani al traffico privato, e di penalizzare con forti aggravi fiscali l'acquisto e l'uso di autovetture dai consumi eccessivi, come i SUV.
La nostra economia e soprattutto l'ambiente e la nostra salute hanno bisogno di scelte coraggiose.


LINK: http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/ambiente/tram-bus-italia/tram-bus-italia/tram-bus-italia.html

Scelte ciniche

Nel 2010 il Kazakhstan presiederà l'OSCE, organizzazione per la cooperazione europea negli ambiti di difesa e rispetto di diritti umani.
Il paese è un feudo personale di Nursultan Nazarbaev, presidente padre padrone del paese, in carica dall'indipendenza nel 1991, celebre per la corruzione nella gestione delle ingenti risorse petrolifere del paese, i cui proventi finiscono in larga parte nelle tasche della sua famiglia.
Il pessimo score del regime in materia di diritti umani, libertà democratiche e di stampa non sembra aver contato molto nella scelta, appoggiata dagli Stati uniti, che si sono dichiarati fiduciosi riguardo alla possibilità che la nomina aiuti il paese a favorire il processo di sviluppo democratico.
L'OSCE è la voce principale dei paesi occidentali nell'ambito della tutela dei diritti umani, ma sembra proprio che il petrolio dei campi dell'Asia Centrale sia dopotutto più importante per i governi occidentali assetati d'energia che i diritti dell'uomo, base delle nostre culture.


LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7123045.stm

Dec 17, 2007

Perchè cade l'Afghanistan

Nel 2001 l'Afghanistan è stato liberato.
Il regime dittatoriale dei talebani, pur nato dalla parte più tradizionale della società afghana, era ormai diventato un regno repressivo che in più appoggiava armandoli ed addestrandoli gruppi terroristici pronti a colpire in medio oriente ed in occidente.
Siccome il regime non disponeva di armi di distruzione efficaci, l'intervento delle truppe ONU ed USA ha avuto un rapido successo, arrivando ad occupare la maggior parte del paese.
L'invasione si è servita delle milizie tribali di signori della guerra di etnia tajika e uzbeka, conosciute cone alleanza del nord.
Sono loro che sono entrati a Kabul, e che hanno scacciato i talebani.
Il governo di Amid Karzai ha dovuto incorporare parti ampie della società afghana, tra cui chiaramente i signori della guerra stessi, usciti vincitori dal rovesciamento politico, e molti membri del clero estremista che davano il proprio appoggio ai talebani stessi, o che addirittura avevano preso parte al regime assumendone cariche.
Negli anni seguenti la resistenza dei talebani ha seguito la sanguinosa rotta di guerriglia ed attentati che aveva già portato alla sconfitta dell'invasione sovietica negli anni '80.
Dal canto suo, Karzai ha sempre cercato una riconciliazione nazionale con i leader talebani, offrendo anche amnistia e cooptazione nel governo.
Nel frattempo l'intervento occidentale si è sempre di più concentrato sulla stabilizzazione di alcune aree urbane principali del paese, sull'addestramento delle forze di polizia locali, e su quei compiti che lasciassero i contingenti militari al sicuro, per evitare l'impatto sull'opinione pubblica della perdita di vite umane.
E qui la macchina della stabilizzazione si è rotta.
Il paese è ad oggi per oltre il 50% in mano ai talebani, e la stessa Kabul sta vivendo un'insorgenza degli scontri tale da dover iniziare a parlare di nuovo di guerra.
I paesi occidentali, USA in testa, si sono impegnati in una guerra tutto sommato giusta in un paese come l'Afghanistan, il cui regime e la cui situazione geopolitica richiedevano un intervento di supporto alla popolazione martoriata ed oppressa, così come potrebbero richiedere lo stesso tipo di intervento la Birmania ed il Sudan in Darfur, luoghi dove è lo stesso governo il nemico della popolazione, ben al di là di quello che può succedere in stati "normalmente" autoritari che reprimono l'opposizione al potere (non giustificabili, ma dove la guerra civile risultato di interventi esterni è in realtà un male peggiore della situazione attuale: tra questi c'era l'Iraq di Saddam, c'è la Corea del Nord, l'Iran...).
Le opinioni pubbliche occidentali, pronte ad indignarsi alla vista di immagini dall'interno del regime che testimoniano l'oppressione, si schierano immediatamente contro questi interventi a seguito del registrarsi delle prime vittime tra i nostri contingenti: la pur tragica morte di qualcuno che ha scelto volontariamente di andare a combattere non può valere di più delle sofferenze di un'intera popolazione, non è possibile rifiutare di aiutare popoli oppressi se non si è disposti a pagare i prezzo.
Così, le vite di coloro che sono andati a provare ad aiutare il popolo afghano negli ultimi 7 anni, e le vite di tutti gli afghani morti a causa della drammatica situazione del paese, saranno state spese di fatto inutilmente, perché il graduale disimpegno che viene richiesto da più parti in occidente non potrà che lasciare il paese in condizioni ancora peggiori di quelle attuali, e consegnerà la vittoria ai talebani ed agli estremisti contro la popolazione civile.

LINK: http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_25/avanzata_talebani_caduta_kabul_8ea1629a-9b36-11dc-8d30-0003ba99c53b.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_14/kabul_Cremonesi_2321af10-aa23-11dc-abc2-0003ba99c53b.shtml

Dec 4, 2007

Scorci d'Amsterdam



Ho aggiunto nuove foto dell'autunno olandese, tra Amsterdam ed i dintorni: potete vederle sul mio sito, a questo link:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallerie4.html
I've added new pictures from the Amsterdam autumn on my website, you can see them here:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallery4.html

Quando il pistolero sbaglia la mira

Ahmadinejad lo aveva sempre sostenuto, magari con tono di sfida.
Sicuramente facile da identificare con il nuovo cattivo di James Bond dopo Kim Jong Il, i Talebani, Bin Laden e Saddam, il presidente iraniano è stato dipinto continuamente dal momento della sua elezione come il nemico della pace, la minaccia all'occidente, colui a cui non si può nè si deve credere.
E invece quello a cui non credere era Bush. Un rapporto dell'intelligence americana ha evidenziato come l'Iran abbia sospeso già nel 2003 lo sviluppo di tecnologia nucleare destinata ad armamenti.
E ora i falchi di Washington, dopo le menzogne sulle armi di distruzione di massa di Saddam (che tra l'altro va ricordato che furono usate dall'esercito iracheno nella guerra contro l'Iran, ed erano un gentile omaggio degli Stati Uniti all'allora alleato), hanno perso la credibilità necessaria a mettere in atto il progetto di attacco preventivo, secondo la miope e criminale logica cara all'attuale amministrazione.
Il risultato della tensione di questi due anni, quindi, si riduce probabilmente al rafforzamento interno del governo degli ayatollah e di Ahmadinejad, logica conseguenza di una politica di minacce, e del conseguente rallentamento del processo di apertura e democratizzazione da tempo presente in Iran, fortemente voluto dalla popolazione ad esclusione delle frange più conservatrici.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7126422.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7126117.stm
http://newsforums.bbc.co.uk/nol/thread.jspa?forumID=3888&edition=2&ttl=20071204124806
http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/esteri/usa-iran-rapporto/usa-iran-rapporto/usa-iran-rapporto.html

Il Belgio che fu


La politica federale in Belgio non ha mai goduto negli ultimi 20 anni di grande supporto popolare: l'economia marciava e marcia tuttora abbastanza bene, la società è regolata dal relativo parlamento regionale, ma tutto quello che non era di competenza dei parlamenti vallone o fiammingo ma di quello centrale è risultato in un fallimento.
L'affaire Dutroux in Vallonia, l'insorgenza e la lotta alle bande xenofobe nelle Fiandre, la scomparsa del paese dalla scena politica internazionale, la mancata riconversione dell'industria di massa in Vallonia, che ha lasciato la regione che era la più ricca del paese a languire negli ultimi posti a livello europeo: niente ha funzionato, e non si può aspettare che adesso, dopo 6 mesi di crisi istituzionale in cui non si è riusciti a formare una coalizione tra i partiti vincitori dell'area fiamminga e di quella vallone, la gente si senta in dovere di sostenere un governo centrale che non amano.
Molti si sentono ancora belgi, e se il paese resisterà sulle cartine d'Europa alla fine del 2008 lo si dovrà principalmente a questo.
Ma non ci dovremo stupire se e quando la Francia guadagnerà una provincia settentrionale, la Germania si vedrà ritornare quell'angolo tedescofono che aveva perso a seguito della 1a guerra mondiale, le Fiandre emergeranno nel panorama europeo come stato indipendente per svettare in tutte le classifiche economiche e del tenore di vita dell'Unione, che a sua volta potrebbe avere la sua capitale in una sorta di zona franca che possa risolvere l'impasse di Bruxelles, città bilingue ma più vicina alla francofonia, circondata dalle Fiandre.
Forse la cosa più incredibile di tutto questo è che pochi nell'unione, al di là dei diretti interessati, si sta rendendo conto o si interessa a questi avvenimenti, toccati solo marginalmente dai media perchè difficilmente si spargerà sangue.
La strada per diventare davvero Europa è ancora lunga e tortuosa.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7126381.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6995511.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6178671.stm
http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/11/post_4.html

Ingiustizie di una crisi umanitaria

La crisi in Somalia è sempre più fuori controllo: oltre un milione di persone, tra cui il 65% degli abitanti della capitale Mogadisho,hanno lasciato le zone urbane del paese per rifugiarsi nelle più sicure aree rurali, finora non ancora devastate dalla guerra in corso.
Queste zone non possono però essere raggiunte dai camion che portano aiuti umanitari, che hanno già incredibili problemi a raggiungere le città principali, procedendo alla velocità di 100 km al giorno e subendo le vessazioni continue dei check point delle milizie locali.
La comunità internazionale sta abbandonando la popolazione Somala, nonostante i numerosi e ripetuti appelli dalle Nazioni Unite. Nessuno è disposto a inviare nuovamente soldati o personale umanitario, dopo il disastro di UNOSOM 1 e 2 dal 1991 al 1995.
L'intervento dell'Etiopia, che ha invaso il paese per cacciare da Mogadisho le corti islamiche e supportare il governo di transizione, ha soltanto infiammato ulteriormente il paese, e radicalizzato gli estremisti, che hanno iniziato ad usare tattiche di guerriglia in stile iracheno, con la differenza che qui nessuno si preoccupa di usare centinaia di civili come scudi umani o di spararci contro.
Un'altra notizia è arrivata a riguardo del martoriato paese: il processo per la morte della giornalista Ilaria Alpi ha raggiunto la conclusione che ci debba probabilmente essere un mandante dell'omicidio (del quale è stato trovato colpevole un somalo): l'ultimo reportage della Alpi riguardava un traffico di scorie radioattive e rifiuti tossici dall'Europa (probabilmente dall'Italia via Croazia, allora ancora in guerra), sepolti in territorio somalo con la compiacenza di qualche signore della guerra locale, in cambio di carichi di armi, nonostante l'embargo vigente.
Certamente con il beneficio del dubbio, visto che i fatti non sono ancora stati dimostrati, ci possiamo rendere conto di quale sia l'unico vero interesse del mondo occidentale per le crisi ed i conflitti a noi lontani.

LINK: http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_03/alpi_bocciata_archiviazione_bc9890ce-a199-11dc-976f-0003ba99c53b.shtml
http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/cronaca/alpi-inchiesta/alpi-inchiesta/alpi-inchiesta.htm

http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/somalia/somalia/somalia.html

http://jimmatimes.com/article.cfm?articleID=17304
http://jimmatimes.com/article.cfm?articleID=17106
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7114979.stm
http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=70&release=590
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7126070.stm

Nov 29, 2007

I risultati di Annapolis

E' terminato il vertice di Annapolis.
Quello che doveva essere il più ggrande successo diplomatico della presidenza Bush si è rivelato una interessante dichiarazione di intenti dai piedi fragili.
Non è stato stabilito un calendario per il processo di pace, non sono stati ancora trovati compromessi iniziali sui problemi da discutere, rendendo quindi impossibile alle opinioni pubbliche israeliana e palestinese giudicare ed eventualmente iniziare ad accettare i compromessi necessari per raggiungere l'accordo.
Gli Stati Uniti si sono schierati decisamente per la pace, e questa è forse l'unica vera notizia. Perché?
Perché la lobby israeliana fedele ai repubblicani, che ha supportato i falchi alla casa bianca, è una delle prime responsabili del fallimento della politica estera dell'amministrazione Bush, e della più che probabile prossima sconfitta elettorale. E perché agli USA serve trovare alleati moderati in medio oriente per contrastare il crescente ruolo delle fazioni sciite estremiste filo iraniane, in Iraq come in Libano come in Siria o in Bahrain.
Insomma l'Iran, nuovamente, il grande nemico degli USA in questo momento, quello stesso che rappresentava negli anni '80 una tale minaccia da spingere gli americani a finanziare ed armare l'Iraq socialisteggiante di Saddam nella guerra tra i due paesi.
Quell'Iran a cui gli USA hanno fatto il favore di eliminare i governi sunniti nemici in Afghanistan ed Iraq, lasciando spazio all'avanzata sciita in entrambi i paesi.
E poi, il supporto incondizionato dato ad Israele, che ha portato alla radicalizzazione del Libano dopo la guerra degli anni '80, fornendo il supporto e la giustficazione ideologica ad Hezbollah, anch'esso movimento sciita filo iraniano.
Sembra proprio che a Washington non si sia ancora capito come la soluzione di conflitti non consista nel prendere le parti di un attore contro colui che viene al momento considerato il nemico peggiore.
E i risultati di Annapolis e del futuro processo di pace purtroppo non potranno non essere influenzati negativamente da questo approccio miope.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7116572.stm
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_28/intervista_nasr_iran_annapolis_a002591a-9de1-11dc-bac3-0003ba99c53b.shtml
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7112000.stm
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/medio-oriente-37/nigro-annapolis/nigro-annapolis.html

Nov 28, 2007

Vacanze turkmene

Immaginate addentrarvi tra le sabbie di un deserto in groppa ad un cammello, seguendo le piste carovaniere della antica via della seta, e di imbattervi di colpo in gigantesche rovine di antiche città persiane, partiche o sogdiane. Mentre le esplorate poi, verrete
avvicinati da un uomo con lunga barba, un gigantesco cappello cilindrico di lana di pecora nera, ed una tunica colorata che sembra un tappeto. Costui vi inviterà nella sua tenda, dove conoscerete la sua famiglia, berrete tè, e mangerete carne di montone allo spiedo.
Questo è quello che il Turkmenistan ha da offrire, e le rovine in questione sono quelle di Merv, Mazar el Jamal al-Din, Margoush, Nisa, Konye Urgench.
Questi luoghi affascinanti e misteriosi stanno per ritornare accessibili: dopo la morte del padre della patria del paese, il dittatore Saparmurat Niyazov, centro di uno dei più incredibili culti della personalità del pianeta, il paese, ricco di gas naturale e petrolio, si sta lentamente riaprendo al mondo, e il turismo è considerato una possibile fonte di guadagni per il futuro.
Potrebbe rappresentare un primo ed importante passo lungo la strada dell'apertura e dellamodernizzazione di uno degli stati più chiusi e sconosciuti al mondo.

[© 1998-99 Joe Kelley]

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7113396.stm

Domino di instabilità

10 dicembre, termine ultimo per raggiungere un accordo sullo status del Kosovo.
I kosovari albanesi hanno già detto che comunque vada dichiareranno l'indipendenza l'11 dicembre. La Serbia ha proposto diversi compromessi, ma è assolutamente intransigente sulla possibilità di separarsi dalla propria provincia meridionale.
Gli USA appoggiano i kosovari, la Russia è schierata con i suoi "fratelli" serbi, l'UE come al solito è divisa: 22 membri appoggiano e riconosceranno l'indipendenza della regione, 5 vi si oppongono.
Questi 5 hanno buone ragioni per farlo: sono la Spagna, la Romania, Cipro, la Grecia e la Slovacchia.
Ad eccezione degli ultimi due, gli altri stati devono affrontare richieste di autonomie regionali al proprio interno che potrebbero sfociare in aperte rivendicazioni d'indipendenza; Grecia e Slovacchia invece rimangono i due paesi dell'UE con i più bassi risultati nel trattamento delle minoranze interne.
Se il Kosovo dovesse diventare indipendente, questo potrebbe essere considerato un precedente legale per i baschi, gli ungheresi
in Romania, i turchi di Cipro Nord, i russi in Transnistria (Moldova), gli armeni del Nagorno Karabakh, senza contare la moltitudine di popoli che vivono a cavallo del Caucaso e rivendicano la propria indipendenza, come i ceceni, gli abkhazi, gli osseti, e quelle popolazioni che vivono da secoli come minoranza in stati dell'Europa occidentale, come gli scozzesi, i corsi, gli altoatesini.
Una catena di frammentazioni che sottolinea la necessità storica di superare un'organizzazione di stato secondo il modello nazionale, e di sostituirlo con una società dei popoli come dovrebbe cercare di diventare l'Unione Europea, capace di coordinare amministrazioni su base locale e identitaria.
Chi ha paura o rifiuta l'idea di uno stato europeo in nome del proprio nazionalismo accetta automaticamente le ingiustizie che toccano a coloro che sono costretti a vivere in condizione subalterna per motivi etnici, e accetta la possibile instbilità che ne deriva.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7112535.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7116606.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7109783.stm

Luoghi comuni e responsabilità energetiche

Entro il 2020, secondo un rapporto del World Watch Institute, il 20% dell'energia usata in Cina proverrà da fonti rinnovabili: energia solare, idroelettrica, eolica.
E' una percentuale altissima, che porterà il paese al primo posto a livello mondiale in questa speciale classifica.
E significa anche che la presa di posizione ambientalista dei dirigenti del partito non era un bluff, ma sta effettivamente cambiando la geografia energetica del gigante asiatico.
Questi dati rappresentano il colpo di grazia per le posizioni dominanti in occidente sul problema dell'energia pulita: se la Cina, finora il grande capro espiatorio, è in così poco tempo riuscita a riconvertire buona parte della propria produzione energetica, significa che anche la produzione di gas serra in Europa potrebbe a breve superare quella cinese, e diventare la seconda regione per emissioni dopo gli Stati Uniti: se poi consideriamo che le emissioni pro capite di gas serra, vediamo che i cittadini nordamericani producono dieci volte più di cinesi o indiani, e gli europei tra le 7 e le 9 volte a seconda del paese d'origine.
Anche l'alibi cinese è saltato: siamo noi i primi responsabili dei problemi ambientali del pianeta, e dobbiamo assumercene le responsabilità riducendo drasticamente il nostro forsennato regime di consumi.
Per quel che riguarda la Cina invece, dall'oriente è arrivata una prova di maturità da grande potenza mondiale, in grado di giustificare e supportare le ambizioni del paese di proporsi come modello a livello mondiale nei prossimi decenni.

Centrale eolica vicino ad Urumqi, Cina occidentale


Fonti: dati provenienti dal World Watch institute

Nov 27, 2007

Istigazione alla violenza e pluralità di idee

La scorsa settimana mi è capitato di leggere due articoli, uno sulla BBC ed uno sul Jerusalem Post, che parlavano dell'Iran.
Quello del media inglese riportava un articolo molto critico verso il presidente iraniano Ahmadinejad, apparso su uno dei giornali più conservatori del paese, l'Islamic Republic Daily, voce della guida suprema del paese, l'Ayatollah Ali Khamenei.
Le critiche rivolte riguardavano la presa di posizione di Ahmadinejad contro chiunque criticasse il cammino verso il nucleare dell'Iran: il presidente era arrivato ad accusare di tradimento gli oppositori della sua politica.
Un articolo del genere dimostra come il presidente iraniano stia perdendo il supporto anche della leadership politica del paese, dopo aver ormai da tempo perso quello della popolazione, stanca delle difficoltà economiche e della deriva autoritaria del paese.
Il giorno prima era apparso un articolo sul Jerusalem Post, quotidiano conservatore israeliano, scritto da Michael Freund, intitolato "Five reasons to bomb Iran now": basava la sua tesi sulla necessità di contrastare una corsa al nucleare nella regione, di garantire la sicurezza di Israele, di prevenire il possibile passaggio di materiale nucleare dalle mani iraniane a quelle di gruppi terroristici sciiti in tutto il medio oriente.
Per dirla con le parole di Shirin Ebadi, avvocato iraniano per i diritti delle donne e premio Nobel per la pace, l'unica ragione per cui tuttora in Iran la popolazione sopporta le angherie del regime degli ayatollah è per reazione all'attacco continuo portato al paese dagli USA e da Israele. La linea dura dei falchi in questi due paese è da ritenersi responsabile per la deriva autoritaria che ha portato Ahmadinejad al potere nel paese che ha la popolazione più progressista e moderna dell'intero medio oriente.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7106335.stm
http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1195546681706&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull

Nov 23, 2007

La settimana di Annapolis

Il 26 ed il 27 novembre si terrà il vertice ad Annapolis, negli Stati Uniti, tra Olmert, Abu Mazen, e i rappresentanti di 32 altri paesi, membri o della lega araba, o del g8.
La posta in gioco è la pace in medio oriente e la creazione di uno stato palestinese.
Analizzando l'evento, si vede che in realtà la conferenza del 26/27 sarà solo l'occasione di presentare al mondo i risultati della mediazione degli USA tra le parti, e l'amministrazione Bush spera di poter contare un grosso successo raggiungendo l'accordo.
Le precedenti conferenze che hanno raggiunto accordi importanti si sono sempre tenute sul suolo americano, perchè le amministrazioni statunitensi vogliono potersi garantire la paternità di eventuali successi.
Ma le posizioni più importanti per l''esito della conferenza saranno quelle assunte dalla Siria e dall'Arabia Saudita.
Se Damasco, che ha rifiutato di presenziare ad Annapolis in quanto la questione delle alture del Golan non è presente in agenda, quantomeno non si opporrà (con una controconferenza alla presenza di Hamas), e se Rabat accetterà di far parte del fronte moderato che si oppone alla nascita di un micro stato di Hamas a Gaza, forse si riuscirà ad arrivare ad un accordo voluto da tutti i moderati della regione, che potrebbe aprire una nuova era di distensione tra gli stati mediorientali.
Staremo a vedere.

LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/medio-oriente-37/annapolis-conferenza/annapolis-conferenza.html

http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7106252.stm

http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7105858.stm

Nov 22, 2007

Pellegrinaggi low cost

Bud Spencer, tra una fagiolata ed una scazzottata, negli anni '80 ha creato la Mistral Air, compagnia aerea che dopo alterne fortune è stata acquistata dalle poste italiane, che hanno continuato a pagarne le azioni fino a 15 volte di più del prezzo di mercato, facendo peraltro concorrenza ad Alitalia in un momento in cui entrambe erano compagnie pubbliche: nessuna spiegazione è mai stata data sul motivo di un comportamento così contrario a normali logiche economiche, nonostante un'interrogazione parlamentare a proposito.
L'opera romana pellegrinaggi, ha di recente siglato un accordo con la Mistral Air: la compagnia diventerà il vettore dell'Opera, che ha lanciato con un volo Roma-Lourdes lo scorso 25 agosto la prima delle rotte di pellegrinaggio low-cost.
Infatti l'opera prevede di riuscire a trasportare 50 mila passeggeri nel 2007, e di portare questo numero a 150 mila nel 2008, in coincidenza con il 150 anniversario dell'apparizione a Fatima in Portogallo.
Il primo volo, per Lourdes appunto, è partito con a bordo il Cardinale Ruini, che presiede l'opera, e con Luciano Moggi a fargli compagnia in qualità di testimonial non ufficiale della iniziativa.
L'opera sarà così in grado di offrire interi pacchetti vacanza ai propri pellegrini, tutto low-cost per adeguarsi alla concorrenza: e questo anche perchè può appoggiarsi all'amministrazione patrimoniale della santa sede, che gestisce le proprietà immobiliari facenti capo al vaticano, alberghi inclusi.
Il ruolo di primo piano del vaticano nel mercato del turismo, che è il terzo settore mondiale per margine di profitti, è evidennte se si pensa che il giro d'affari della santa sede è nel settore 3 volte superiore a quello di Alpitour, la prima agenzia turistica in Italia per fatturato.
Cigliegina sulla torta, l'opera ha fatto sapere che i viaggi saranno offerti al 10% in meno del prezzo di mercato.
Come è possibile?
Semplice: sia l'opera sia l'apsa godono di extraterritorialità in quanto società della città del vaticano, e godono dell'esenzione sull'ici frutto degli accordi con lo stato italiano: cioè, anche se i guadagni sono fatti in Italia, nessun soldo viene pagato in tasse.
Ma d'altronde si tratta di pellegrinaggi, giusto? Se si va a dare un'occhiata al sito dell'opera, i pellegrinaggi offerti comprendono ovviamente Lourdes, Fatima, Medjugorie, Gerusalemme e la Palestina biblica: e poi, la Grecia, Cipro, l'Armenia, l'Egitto, la Giordania, Istanbul, Malta, la Libia, il Messico, la Cina, la Namibia, il Perù, l'Uzbekistan, il Rajahstan indiano, l'Andalucia, Barcellona, Amsterdam (probabilmennte tour di redenzione e autoflagellazione...), i castelli della Loira, i fjordi norvegesi.
Al di là di qualunque credo, questa è senza possibilità d'inganno concorrenza sleale, che poco o nulla ha a che fare con la spiritualità e molto di più con un ricco bottino del quale la chiesa reclama la sua parte, quello del mercato del turismo.



LINK: il sito dell'opera pellegrinaggi, http://www.orpnet.org/Home.asp
qualche informazione sulla mistral air, http://it.wikipedia.org/wiki/Mistral_Air
il link al reportage di repubblica sul giro d'affari dei pellegrinaggi dell'opera, http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/chiesa-commento-mauro/opera-pellegrinaggi/opera-pellegrinaggi.html

Nov 19, 2007

Silenziosi venti di guerra sull'Europa

Si sono appena tenute le elezioni in Kosovo: ha vinto Thaci, leader del PDK, fronte indipendentista nella guerra del '99.
Il 10 dicembre la troika, ovvero il gruppo di contatto per il destino della provincia balcanica composto da Russia, UE e Stati Uniti, dovrà presentare un progetto riguardante il futuro della regione, a maggioranza albanese ma culla della cultura serba.
Il fatto è che l'accordo non ci sarà, perchè la Russia continua ad appoggiare la Serbia, considerata però dalle altre parti in causa come la principale responsabile della crisi balcanica.
Nonostante il fatto che nessuna delle due versioni sia di fatto vera, non si supererà l'impasse, e quindi Thaci potrà, con l'assenso della popolazione kosovara, dichiarare unilateralmente l'indipendenza. La Serbia ha da poco approvato la nuova costituzione che sancisce l'indivisibilità del suo territorio, compreso ovviamente il Kosovo.
Le possibilità che questo empasse evolva pacificamente sono assai remote, anche a causa dell'incapacità dell'occidente di risolvere la situazione in bosnia. tuttora divisa tra una entità serba ed una mista croato-musulmana.
Stiamo avvicinandoci ad un prevedibile nuovo collasso della regione balcanica, l'unica d'Europa fuori dall'Europa: le conseguenze non potranno che farsi sentire anche nelle nostre tranquille casette, e tutto sommato è giusto così.
Aspettiamo allora, e ignoriamo, sperando che questo menefreghismo possa salvare i nostri piccoli microcosmi benestanti: quando il vento dell'odio dalle impervie montagne dell'est inizierà a soffiare davvero su coloro che chiedono di non essere più generosi e di non interessarsi più a quello che succede al di là del loro piccolo orizzonte lombardoveneto, forse ci renderemo conto che in fondo la "guerra dei barbari" riguardava anche noi, e anche noi ne potevamo essere causa.
Mio nonno andava a caccia in Yugoslavia: mi raccontava di gente ospitale, educata e raffinata. Mi raccontava di come il vero confine fosse quello con la Bulgaria sovietica, controllato da torrette e posti di guardia.
Ora quel confine è stato spostato dall'odio lungo la Miljacka ed il Danubio, e solo un fragile baluardo protegge ancora il po, l'Arno o l'Adige.
I problemi degli altri sono spesso i nostri, che lo vogliamo o meno.
Impariamo allora a non ignorarli.

LINK: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/kosovo-elezioni/thaci-vittoria/thaci-vittoria.html

Nov 17, 2007

Moratoria sulla pena di morte

Scrivo per sottolineare l'importanza e la portata per una buona governance globale della risoluzione approvata dalle Nazioni Unite sulla moratoria per la pena di morte.
Un traguardo di civiltà e modernizzazione con importanti ripercussioni sul rispetto della dignità di qualunque individuo.

LINK: http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/pena-di-morte2/florida-stop/florida-stop.html

http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_15/pena_morte_voto_onu.shtml

http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_15/risoluzione_onu.shtml

Nov 16, 2007

Volontariato, frustrazione e buonismo

Il caso dei volontari francesi arrestati mentre cercavano di espatriare illegalmente portando 103 orfani della guerra del Darfur verso l'Europa occidentale e gli Stati Uniti è uno dei punti più bassi raggiunti da iniziative di volontariato, e rappresenta un campanello d'allarme che non si può ne deve ignorare.
Il problema è che per organizzare qualcosa di questa portata, che fosse destinato davvero a "dare una vita migliore" (da espatriati forzati in un paese occidentale? magari per finire vittime di discriminazioni e razzismo? bah.) o che avesse scopi meno nobili di rivendere i bambini sul fiorente mercato delle adozioni, servono tanti soldi, 165 mila euro per la precisione, che arrivano da donors sia pubblici sia privati: servono competenze e programmazione che non potrebbero ne riuscirebbero a passare inosservate se si stesse parlando di una compagnia profit senza ricorrere a corruzione.
Quello che questa vicenda dimostra è l'assoluta inaccettabilità del paradigma per il quale le buone intenzioni possano e debbano garantire piena libertà di azione ad associazioni non profit.
Il settore volontariato e non profit dovrebbe richiedere una professionalizzazione tale e quale se non superiore a quella del settore profit, e a questa necessità va unito il bisogno di migliorare il sistema di valutazione e controllo delle ONG e di coloro che vi partecipano.
L'influenza delle organizzazioni religiose rappresenta probabilmente l'ostacolo più grande al processo di rendere trasparenti le strutture del volontariato e del no profit: queste infatti, a lungo principali attrici se non addirittura monopoliste del settore, hanno decisamente poco interesse a mostrare i propri meccanismi interni.
Il giornale Repubblica spiega in questo reportage alcuni di questi meccanismi.
CLICK SULLA FOTO PER INGRANDIRE LA PAGINA




LINKS: http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad_bambini_rubati.shtml

http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_14/ciad2_levy.shtml

Foto dalla Corea del Nord su De Pers


Ho appena pubblicato un'intera pagina di foto dal mio viaggio in Corea del Nord su un giornale olandese, De Pers (www.depers.nl)
ecco il risultato!
A Dutch newspaper, De Pers (www.depers.nl), has just published a page of my pictures from North Korea. Here the result!

Nov 15, 2007

Witness e Wikileaks: l'informazione che può aiutare a cambiare il mondo

Sfruttiamo la versatilità e la libertà di internet in molti modi, dai blog alle community virtuali, all'accesso gratuito e sempre aggiornato ai circuiti dell'informazione classica, allo scambio di dati tra utenti che sta così radicalmente cambiando il mondo dell'intrattenimento.
Recentementte mi è capitato di scoprire due siti che usano magnificamente la libertà offerta dalla rete per rivoluzionare la diffusione dell'informazione, e per aggirare i meccanismi di censura che dittature ma spesso anche governi di stati democratici creano.
Il primo si chiama witness, e raccoglie video e materiale audiovisivo da aree di crisi: questo materiale può essere stato creato da utenti in luogo con strumenti anche non professionali, come una videocamera di un telefono cellulare, e si concentra principalmete nel portare testimonianze di violazioni di diritti umani agli occhi del mondo. E' il sito gemello di the Hub, rispetto al quale però permette di utilizzare anche tecnologie di filmatura non professionistiche.

L'altro si chiama WikiLeaks, ed è una banca dati accessibile e modificabile da tutti gli utenti, come wikipedia, dove conservare documenti riservati di stati, eserciti, multinazionali, che sono in qualche modo trapelati (leaks, appunto) e che mostrano irregolarità o vere e prorie violazioni nella condotta di questi: fornisce inoltre una banca dati inestimabile per chi compie ricerca politico sociale.

L'informazione è potere, prendiamocela noi.

LINKS: http://www.witness.org/index.php
www.wikileaks.org

Nov 13, 2007

Responsabilità globali e crisi somala

La Somalia è ormai da 16 anni uno stato fallito.
Il territorio è diviso in aree controllate da milizie claniche, le lunghe coste sull'oceano indiano sono infestate da pirati, continui scontri hanno portato la capitale Mogadisho alla distruzione quasi completa, creando un flusso di milioni di rifugiati, ed almeno 1 milione e mezzo di persone che sopravvivono solo degli aiiuti della comunità internazionale, aiuti che spesso non possono essere consegnati per l'instabilità della situazione e l'inesistenza di infrastrutture nel paese.
Questo dramma ha ormai assunto i contorni del circolo vizioso; il paese è scivolato nella guerra civile con la caduta del trentennale regime dittatoriale di Siad Barre, e le violenze hanno convinto gli USA e l'ONU ad intervenire con le celebri missione UNOSOM e UNOSOM2, proseguite fino al 1994 e fallite a causa dell'approccio troppo militaristico della comunità internazionale in una situazione dove i legami clanici e familiari sono numerosi, complessi e decisivi.
Il fallimento della comunità internazionale è diventato evidente ed insostenibile dopo atti scioccanti per l'opinione pubblica come lo scempio dei cadaveri di militari americani dopo l'abbattimento di un elicottero da guerra (reso celebre nel film Black Hawk Down) e l'uccisione di militari italiani in violenti scontri al "checkpoint pasta", uno dei punti critici della capitale del paese, chiamato così per la vicinanza al pastificio aperto al ttempo del colonialismo italiano, e ha portato al disimpegno dal paese.
Negli ultimi 13 anni la Somalia è stata completamente abbandonata, col risultato di diventare campo base per le azioni in Africa di gruppi terroristi islamici, rafforzatisi tanto sul territorio da portare all'emergere delle coorti islamiche, un governo fondamentalista che negli ultimi mesi del 2006 ha riconquistato il paese portando una certa stabilità, ma anche un feroce estremismo nei costumi.
L'insorgenza delle coorti ha portato alla reazione immediata dei paesi interessati nell'area del corno d'Africa: gli Stati Uniti hanno appoggiato fortemente l'Etiopia e approvato l'invasione messa in atto da questa in gennaio 2007, che ha reinstallato il debole governo di transizione disperdendo le coorti.
Ma anche gli stati arabi e soprattutto l'Eritrea, nemico storico dell'Etiopia, sono intervenuti in Somalia, supportando le coorti islamiche ed armandole, col risultato di creare ancora più insicurezza ed instabilità nel paese martoriato.
Mogadisho è diventata una nuova meta del terrore violento che si accompagna al collasso delle istituzioni, come Baghdad, Kandahar, Quetta, Mosul, Grozny, e sempre più luoghi lungo la linea del fronte tra terrorismo islamico e miope intterventismo dell'occidente e dell'intera comunità internazionale.
Non è solo per la martoriata popolazione somala che c'è bisogno di ristabilire stabilità nella regione, ma anche in chiave di prevenzione delle incerdibili ingiustizie e disuguaglianze che sono la causa principale di estremismi e violenze.
Le soluzioni certo non sono semplici, in quantto il paese è ben oltre il collasso, ma il disinteresse degli ultimi 10 anni ha mostrato come non ci sia limite al crollo di una nazione e di un popolo, e di come questo crollo si accompagni a drammatiche conseguenze per tutti.
E' arrivato forse il momento di scegliere soluzioni innovative e coraggiose: la forma statuale ereditata dal colonialismo costringe gruppi clanici concorrenti a condividere il potere sul paese in ragione del nazionalismo comune, ma il caso della Somalia è solo il più evidente di come si sia giunti in alcune situazioni al fallimento dello stato-nazione, e si debbano ripensare i presupposti stessi dell'amministrazione di un territorio.
La Somalia può avere un futuro solo se si portanno accettare i risultati raggiunti dal Somaliland, la provincia autodichiaratasi indipendente a nord del paese, coincidente con l'area amministrata dal colonialismo britannico, che ha raggiunto un certo livello di stabilità e governance a discapito dl mancato riconoscimento da parte dela comunità internazionale, che si ostina a non voler riconoscere nuovi stati in Africa per evitare di fornire precedenti a lotte separatiste. Ma il Somaliland, a cui sono preclusi gli aiuti internazionali a causa della sua posizione giuridica, è riuscito a ricostruirsi ed amministrarsi con le proprie forze, creando un sistema che garantisce democrazia e partecipazione pur mantenendo strutture quali l'assemblea dei capi, eredità della organizzazione clanica.
Accettando come unica strada possibile il supporto militare al governo di transizione, per altro mai realmente scelto dalla popolazione vista l'impossibilità di tenere reali elezioni nel paese, solo per paura dell'alternativa islamica, gli USA, l'Etiopia e la comunità internazionale tutta stanno di fatto condannado volontariamente la popolazione somala a vivere in un limbo violento e instabile, ben lontani da qualsiasi condizione in grado di garantire almeno i diritti mani fondamentali.
E' davvero arrivato il momento di assumersi le responsabilità di governance globale che l'occidente ha finora voluto per sè per garantirsi prosperità economica e stabilità a scapito del resto del mondo.
E la Somalia non può e non deve più essere un buco nero nelle coscienze occidentali.




http://www.blogger.com/img/gl.link.gif
Per chi fosse interessato a Roma è in mostra l'esibizione fotografica "LA SOMALIA DELLA PACE" dal 7 novembre al 1° dicembre 2007, ore 10.00-18.00, Casa della Memoria e della Storia, via S. Francesco di Sales 5: le foto di questo post sono alcune di quelle esposte.

LINK: http://www.somalilandtimes.net/sl/2007/301/7.shtml
http://www.culturaroma.it/servizio/59/65/948/5798/5852/calendario_evento.asp
htthttp://www.blogger.com/img/gl.link.gifp://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7070750.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7074973.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7087736.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7067053.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7090225.stm
http://www.corriere.it/esteri/07_ottobre_29/somalia_guerra_scontri.shtml
http://www.corriere.it/esteri/07_novembre_12/somalia_scontri.shtml

Nov 6, 2007

Fast food nordcoreani

Choi Won-ho è sicuramente coraggioso: questo imprenditore sudcoreano, che gestisce una catena di fast food che sservono pollo fritto nel suo paese, sta per aprire il primo fast food nella confinante repubblica democratica popolare di Corea, ovvero la Corea del Nord.
Eh si, i segni della globalizzazione si fanno sentire anche al di sopra del 38 mo parallelo: l'élite urbana di Pyongyang, con sempre maggiore disponibilità di denaro da spendere, frutto delle pur caute aperture del paese al libero mercato, è un cliente tale da giustificare la complicata azione commerciale.
Durante gli ultimi giorni di ottobre il primo ministro nordcoreano si è recato in visita al Vietnam: ha goduto di eccezionale ospitalità, si è potuto dilungare nell'osservazione ravvicinata di aree portuali, miniere, fabbriche del paese del sud est asiatico, che per chi non lo sapesse sta facendo registrare i più alti tassi di crescita economica al mondo, supportati da grande stabilità politica: l'esempio perfetto di convivenza tra due sistemi, quello politico comunista con quello economico capitalista, strada che la Cina ha percorso per prima.
Questa visita, interessante e fruttuosa per enttrambe le parti, potrebbe addirittura portare alla visita di Kim Jong-Il in persona, se verranno risolti i problemi legati alla paura di volare del leader nordcoreano: da Pyongyang ad Hanoi sono infatti 70 ore di treno, attraversando l'intera Cina.
Forse l'inevitabile apertura al mondo dell'ultimo regime comunista al mondo non verrà procastinata ancora a lungo, e i beneficiari di questo fortunatamente non possono che essere in primo luogo i provati cittadini nordcoreani: questa apertura potrebbe avere il gusto, tra l'altro, di pollo fritto.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7068188.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7074704.stm

Il sito che finanzia i poveri

MicroPlace (www.microplace.com) è un nuovo sito della compagnia eBay che finanzia i poveri.
L'innovazione è che i donatori sono in effetti investitori, e avranno indietro il proprio denaro con interessi tra l'1,5 ed il 3% in un periodo tra l'anno ed i 4 anni.
Il sito finanzia infatti progetti di microcredito (idea che è valsa al suo dreatore, Muhammad Yunus, il premio nobel), basati sull'assunto che i poveri, insolventi per le banche convenzionali, siano certamente in grado di restituire prestiti se questi vengono legati all'aumento delle capacità produttive del nucleo familiare, e quindi al disaffrancamento da una condizione di povertà.
E micro place ne da un'ulteriore conferma: le percentuali di restituzione dei prestiti sono superiori al 99%, rendendo questi canali di finanziamento addirittura più sicuri di quelli istituzionali (banche inglesi insegnano...).
La lotta alla povertà è possibile, anche con i mezzi del mercato che spesso la causano: i veri ostacoli sono scettiticmo, ignoranza e disinteresse.


LINK: www.microplace.com
http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/7060779.stm

Dittature ed estremismi: terrorismo in Azerbaijan

I servizi di sicurezza dell'Azerbaijan hanno dichiarato di aver sventato una serie di attentati programmati da un gruppo estremista islamico ed arrestato l'ex ufficiale dell'esercito a capo della cellula estremista.
In Azerbaijian l'estremismo è sempre stato poco presente, e si è limitato al nord est del paese, nella regione abitata da lesghini, vicina geograficamente e culturalmente al Daghestan ed alla Cecenia.
In Azerbaijan non si sono mai verificati attacchi terroristici, e la popolazine, musulmana sciita come il vicino Iran, ha ereditato dagli anni dell'Unione Sovietica una mentalità molto laica, ancora più che in Turchia.
L'islam in Azerbaijan è ben lontano dalla purezza, e viene influenzato da credenze preislamiche zoroastriane,e e sciamaniche, come nel caso del pellegrinaggio alla vetta del Besh Barmaq, la montagna dalle 5 dita, dove si incontrano donne che per pochi manat compiono benedizioni con pietre, archi di roccia o bottiglie di coca cola, e dove asceti vivono di meditazione e carità sulle vette del monte.




Il fondamentalismo fa proseliti tra i rifugiati della guerra del Karabakh, e in generale tra i poveri in una nazione che diverrà a breve una delle prime produttrici di petrolio al mondo, ricca anche di gas naturale, e con una strategica posizione sulle rive occidentali del Caspio.
Il problema quindi è legato alla disparità di condizioni, all'aumento della diseguaglianza in un paese che ha conosciuto il comunismo, ed all'autocrazia che causa tutto questo.
Il governo di Baku è di fatto un feudo familiare della famiglia Alijev, che tollera poco o nessun dissenso, reprimendo proteste dell'opposizione ed uccidendo o incarcerando giornalisti.
Sia l'Europa sia gli USA hanno interesse a mantenere la stabilità in Azerbaijan, quindi appoggiano di fatto il governo autocratico di Ilham Alijev, senza premere a sufficienza per una reale apertura alla democrazia ed al rispetto dei diritti civili nel paese.
Quando il primo kamikaze si sarà fatto esplodere a Baku sarà troppo tardi per bloccare la deriva totalitaria sul Caspio. E come capita spesso, le conseguenze si faranno sentire direttamente anche nella nostra Europa occidentale, ignara del rischio.
Da Baku parte il principale oleodotto che rifornisce di petrolio l'Europa, passando per georgia e Turchia; e l'Azerbaijan diventerebbe lo stato più vicino alle frontiere dell'UE ad avere un problema interno con il terrorismo islamico.

LINK:

http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6247776.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/6218368.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/7067945.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/1595228.stm

Oct 28, 2007

Quanto costa una canna

Quando si parla di Afghanistan, si pensa tra l'altro alle immagini della lotta al narcotraffico, combattuta distruggendo piantagioni di papaveri da oppio in regioni del paese flagellate dalla povertà e dall'instabilità; vengono in mente le statistiche che informano del fatto che dalle pendici dell'Hindu Kush e dalle zone tribali lungo la frontiera pachistana arriva il 90%, nelle annate ricche il 95% dell'oppio mondiale, e di conseguenza dei suoi derivati, eroina e morfina.
Si conoscono le vie che attraverso Iran, Turchia e Balcani, o Tajikistan, Kazakhstan e Russia portano la piaga verso l'occidente.

Le immagini che associamo al consumo di hashish e marijuana sono invece molto meno drammatiche: nell'immaginario collettivo la produzione di queste piante avviene in regioni di stati come il Marocco, la Spagna, l'Europa dell'Est, se non addirittura nei giardini delle case di ragazzi di ogni regione d'Europa, o nei parchi pubblici delle città.
La crescita e la commercializzazione delle piante è vista alla stregua di una distilleria clandestina di grappe: chiaramente illegale, ma tutto sommato ammantata di un'aura quasi goliardica ed equosolidale.
Ed il consumo è ormai un'attività sociale, estremamente diffusa, certamente non innocua ma altrettanto certamente lontana dall'immagine che la "versione ufficiale" propone, demonizzandone le conseguenze. I circoli d'iformazione ufficiale, per poter sostenere la linea dura delle amministrazioni che ne criminalizzano l'uso, non può permettersi concessioni all'oggettività nella divulgazione, pena minare le basi su cui le politiche proibizioniste fondano la propria giustificazione.

Il problema è che in realtà ci sono molti più scheletri nell'armadio.
Le provincie afghane di Nangarhar, Badakhshan e Hilmand, tra le altre, producono ingenti quantità di marijuana ed hashish da tempo immemore, al fianco o anche in sotituzione del papavero da oppio, in confronto al quale richiedono meno acqua e lavoro.
L'uso di cannabinoidi è estremamente radicato in molte regioni dell'Afghanistan, nonostante questo sia in contrasto con l'islam, che proibisce l'uso di droghe. L'hashish viene comunemente e diffusamente usato come medicina per diversi mali dei bambini anche molto piccoli: come calmante, contro la diarrea, come antidolorifico. I problemi sociali legati alla dipendenza sono probabilmente molto più vasti di quello che affiora, sia per l'impossibilità di indagare a fondo il fenomeno date le precarie condizioni di sicurezza del paese, sia per il contemporaneo abuso diffuso di oppio e derivati, anche tra i bambini.

I contadini che scelgono di coltivare hashish e marijuana lo fanno perchè solo così possono riuscire a sfamare le proprie famiglie: 1000 metri quadri coltivati a marijuana rendono circa 120$/anno, contro i 170$ del papavero da oppio che richiede però più lavoro e costi più elevati, e soprattutto contro i 25$ se coltivati a grano, assolutamente insufficienti al mantenimento di una famiglia contadina media.
I narcotrafficanti, tra cui anche estremisti islamici e terroristi (no, i due termini non sono sinonimi come si crede spesso, esiste un'imporante differenza tra estremismo -ad es. i talebani- e terrorismo islamico -ad es. Al Quaeda- nelle modalità di azione, supporto popolare e finalità) concedono prestiti con tassi da usura ai contadini per l'acquisto delle sementi del papavero da oppio o di hashish e marijuana, e riacqustano la merce a prezzi molto bassi considerandone il valore finale, ma decisamente vantaggiosi per i contadini in rapporto a qualsiasi altro tipo di coltivazione.

Si crede che un'incredibile percentuale della marijuana e dell'hashish mondiale provengano dall'Afghanistan, forse addirittura il 70% del totale.
Questo vuol dire che ogni tre spinelli due proverranno probabilmente dall'Afghanistan, marchiati dal loro carico di sofferenza e oppressione, ed il loro costo sarà servito a giustificare e supportare un sistema criminale e pericoloso che priva individui dei propri diritti umani fondamentali.
I nostri comportamenti hanno spesso ricadute che possono non essere prevedibili e di immediata percezione: è dovere di ciascuno informarsi per capire le conseguenze dei propri gesti.
Lo sballo di un'ora vale tutto questo?

LINK: dati provenienti dal UNODC, agenzia delle Nazioni Unite per il controllo di droghe e criminalità

Oct 26, 2007

Il volto della vergogna

Notizie sensazionali, emozioni di violenze in paesi lontani ed esotici, che combattono romanticamente per ottenere la libertà. Bocca piena di parole e belle frasi filosofiche, di inni alla libertà ed alla pace, dai nostri comodi salotti protetti.
E poi un'altra storia ci porterà in qualche altro remoto angolo della parte "di fuori" del nostro tormentato mondo, farà indignare le nostre liberali coscienze. E ci dimenticheremo dei drammi di prima, magari andremo in vacanza a vedere i paesaggi esotici e i volti stranieri ed accattivanti, infatuandoci con passioni puerili di meditazione e spiritualità consumata come un prodotto al supermercato, per riempire le nostre vuote anime viziate.
E il nostro disinteresse costa le vite dei poveri.
Adesso è stato il turno della Birmania e dei suoi monaci, domani si vedrà.

Oct 21, 2007

Rivoluzioni di monaci e filtri all'informazione

La scorsa settimana, dopo la visita del Dalai Lama alla Casa Bianca per ricevere un'alta onorificenza dal governo americano, nel monastero di Drepung a Lhasa i monaci hanno iniziato a ridecorare la sala del loro capo spirituale, per onorarlo e manifestare il loro supporto alla causa del loro popolo. L'azione, illegale in Cina dal momento della fuga del sant'uomo in India quasi 50 anni fa, ha ovviamente portato ad una repressione da parte dell'esercito cinese, schierato a migliaia attorno ai centri religiosi tibetani.
L'esercito del popolo, mentre a Pechino si teneva il congresso del partito comunista, ha chiuso l'importante monastero di Drepung, reprimendo quella che indubbiamente era una forte provocazione.
Dopo le vicende birmane la Cina ha paura delle azioni non violente ma provocatorie dei monaci buddhisti: non a caso la scelta di non intervenire contro la repressione in Birmania da parte del governo di Pechino, costata piuttosto caro in termini di immagine, è da interpretare alla luce della paura di una propagazione alla sua irrequieta provincia himalayana delle richieste di democratizzazione, tanto più che i tibetani ed i birmani sono anche etnicamente affini.
La cosa sorprendente e disarmante è il silenzio mediatico sugli eventi: come mai una notizia legata a monaci dimostranti, così simile a quelle che hanno catalizzato l'attenzione su Rangoon, viene così completamente ignorata, quando chiaramente potrebbe stimolare l'attenzione del pubblico occidentale, anche grazie alla simpatia diffusa per la causa tibetana? Forse è questa la risposta: gli Stati Uniti, e con loro i governi occidentali, non possono permettersi di stuzzicare ulteriormente la Cina su questioni che evidentemente possono innervosirne il governo, in un momento in cui l'appoggio di Pechino su fronti ben più importanti come l'imminente risoluzione sul Kosovo, il disarmo nordcoreano e il nucleare iraniano è tanto essenziale quanto difficile da ottenere.
Spaventa vedere come chiare ragioni politiche siano così fortemente alla base del processo di scelta e censura delle informazioni.

LINK: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={6D57D555-85E3-41FF-ACE3-027BE8C6EE47}
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7057073.stm

Oct 19, 2007

Maldestro balzello o attacco alla libertà d'opinione? Pochezza del processo decisionale in Italia

Limitazione della libertà, o tentativo di imposizione di un nuovo balzello che dimostra l'incapacità di formulare in modo appropriato una legge da parte di questo governo? In ogni caso la maggioranza non ne esce bene.
La novità è, in sintesi, questa: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti.
Normalmnte non scrivo sulle questioni italiane, ma questa volta sotto attacco va l'unico ambito che può resistere alla imperante mediocrità dei media classici, l'universo dell'informazione dinamica online fatto da blog e siti d'informazione, che forza ad un innalzamento qualitativo le testate in digitale rispetto alla loro edizione cartacea o ancora di più rispetto all'informazione in video.
L'Italia può vantare la quarta lingua nell'universo blog, una conquista di cui essere orgogliosi e che dimostra come esista la volontà di resistere all'appiattimento culturale frutto di una continua tendenza consumistica all'accettazione passiva del pressapochismo. In buona o cattiva fede, questa è indiscutibilmente una dimostrazione di come l'attuale élite politica sia indiscriminatamente indietro rispetto ai tempi ed alle problematiche della società, e ne costituisca soltanto un freno allo sviluppo intelletuale e morale.

Su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre "un disegno di legge per la nuova disciplina dell’editoria quotidiana, periodica e libraria, che conferisce al Governo una delega per l’emanazione di un testo unico finalizzato al riordino dell’intera legislazione del settore. In coerenza con i principi costituzionali in materia, la riforma promuove un crescente pluralismo ed un maggiore sostegno all’innovazione, all’occupazione, alla trasparenza delle provvidenze pubbliche; sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata."

"La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati"

"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico". (comma 2)

La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi (articolo 2, comma 3)

"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative" (articolo 5)



LINK: http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial998077.html

Oct 17, 2007

Foto da Malta


Nuova galleria di foto da Malta sul mio sito di foto, all'indirizzo
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/malta.html

Oct 10, 2007

Genocidio armeno, libertà di negare e politica statunitense

Come è possibile scegliere di condurre una politica estera su base idealista, giustificando le proprie scelte con la necessità di un attivismo teso al superamento di ingiustizie sociali e politiche in altre regioni del mondo, e allo stesso tempo, per salvaguardare il buon scorreree deglie veneti in queste realtà arrivare a contraddire questi stessi principi ispiratori?
Ammettendo che la spinta ideologica nell'agire dell amministrazione Bush è sempre stata subordinata ad interessi politici ed economici di lobby, adesso si presenta il caso della risoluzione al congresso che dovrebbe arrivare a giudicare l'uccisione di quasi 2 milioni di armeni tra il 1915 ed il 1917 ad opera della Turchia ottomana come genocidio.
Bush stesso si è fermamente opposto alla risoluzione, per evitare di incorrere nelle ire della Turchia, importante alleato strategico nella guerra in Iraq.
Questo ha molte conseguenze: rallenterà il già difficile processo di avvicinamento della Turchia all'Unione Europea, per cui il riconoscimento del genocidio è condizione finora considerata prioritaria; fa di Bush un potenziale criminale secondo la legge francese (chiaramente non è plausibile che ne debba soffrire consguenze, si parla solo in via teorica), in quanto a Parigi il negazionismo di un crimine contro l'umanità è, come in Germania, un reato penale, ed il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto dal governo.
Al di là dell'ipocrisia dell'amministrazione repubblicana in America, l'impasse svela diversi approcci alla memoria storica: chi come la Francia o la Germania preferisce punire il revisionismo, e chi come l'Italia e la Svezia si oppone a questo in nome della libertà di espressione.
Ma forse questo diventa relativismo morale.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7038095.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6386625.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6336513.stm

Dignità dei popoli e diritti umani

Un momento della manifestazione della minoranza russa a Riga per chiedere il riconoscimento del russo quale seconda lingua ufficiale in Lettonia


Vetrina al museo dell'occupazione russa, Riga


L'eredità sovietica ha lasciato alla Lettonia una composizione etnica divisa quasi egualmente tra lettoni e russi. Questi ultimi, in leggera minoranza, rappresentano però la maggioranza a Riga e nelle 3 maggiori città del paese.
La caduta dell'Unione Sovietica ha portato la Lettonia all'indipendenza, nuovamente dopo il periodo tra le guerre mondiali: con lo scoppio della seconda guerra mondiale, e con il patto di spartizione dell'Europa orientale ttra Molotov e Ribbentrop, la Lettonia è stata occupata così come i suoi vicini dall'URSS, e susseguentemente annessa, in un atto chiaramente contrario al diritto internazionale.
E' quindi comprensibile come la Lettonia indipendente si sia mossa nella direzione di liberarsi dell'eredità culturale lasciata dall'Unione, scegliendo il lettone come unica lingua ufficiale, e concedendo la cittadinanza automatica solo a coloro che discendevano dai cittadini dello stato d'anteguerra, invaso dall'URSS. Per ggli altri è tuttora richiesto un esame di conoscenza della lingua e della storia locale, cosicchè una larga parte della comunità russa vive di fatto come stranieri residenti, quasi apolide, e privata del diritto alla rappresentanza politica.
Quali diritti devono avere la priorità? i diritti di un popolo, sicuramente vantati contro l'etnia di coloro che li hanno negati a lungo, o i diritti umani fondamentali degli individui, magari nati e cresciuti da generazioni in un territorio che di colpo diviene terra straniera?
Credo che questi ultimi debbano indiscutibilmente risultare preminenti, anche a scapito di particolarismi locali o pretese di autonomia, in qualsiasi realtà: non esiste altro valore principe che quello del diritto dell'individuo, che qui diventa base fondante di una società di pololi basata sulla molteplicità, superamento del modello dello stato nazionale.

LINK: dall'euroblog del giornalista inglese Mark Mardell, BBC; http://www.bbc.co.uk/blogs/thereporters/markmardell/2007/10/stateless.html

Quanto vale una pace

La creazione della zona di pace lungo la costa pacifica della penisola coreana, frutto dell'incontro tra il presidente sudcoreano Roh-Moo Hyun ed il suo omologo del nord Kim Jong-Il, rappresenta un traguardo storico. Supera, per la prima volta in 54 anni, l'armistizio che nel 1953 aveva posto fine alla sanguinosa guerra di Corea.
Tutte le parti in causa nella delicata trattativa diplomatica sono uscite vincenti. Il dittatore della monarchia comunista nordcoreana, Kim Jong Il, è riuscito ad ottenere quegli aiuti in petrolio, cibo e riduzione di sanzioni che forniranno il supporto al regime per sopravvivere, in cambio dello smantellamento delle proprie sovrastimate infrastrutture nucleari. La Corea del sud, con la sua linea pragmatica alle questioni legate al fratello settentrionale, si è assicurata la stabilità e la pacificazione, oltre che un'area di sviluppo speciale dove sfruttare la manovalanza a basso costo del vicino comunista per alimentare la propria crescita produttiva. La Cina, incombente potenza regionale e protettore del regime di Pyongyang, ha premuto perchè si stemperasse la tensione seguita ai test nucleari dello scorso anno, ed in cambio ha ottenuto anch'essa manovalanza a basso costo per la propria produzione ed un vicino alleato sicuramente più gradevole di un eventuale Corea unita democratica nella sfera d'influenza USA.
Anche gli Stati Uniti ne guadagnano: Bush mette a segno una vittoria diplomatica assolutamente necessaria alla scricchiolante causa repubblicana, e potrà vantare di aver portato il regime nordcoreano alla ragione ed allo smantellamennto del suo pericoloso arsenale nucleare, più volte indicato come possibile origine di armi di sterminio di massa in mano a gruppi terroristici.
Quello che però i colloqui e gli accordi hanno tralasciato sono le pressioni per un maggiore rispetto dei diritti umani, prima preoccupazione nella situazione del paese isolazionista. Mentre questi accordi cercano di neutralizzare la minaccia internazionale rappresentata dalla Corea comunista, sull'altare sacrificale alla causa sono stati messi gli incolpevoli cittadini, già provati da anni di carestie e di alienante dittatura. Per la comunità internazionale evidentemente la migliore soluzione contro i gravi crimini perpetrati dal regime contro i propri cittadini, non ultima l'assoluta mistificazione della realtà, è soltanto il temporeggiare.

LINK: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7030018.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7026759.stm

http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/7029819.stm

Oct 9, 2007

Amarcord lusitano

Viaggio semi onirico in una Lisbona d'altri tempi








Per altre foto dal Portogallo questo è il link allla galleria sul mio sito:
http://www.giuseppecipriani.it/Colori_dal_mondo_-_Giuseppe_Cipriani/Gallerie3.html

Sep 28, 2007

Globalizzazione dell'instabilità: tensione tra Siria e Israele, e il ruolo della Corea del Nord

12 settembre, un caccia israeliano entra in territorio siriano, sorvola l'intero ppaese fino al confine turco a nord, per poi rientrare in Israele.
I media di stato siriani danno l'annuncio-denuncia, e affermano di aver risposto con la contraerea.
Questo è tutto quello che è trapelato sull'incidente.
Ma un fatto del genere sarebbe più che sufficiente quanto meno per rivendicazioni e denunce al consiglio dell'ONU, probabilmente potrebbe creare almeno imbarazzo nel governo israeliano, se non addirittura giustificare una rappresaglia militare.
Come mai quindi nell'infuocato clima di tensione in medio oriente il tutto è stato tenuto sotto silenzio?
Israele ha il vantaggio sui vicini di essere uno stato democratico, con una pluralità di correnti interne tutte capaci di far sentire la propria opinione e con le proprie fonti di notizie riservate: molto raramente si è assistito ad un'operazione militare non seguita da fuga di notizie e particolari sulle cause e sulle conseguenze del gesto. Ma in questo caso nulla è trapelato.
Vi è un terzo attore nella vicenda: il regime comunist della Corea del Nord ha in Siria tecnici militari che stanno aiutando il paese arabo a sviluppare una tecnologia missilistica all'avanguardia.
Il tempismo dell'evento può far supporre alcune interpretazioni: sta per aprirsi il secondo round di colloqui tra il gruppo di contatto ed il regime di Pyongyang sullo smantellamento dell'arsenale nucleare del paese.
Ora, la Corea è un paese impoverito, alla disperata ricerca di sorgenti di valuta forte per pagare i propri conti, tanto da bluffare al rialzo sul proprio potenziale nucleare, in modo da creare una tensione tale da permettergli di guadagnare un potere maggiore nelle trattative di scambio: più aiuti in cambio dello smantellamento di un parco nucleare dall'efficacia quanomeno dubbia.
Costruire un'infrastruttura nucleare non è certo economico, soprattutto per uno stato ridotto alla soglia della bancarotta. Il valore del materiale nucleare e della tecnologia ad esso collegata è ancora alto, e Pyongyang deve trovare il modo di massimizzare i guadagni, rivendendo quanto più possibile del materiale acquistato a suo tempo dal Pakistan.
E qui potrebbe entrare la Siria, interessata a sviluppare in segreto, coperta dal rumore proveniente dal vicino Iran, una tecnologia militare nucleare.
Se così fosse, come credono diversi analisti, si tratterebbe del primo caso accertato di rilocazione su scala globale di materiale bellico nucleare in segreto, cioè quello che gli USA hanno sempre dichiarato essere il maggior rischio della globalizzazione delle reti terroristiche.
Ed il silenzio che sia il Mossad sia la CIA sono riusciti a imporre alla questione sembra avvalorare ulteriormente la tesi: il rischio è troppo alto e reale (al contrario del caso iraniano), per cui bisogna agire per neutralizzare la minaccia per vie informali, bypassando le sabbie mobili del consiglio di sicurezza dell'ONU. Forse il silenzio da entrambe le parti, unito alla mancata comunicazione da parte siriana dell'abbattimento del caccia israeliano, potrebbe far credere ad un esito almeno parzialmente positivo dell'operazione.
O forse, considerando la poca oculatezza nella scelta della locazione che dimostrerebbe la Siria piazzando un impianto nucleare al confine turco, l'obiettivo colpito porebbe essere stato qualcosa di meno evidente e più mobile, come un deposito dove veniva stivata parte di un potenziale ordigno, pronto a passare rapidamente la frontiera.

LINK (dalla BBC in inglese):
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7000717.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6982331.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6981674.stm
 
Paperblog